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TORNEREMO A STAR MALE IN SANTA PACE?

11 Gennaio 2022

La settimana scorsa, finalmente, ho fatto la terza dose. Erano giorni che fremevo dalla voglia. Erano giorni che stavo ore e ore, con la testa china, a ricaricare il portale, aspettando che qualcuno annullasse la sua prenotazione per zac!: strappargliela dalle mani ed esplodere in una risata diabolica. Ci tengo a specificare che non sono pazzo, credetemi, è solo che di quella dose avevo proprio bisogno.

Mentre la mia ricerca procedeva, ho scoperto dell’esistenza di una farmacia in zona, abilitata alla vaccinazione. Ho chiamato e ho chiesto se avessero posto. Il posto c’era. Il giorno stesso. Preso.

Catapultiamoci a due giorni dopo l’agognato booster. Sbracato sul divano, moribondo, stavo leggendo la lista degli effetti collaterali più comuni del nostro caro Moderna per rendermi conto che – mannaggia alla miseria – ce li avevo tutti. Tutti. Dal primo all’ultimo: febbre, mal di testa, nausea, vomito, brividi, dolori muscolari (evito di citare la spossatezza perché io ho questa curiosa caratteristica di essere nato spossato).

Mentre ero in queste disgraziate condizioni ho avuto un’illuminazione. Improvvisamente mi sono reso conto che quello che stavo vivendo era l’unico momento, dopo due anni, in cui mi era concesso star male senza dovermi preoccupare di nulla. Tamponi, quarantene, contatti stretti, il medico che non risponde: niente. Stavo male e basta. Ed era bellissimo.

Potevo lagnarmi del mio febbrone senza che nessuno si allontanasse sdegnato, senza che nessuno mi intimasse di fare un tampone. Così ho approfittato della situazione, e ci ho preso pure gusto. D’altronde a noi umani piace da impazzire lamentarci quando siamo malati. E, ancor di più, quando siamo malati ci piace avere qualcuno al nostro fianco che ci asciughi le lacrime, che ci dica che no, cucciolotto mio, non è niente, vedrai che passerà tutto.

In tempi di pandemia tutto ciò non è permesso. Se per caso ti svegli una mattina e butti là, magari sovrappensiero, che non ti va di andare in palestra perché non ti senti proprio al massimo, vieni fulminato all’istante. Figuriamoci se scendi le scale e comunichi ai presenti di avere qualche linea di febbre: scatta l’allarme rosso. Debbo concedermi un piccolo inciso per far notare che qui sto parlando come se fossi torturato da dei sadici ipocondriaci, ma – lo confesso – il sadico ipocondriaco sono io.

In famiglia mi odiano per questo. Chiedo continuamente a tutti se stiano bene. Non appena sento qualcuno tirare su col naso faccio partire un’inquisizione. Ma non è che hai il raffreddore? Mi rispondono di no, che il cibo piccante gli fa così, ma non mi convincono. Credo stiano tramando contro di me. Ogni tanto li sento, che si nascondono nel bagno e tossiscono di nascosto. Furfanti che non sono altro.

Mentre mi lasciavo trasportare dai ricordi di quei tempi in cui si poteva star male in santa pace, ho pensato al me bambino. Ricordo che a volte fingevo di avere la febbre per saltare la scuola. Spero vivamente che mia mamma non legga questo articolo; comunque vabbè, ormai sono qui, incrociamo le dita e proseguiamo. Pensavo ai metodi che avevo escogitato per ingannare il termometro. Ne avevo tre.

Il primo, un classico, quello che tutte le nonne insegnerebbero ai propri nipoti: termometro sul termosifone. Semplice ma efficace. L’unica accortezza era quella di stare attento a non arrivare a temperature supersoniche: se la creatura ha 43 di febbre nove mamme su dieci chiamano l’ambulanza.

Il secondo lo usavo quando i termosifoni erano spenti. Avevo notato che strofinando il termometro sulla mano con la giusta pressione la temperatura, lentamente, saliva. La mano si arrossava un po’, ma tutto sommato i benefici erano maggiori dei costi.

Il terzo e ultimo. Avevo letto su Internet che il termometro digitale poteva essere utilizzato anche in bocca, sotto la lingua. C’era scritto che, in tal caso, bisognava evitare bevande calde, per non falsare la misurazione. Non sto qui a raccontarvi la mia bollente colazione.

Nessuno pensa mai a questo, ma i bambini di oggi non possono più fingersi malati per saltare la scuola. Questa cosa emotivamente mi distrugge. Chissà come faranno, mi chiedo, chissà cosa si inventeranno. Perché nessuno si batte per l’ennesimo diritto negato? Solo io sono qui in prima linea? Che delusione! È proprio vero che questo paese non è costruito per le future generazioni.

Ero ancora lì, sul divano, moribondo. Febbre: 38,2 (è il vaccino, babbioni!). Volevo smetterla di rimuginare e tornare a godermi a pieno la mia febbre, senza sbatti, ché chissà quando mi sarebbe ricapitato. Santo cielo! Mi sarebbe ricapitato, sì? E quando, quando? Poi mi sono tranquillizzato: ritorneremo ad ammalarci in santa pace quando tutto questo sarà finito. E potremo dire di essere tornati quelli di una volta quando un bambino con gli occhi furbi metterà un termometro su un termosifone: «Mamma, ho la febbre, oggi a scuola non vado».

4 Comments

  1. Caro Francesco,
    Io ho letto it tuo articolo sul computer di Amanda. Molto bravo e divertente! Mi dispiace che sei stato male spero che ormai sei guarito. Fai attenzione a la tua salute. Una abbraccio a te. Saluta la tua famiglia
    La Zia Dina dal Canada

  2. Francesco,
    Ben scritto…
    A little humour, a little sarcasm and a lot of truth.
    Very well written
    Frank Fanciulli

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