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VOTO AI SEDICENNI? NO GRAZIE

19 Marzo 2021

La scorsa domenica, nel suo discorso di candidatura a segretario del PD, Enrico Letta ha annunciato di voler ragionare sull’estensione del diritto di voto ai cittadini di sedici anni e più. Non è la prima volta che l’ex premier presenta la proposta, e, come egli stesso ha ricordato, i pareri sono discordi.

L’articolo 48 della Costituzione conferisce il titolo di elettore a ciascun cittadino che abbia raggiunto la maggiore età, soglia a partire dalla quale si considera un individuo capace di sottoscrivere atti giuridici e di portare la piena responsabilità legale delle proprie azioni. Diverse opinioni autorevoli hanno già constatato la difficoltà normativa di un’ipotetica riforma del diritto di voto, che dovrebbe passare o per una modifica della costituzione, o abbassando tout court la soglia della maggiore età. Quali sono, dunque, i benefici che premono per intraprendere un così insidioso percorso giuridico? Pochi e deboli.

Il primo argomento contro la proposta, infatti, risiede proprio nella scarsità di argomenti a favore della stessa, tale da non riuscire a giustificare una simile complicazione giuridica.

Gli argomenti addotti richiamano sostanzialmente alla necessità di conferire una rinnovata centralità alle istanze giovanili, oggi svigorite a causa dell’invecchiamento demografico e della polarizzazione del discorso politico attorno a temi cari a porzioni della popolazione di età relativamente elevata (immigrazione, pensioni, etc.). Le obiezioni, però, non tardano ad arrivare. In primis, si noti come l’argomento sottenda una concezione compartimentalizzata, quasi conflittuale, delle istanze politiche. L’immagine è quella di un agone in cui combattono diversi schieramenti demografici recanti interessi differenti. La schiera dei “giovani” è purtroppo malnutrita e dunque, continua l’argomento, occorre allargare la fetta di elettori cui fa riferimento.

Tale concezione, però, oltre a svilire l’ideale di politica intesa come individuazione dell’interesse generale e collettivo, lascia trasparire una desolante deresponsabilizzazione degli attori politici, perpetrata peraltro dalla parte in causa. In altri termini, un leader di una forza politica si è trovato a sostenere che la mancanza di istanze giovanili nel discorso pubblico fosse dovuta a problemi legati non già all’offerta politica, bensì alla domanda. In un simile quadro, non sono i partiti e i leader, veri protagonisti della scena pubblica, a dovervi imporre con forza istanze fresche e lungimiranti, ma i cittadini, peraltro schierati per coorti demografiche contrapposte, a doverne fare richiesta; sullo sfondo, la perdita di significato della definizione stessa di classe dirigente.

Tanto la rappresentazione è fallace, poi, che non tiene conto del fatto che un voto dei giovani non sia necessariamente un voto per i giovani, secondo grande argomento contro l’abbassamento dell’età di voto. I sondaggi più recenti, infatti, non registrano significative variazioni nelle intenzioni di voto scorporate per classi di età. L’elettorato, dunque, non sembra essere organizzato, come lo vorrebbe il disegno sottostante la proposta, per compartimenti stagni e contrapposti i cui membri abbiano pari consapevolezza politica delle proprie e altrui istanze, e sulla base di ciò conducano il dibattito pubblico. Al contrario, è proprio quest’ultimo concetto, quello della consapevolezza, che illumina una visione più realistica delle masse elettorali: un unico, grande contenitore all’interno del quale siano presenti individui con diversi gradi di coscienza dei problemi e capacità propositiva. Taluni sapranno dedicarsi con maggior successo al pensiero politico, talaltri prediligeranno altre arti, come è normale che sia in un gruppo sociale in cui le abilità, le propensioni e gli interessi sono distribuiti eterogeneamente. Coloro i quali avranno maggior coscienza politica saranno i meno propensi a ragionare per interessi contrapposti, e i maggiormente abili ad osservare le questioni da una prospettiva generale, dalla quale non abbia più senso parlare di “centralità dei giovani” o dei pensionati. Più concretamente, il saggio non avallerà Quota 100 perché in procinto di andare in pensione o un taglio dei contributi sociali in quanto entrante nel mondo del lavoro. Eppure, ahinoi, la saggezza è bene scarso, e non c’è ragione di credere che essa prevalga nei 16enni piuttosto che nei 70enni. Anzi, semmai l’inverso. Ammettere due nuove coorti nell’elettorato non ne migliorerà la qualità generale, né renderà le istanze lungimiranti e innovative più rappresentate di quanto non lo siano adesso (poco, ndr).

Da tale ottica, la proposta appare più come boutade elettorale, alla meglio, o tentativo di lavarsi le mani, alla peggio. Infatti, se per le istanze ambientaliste abbiamo assistito al cosiddetto greenwashing, oggi sembra essere giunto il tempo dello youngwashing: invece di lavorare a programmi di governo attenti alle future generazioni, si predilige l’approccio mediatico avanzando una proposta dallo scarso impatto ma dall’alta attrattività (il tutto, magari, all’interno dello stesso partito che propone Quota 92).


In conclusione, ritenere che il rinnovamento dell’offerta politica possa o infino debba passare per l’allargamento della base elettorale risponde ad una concezione erronea, inefficace e deresponsabilizzante della politica. Il fenomeno pentastellato dovrebbe averci fatto capire che, con buona pace di sardine e affini, l’onere di imprimere una spinta di rinnovamento sana e proficua sia della classe dirigente. Concedere il diritto di voto ai sedicenni nella speranza che questi facciano da propulsore per una politica che guardi al futuro equivale a far sì che tutto cambi perché nulla cambi. Mettiamo i giovani al centro, ma, per una volta, facciamo sul serio.

2 Comments

  1. Più che un commento, vorrei fare i complimenti a Mitja per questo bellissimo articolo di cui condivido tutto.

    • Boh è una delle tante proposte per i giovani che metterà in campo. In un paese per vecchi e di vecchi sarebbe una piccola luce per sensibilizzare il popolo pronto per le RSA che i giovani esistono e devono diventare protagonisti. Jon lo trovo scandaloso…

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