Roma - Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Presidente del Consiglio Mario Draghi con il nuovo Governo, oggi 13 febbraio 2021. (Foto di Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

LA SQUADRA DI DRAGHI

16 Febbraio 2021

Poco meno di due settimane. Questo il tempo rivelatosi necessario per formare il Governo Draghi. E nel corso di questi giorni, la domanda più scottante è stata: tecnico o politico?

Tecnico o politico, questo è il dilemma

Per ore e ore periti “maratoneti” e affini si sono chiesti se l’Italia avrebbe vissuto una rivisitazione del Governo Monti o se invece la politica sarebbe stata in grado di mantenere l’avamposto nell’esecutivo. L’arcano è stato svelato il 12 febbraio scorso, quando il Presidente incaricato Draghi, sciogliendo la riserva, annunciava la composizione mista del nascituro Governo: 15 politici e 8 tecnici. 

Tra i primi, un mix di vecchi e nuovi volti, eterogeneo per provenienza partitica ed esperienza governativa, animerà il gabinetto dell’ex banchiere centrale. La delegazione più importante appartiene al Movimento 5 Stelle, che è riuscito a strappare ben 4 riconferme, seppur con due cambi di dicastero (Dadone, da PA a Politiche giovanili e Patuanelli, dal MiSE all’Agricoltura). Seguono Dem (tra cui spicca la new entry Orlando, al Lavoro), Forzisti e Lega, con 3 ministri ciascuno. A LeU, per la sopresa di qualcuno, rimane la Salute.

La pattuglia tecnica, invece, pur essendo numericamente più ristretta, si è vista affidare i ruoli di maggior rilievo. Di 9 ministeri senza portafoglio, infatti, solo uno (Colao, alla Transizione digitale) è andato a un tecnico, mentre le altre otto caselle sono state occupate da esponenti politici. Tra i ministri con portafoglio, dunque, esattamente la metà (7/14) non provengono dalla politica.

Se poi si considera lo scopo del Governo appena profilato, appare ancora più evidente che la vera natura dell’esecutivo sia tecnica. Da qui alla fine della legislatura, l’azione governativa sarà focalizzata sul disegno e implementazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché delle riforme ad esso collegate, videlicet fisco, giustizia, ambiente e digitalizzazione. Non a caso, tutti e quattro i ministeri cardine della ripartenza post-pandemia sono stati assegnati a dei tecnici, rispettivamente Franco, Cartabia, Cingolani e Colao.

La componente politica, diluita tra caselle senza portafoglio e dicasteri che nell’attuale stagione politica conteranno come un wedding planner durante la guerra, ha pura (o quasi) funzione di rappresentare le forze politiche che costituiscono la maggioranza parlamentare. L’equilibrio riesce così nel suo insieme a garantire un ampio supporto nelle Camere, e in ciò ogni ruolo governativo concorre ad assicurare la fiducia di questo o quel gruppo parlamentare.

Un puzzle perfetto

Per comprendere la composizione del nuovo esecutivo, e magari per stemperare l’amarezza che sta colpendo i molti che speravano in un Governo esclusivamente tecnico, è utile ragionare a ritroso nell’ottica degli interessi dei partiti. Nel corso del mese di crisi di Governo intercorso dalle dimissioni della delegazione IV fino al giuramento dei neoministri, ogni forza politica ha giocato un ruolo distinto.

I primi a parlare di unità nazionale sono stati i forzisti, che, anche in ragione della vicinanza all’ex Governatore, sono sempre stati considerati un appoggio sicuro, utili semmai ad attirare gli alleati di centrodestra nell’orbita nel nuovo Governo. Per loro, dunque, delegazione di pura rappresentanza: nessun ministro con portafoglio, nessun ruolo di gran peso. 

Il PD è rimasto in un primo momento più chiuso all’ipotesi di maggioranze alternative. La cosa si è però presto rivelata come puro tatticismo: una volta sparita dal tavolo la possibilità di un Conte III, i Dem hanno, come previsto, accolto senza veti l’appello alla responsabilità del Presidente Mattarella. Essendo però partito di governo uscente, si è presentata la necessità di riconfermare alcuni esponenti, al fine di non dover rinnegare pubblicamente l’operato dell’anno e mezzo passato. Hanno però comunque ceduto il posto alcuni titolari di dicasteri di peso, come Roberto Gualtieri e Paola De Micheli, rispettivamente al MEF e al MIT, a riprova di quanto i “posti che contano” non fossero alla mercè di contrattazioni politiche. Discorso analogo per il partito di Renzi, che ha visto solo una riconferma (Bonetti alla Famiglia), e per LeU, per i quali un cambio di dicastero sarebbe stato più che mai fonte di imbarazzo. 

La questione si fa più interessante per i due attori borderline: Lega e Movimento 5 Stelle. I primi, che fino a giorni fa rappresentavano il baluardo del sovranismo in Europa, hanno infine accordato la fiducia al Presidente Draghi. Tra le soluzioni più accreditate alla conversione dell’Innominato di Pontida, la pressione degli industriali del Nord e della loro rappresentanza politica locale (tra cui il Governatore del Veneto Luca Zaia) è quella che suona più ragionevole. Ciò spiegherebbe anche il ruolo preminente nella componente politica del gabinetto, ossia la guida del MiSE, affidato a Giorgetti. A mo’ di contentino, la Lega ha incassato il sì anche sull’istituzione di ministeri appositi per Disabilità e Turismo, battaglie di lungo corso di Matteo Salvini. 

Dulcis in fundo, il Movimento 5 Stelle, che tra dissensi e malcelati imbarazzi ha tergiversato fino all’ultimo in attesa del beneplacito di Rousseau, tanto invocato da Grillo. In cambio, i grillini hanno ottenuto la delegazione più numerosa, esprimendo anche l’unico (de facto) leader politico dell’esecutivo (Luigi Di Maio agli Esteri). In più, le pressioni dell’Elevato (così Grillo viene oggi definito dal partito) hanno sortito l’istituzione di uno specifico ministero della “Transizione Ecologica”, che, deo gratias, è stato assegnato ad un tecnico senza troppi lamenti. 

Una simile assegnazione di posti è così risultata in un cocktail dagli accostamenti certo audaci, ma dal gusto di stabilità e relativa sicurezza. Il tutto – non lo dimentichiamo – a cura del barman più esperto del club.

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