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IL PAGELLONE DELL’ITALIA A EURO2020

13 Luglio 2021

La squadra: 8,5

Gianluigi Donnarumma: 9,5. Inflessibile di fronte alle voci di mercato e ai mormorii dei milanisti, è insuperabile. Totalmente incolpevole sui tre gol subiti dall’Italia, salva un tiro chirurgico di De Bruyne ed è decisivo nel parare i rigori contro Spagna e Inghilterra. Dichiarato miglior giocatore del torneo, diventa a tutti gli effetti un fuoriclasse e si candida a diventare il miglior portiere del mondo. E il pallone d’oro…

Giovanni Di Lorenzo: 7. Subentra contro la Turchia al posto dell’infortunato Florenzi e resta titolare inamovibile. Non sempre rapido, soffre maledettamente gli avversari con gamba come il belga Doku, ma resiste. È stoico contro Spagna e Inghilterra. Soprendente.

Alessandro Florenzi: 6,5. L’infortunio gli impedisce di essere protagonista, ma quando viene chiamato in causa non delude. Le parole su Vialli valgono un elogio.

Leonardo Bonucci: 8. Autore del gol in finale e di due rigori fondamentali nelle ultime due gare, governa la difesa con esperienza e imposta il gioco con maestria. Come Chiellini, subisce zero dribbling in tutta la competizione. Raggiunge l’apice della carriera nella notte di Wembley.

Giorgio Chiellini: 8,5. L’avversario che nessuno vuole incontrare, il capitano che tutti vorrebbero avere. Canta l’inno con una grinta contagiosa, esulta dopo ogni recupero e salvataggio come se avesse segnato un gol. Si riprende la titolarità dopo un infortunio che aveva fatto preoccupare tutti. In affanno solo con la Spagna che lo mette in difficoltà con il falso nueve, in finale è muro e la sua caparbietà nel cercare il pallone è decisiva in occasione della rete di Bonucci. Dedica la vittoria al tragicamente defunto Astori, altro tocco di classe. Prestazione storica che rende merito a una carriera sontuosa.

Francesco Acerbi e Toloi: 6,5. Impeccabili e ordinati quando chiamati in causa, non fanno rimpiangere i titolari.

Leonardo Spinazzola: 8. La sensazione è che sarebbe potuto essere l’MVP del torneo, se quell’infortunio al tendine d’achille non l’avesse colpito sul più bello. Ara la fascia con una continuità impressionante, decisivo in fase offensiva e ordinato in fase difensiva.

Emerson Palmieri: 6,5. Chiamato a sostituire lo straripante Spinazzola, riesce a reggere l’urto nelle partite più difficili non senza qualche difficoltà. Da registrare anche qualche lodevole percussione offensiva, sia con la Spagna che con l’Inghilterra.

Jorginho: 8. Metronomo in fase di costruzione, preciso in copertura, riesce a dare il meglio di sè sia quando si deve soffrire sia quando serve creatività. Leader del centrocampo, è il direttore d’orchestra della squadra. Spiazza Unai Simon eseguendo il rigore che ci porta in finale, dove però viene ipnotizzato da un Pickford aiutato dal palo. Altro giocatore dell’Italia in odore di Pallone d’oro, anche grazie alla vittoria della Champions con il Chelsea.

Marco Verratti: 7,5. Partenza diesel, anche a causa di un infortunio pregresso. Diventa titolare fisso, fa da filtro come un mediano ma ha le qualità tecniche di un fantasista. Lo aspettavamo, è arrivato.

Nicolò Barella: 7. Molta garra, molta corsa e qualche imprecisione di troppo. Ha il merito di sbloccare il match contro il Belgio grazie a un gioco di gambe inaspettato. Forse è arrivato un po’ stanco dopo una stagione in cui è stato praticamente sempre impiegato con l’Inter, in difficoltà nella gara più importante.

Manuel Locatelli: 7. Gioca le prime due partite per supllire l’assenza di Verratti con l’eleganza e la sicurezza di un veterano, contro la Svizzera sigilla il risultato con una doppietta. Nella partita ostica contro l’Austria è uno dei motori del cambio di passo, nelle altre partite subentra garantendo più quantità che qualità. Se cresce, può diventare un grande giocatore.

Bryan Cristante: 6,5. Mediano di sostanza, quando chiamato in causa è impeccabile nonostante la scarsa esperienza internazionale, come Locatelli e Pessina.

Matteo Pessina: 7. Segna il gol partita contro il Galles che ci condanna alla parte del tabellone più dura e il 2-0 a Webley contro l’Austria. Subentra sempre portando freschezza e concretezza, stupisce che Mancini gli avesse preferito Sensi prima della ricaduta.

