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Digitize!

19 Novembre 2021

La prima cosa che stupisce scorrendo il sito delizioso della Biblioteca Gino Bianco è che non c’è traccia di norvegesi, e stupisce perché il sito è fatto talmente bene che uno, esplorandolo, si convince che debba essere nato per forza da qualche collaborazione, che so, con la Biblioteca di Oslo, o magari da qualche stage – e la convinzione cresce quando leggendo il sito della Fondazione Alfred Lewin, da cui nasce la Biblioteca Gino Bianco, si scopre che «la Fondazione può stabilire le opportune relazioni con altre istituzioni e organismi, privati o pubblici, operanti, su tematiche analoghe, al di fuori del territorio regionale, in Italia ed anche all’estero». E però alla fine, e al netto del rapporto più o meno idiosincratico che uno può legittimamente avere con questo Paese, bisogna ammettere che anche in Italia per una volta ci si è liberati dell’anatema benjaminiano sulla riproducibilità tecnica per fare una cosa nobilissima: mettere a disposizione di studiosi e lettori un archivio digitale pieno di riviste, opuscoli, libri. Liberazione che resta pressoché isolata e molto meritoria – qualcosa si è fatto in questo senso anche grazie a Internet Culturale, che è un ottimo strumento: ma i problemi di leggibilità, per fare un solo esempio, non sono pochi. C’è in Italia questa retorica istupidente della cultura-come-feticcio, quest’idea che i prodotti, gli oggetti della cultura abbiano delle proprietà taumaturgiche, che nobilitino al contatto; perciò, niente pdf o epub: i libri non vanno sacrificati al moloch del digitale. E invece.

Tornando al sito, la parte più corposa, e forse anche quella di maggior interesse storico-letterario, è l’emeroteca, che copre un arco temporale molto ampio – dagli ultimi decenni dell’800 fino agli anni ’80 – ed è dotata di una comoda barra di ricerca che permette di reperire facilmente articoli, pezzi, interviste inserendo il nome dell’autore o, nel caso in cui a interessare sia un macro-argomento e non un giornalista o uno scrittore, delle parole chiave (se uno cerca “meridione”, per esempio, scopre un mucchio di cose interessanti sul modo in cui si discuteva della questione meridionale nella stampa quotidiana ed ebdomadaria tra il ‘50 e il ’70). E qui il merito è persino doppio, perché sebbene l’obiettivo principale sia «[…] di far conoscere, innanzitutto ai giovani, le tradizioni di pensiero e di impegno sociale, italiane ed europee, del socialismo umanitario, del libertarismo, del liberalsocialismo, del socialismo democratico, del repubblicanesimo, del liberalismo democratico e del federalismo, rimaste minoritarie, spesso calunniate, per lo più dimenticate, a cui la Storia, e solo lei, col tempo, ha dato ragione», in realtà ci sono nell’emeroteca anche riviste di segno politico opposto. Perciò, alla prima qualità, di cui abbiamo già detto, se ne aggiunge una seconda altrettanto bella e rara: non c’è alcun settarismo che orienta e pregiudica le scelte di digitalizzazione della biblioteca. C’è invece – come si vede bene anche nella dichiarazione progettuale riportata sopra – un po’ troppa dottrina, e cioè un insieme di idee irriflesse che si vorrebbe riversare nei visitatori del sito, soprattutto, come capita, in quelli più giovani, e quindi più facilmente plasmabili e influenzabili (e non importa – non importa mai – quanto buone e nobili siano le intenzioni). E la quantità di dottrina, che uno vorrebbe sempre veder ridotta al minimo, soprattutto in un contesto tanto bello, cresce se dal sito della Biblioteca si arriva, come si dovrebbe fare, a quello della bella e ingiustamente semisconosciuta rivista Una Città – i cui redattori sono anche, in buona parte, tra i fondatori della Alfred Lewin (rivista, Fondazione e Biblioteca hanno la stessa sede). Pazienza. Gli autori di cui la biblioteca possiede i fondi – Gino Bianco, Andrea Caffi e soprattutto Nicola Chiaromonte – hanno così poche idee fisse, così poche opinioni ferme che ne condizionano lo sguardo, che nemmeno questo genere di catechismo militante riesce a rovinare il clima che si respira navigando sul sito.

A parte queste piccole riserve, nel sito ci sono un mucchio di cose belle e interessanti. C’è, per esempio, un percorso dedicato a Nicola Chiaromonte che raccoglie testimonianze, ricordi, saggi, interviste di Gino Bianco, Leo Valiani, Ignazio Silone ed Enzo Siciliano, il video di presentazione della documentata biografia di Cesare Panizza, un focus epistolare sulla rottura con Giustizia e Libertà. Un percorso simile poi è dedicato anche ad Andrea Caffi: ed è importante, dato che di Caffi si è ripubblicato poco e po’ alla macchia, nonostante abbia giocato un ruolo centrale sia nella formazione di Chiaromonte sia nella tradizione libertaria e pacifista. Ci sono poi, nel sito, anche le descrizioni dei fondi posseduti dalla Biblioteca Gino Bianco, che sono tutti ricercabili nel catalogo nazionale e in Scoprirete, il catalogo 2.0 della rete bibliotecaria di Romagna e San Marino, e soprattutto un’audioteca di notevoli dimensioni, che raccoglie tutto il patrimonio audio – per altro anche questo interamente digitalizzato – donato alla Biblioteca dalla rivista Una città (che da vent’anni propone lunghe e bellissime interviste – abbonatevi, leggete, imparate: si fa così). Oltre a questi importanti archivi sul sito della Biblioteca sono raggiungibili, grazie a dei link, due archivi documentali più piccoli e di interesse locale: il primo, che cerca di raccontare contestualizzandolo (ossia raccogliendo una serie di documenti sulle leggi razziali, sui matrimoni misti, sulla shoah) l’eccidio dell’aeroporto di Forlì del 1944, è liberamente consultabile online; il secondo, dedicato a Tonino e Arturo Spazzoli, due romagnoli che parteciparono attivamente alla resistenza contro il fascismo, è interamente digitalizzato ma consultabile solo presso la sede della Biblioteca.

Al di là dell’effettivo interesse storico letterario dell’emeroteca, e dei documenti raccolti e digitalizzati, l’importanza del sito sta, mi pare, nel promuovere figure – come appunto quelle di Nicola Chiaromonte, Andrea Caffi o Gino Bianco – che occupano un posto significativo nella storia delle idee politiche e che sono tra le personalità più interessanti del panorama novecentesco, e la cui opera merita senz’altro una sostanziale rivalutazione (il che negli ultimi anni è in parte accaduto per Nicola Chiaromonte). Una rivalutazione, temo, tutt’altro che semplice: in un paese che ha sempre avuto bisogno di appoggiarsi alle maiuscole, alle commozioni o, per dirla con Sciascia,[1] in un paese «in cui retorica e falsificazione stanno dietro ogni angolo» si fa e si farà fatica ad apprezzare autori che per descrivere la realtà non si dotano di qualche armatura ideologica. Ma ben venga il sito, e ben venga la neonata Associazione Amici di Nicola Chiaromonte, a cui la Biblioteca ha offerto sostegno e una sede. Anche questi sono primi e importantissimi passi verso un ripensamento del nostro Novecento.


[1] Leonardo Sciascia, A futura memoria (se la memoria ha futuro), Milano, Adelphi, 2017, p. 138.

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