Federico Chiesa: 8,5. Il figlio d’arte di Enrico ha scelto questo grande torneo per consacrarsi, diventando il principale pericolo per le difese avversarie. È lui il più pericoloso dell’Italia, quello che salta l’uomo e segna i gol decisivi con Austria e Spagna. Se crescerà ancora e sarà continuo ci farà godere per tanti anni.

Federico Bernardeschi: 7,5. Veniva da una stagione difficile, ma era l’uomo di Mancini. Gioca poco, ma nei momenti decisivi non delude. Due suoi rigori impeccabili ci permettono di superare la Spagna e l’Inghilterra.

Lorenzo Insigne: 7,5. Titolare inamovibile sull’esterno del 4-3-3, all’occorrenza falso nove. Ci si aspetta un po’ più di qualità e qualche soluzione offensiva oltre al tiro a giro, che comunque il 2-0 momentaneo nel quarto di finale contro i belgi, ma in fondo va bene così. Veniva criticato per la scarsa concretezza nelle partite decisive, ha ammutolito i critici con delle prestazioni solide.

Domenico Berardi: 7. Devastante nelle prime due partite del girone, subentra nelle successive dimostrando un po’ di paura. Garantisce sempre corsa e copertura, per questo gli si perdona qualche errore di troppo nella metà campo offensiva.

Ciro Immobile: 6. Due gol nelle prime due partite, poi si spegne. Ha il merito di garantire profondità alla squadra e di favorire le ripartenze, seppure con fortune alternate. L’impressione è che sia entrato in un circolo vizioso in cui imprecisioni anche grossolane si alimentano vicendevolmente con la scarsa lucidità. L’Italia forse avrà bisogno di un altro attaccante centrale in Qatar.

Andrea Belotti: 6,5. Ha meno qualità tecniche di Immobile e Mancini gli affida un compito diverso: reggere la squadra nei finali di partita e nei momenti di maggiore sofferenza. Come un bravo operaio si prodiga al meglio delle sue possibilità. Tira in modo ineccepibile il penalty in semifinale, ma sbaglia in finale. Per fortuna che c’era Donnarumma…

Sirigu, Meret, Bastoni, Raspadori e Castrovilli: S.V. Poco più che comparse, contribuiscono ad animare una squadra (quasi) senza stelle che fa dell’anima il suo punto di forza. Senza voto, ma sarebbe ingeneroso non riconoscer loro dei meriti.

Roberto Mancini (e il suo staff): 10

Ha preso in mano la nazionale nel momento più basso degli ultimi 60 anni e l’ha riportata in soli tre anni sul tetto d’Europa. Ha riportato l’Italia al suo posto. All’inizio eravamo in tanti a essere scettici, ma la scelta di Gravina non avrebbe potuto rivelarsi più azzeccata. Ha costruito un gruppo unito e solido, funzionale a un’identità di gioco precisa e nuova per il calcio italiano: più qualitativa, offensiva e spregiudicata. L’affiatamento non era solo tra i 26 convocati, ma anche con gli amici di una vita che hanno accompagnato il Mancio in questo viaggio tecnico e sportivo. L’abbraccio commosso con Vialli è la quadratura di un cerchio, emblema della rinvicita che si sono ripresi sulla storia che li vide sconfitti con la maglia della Sampdoria, proprio a Wembley, contro il Barcellona.

Ha visto un obiettivo per tutti irraggiungibile e ha lavorato in modo impeccabile per riportarci a vincere una competizione internazionale. Ha fatto sognare gli italiani. Speriamo che sia solo l’inizio.

Fabio Caressa e Beppe Bergomi: 9

Sono per distacco la miglior coppia di telecronisti italiana o, quantomeno, la più adatta per raccontare l’Italia. L‘amore per la maglia e il trasporto emotivo che hanno trasmesso resterà iconico quanto le gesta dei giocatori. Essere menestrelli del calcio, lo sport più seguito al mondo, è un onore che la famosa coppia dimostra di meritare ogni volta che gli azzurri entrano in campo.

Una nota particolare per i pezzi con cui Caressa ha introdotto le partite dell’Italia: oltre la retorica, ha colto pienamente il significato simbolico e sociale che questo percorso (prima che della vittoria) ha avuto per gli italiani. Abbiamo sofferto più degli altri, soprattutto all’inizio della pandemia, e ha colto nel segno quando, dopo l’ultimo rigore parato da Donnarumma, ha urlato a squarciagola “Seeeeeeeee! Grazie Signore perché ci hai dato il calcio! Che ci fa abbracciare, che ci fa sognare, che ci fa vincere!”. Avevamo bisogno di stringerci forte e di volerci tanto bene, così è stato. Grazie anche a voi, Fabio e Beppe.

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