Circa un mese fa vi è stato un momento storico per la Chiesa e per il giornalismo: il Santo Padre, papa Francesco, è stato ospite di una trasmissione pubblica, “Che tempo che fa?”, condotta da Fabio Fazio su Rai 3.
L’intervista ha generato, prima e dopo, un grande dibattito sia all’interno del mondo ecclesiastico, sia al di fuori di esso.
Molti, nel primo caso, erano preoccupati: l’idea del Pontefice ospite di una trasmissione in diretta era impensabile, temendo per le domande che avrebbero potuto fargli. Altri, invece, erano contenti: finalmente la Chiesa lasciava la sua zona di “comfort”, le tv cattoliche, per buttarsi in mezzo al mondo. Dopo l’intervista quasi tutti sono rimasti soddisfatti, perché molte persone, anche lontane dalla Chiesa, avevano potuto conoscere il papa realmente e non solamente tramite i giornali: l’aver ricevuto delle domande anche personali ne ha mostrato il lato più umano.
Durante l’intervista, Fazio, ha posto un quesito sul futuro della Chiesa.
Il papa ha deciso di rispondere in maniera sbrigativa, “banale”, non scendendo in profondità. Molti si sono chiesti il motivo di tale risposta. Questo si può ricercare nel fatto che la Chiesa è nel sinodo, uno molto particolare, diverso da quelli del passato, il cui obiettivo è proprio di capire che via percorrerà la Chiesa del futuro.
Il titolo del sinodo è «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione». Un Sinodo per una Chiesa sinodale sembra essere una frase piuttosto contorta. Ed è, invece, proprio questa la grande novità, fortemente voluta dal papa: una Chiesa Sinodale.
Sinodo è una parola antica, legata alla Tradizione della Chiesa.
Costituita da “con” (σύν), e da “via” (ὁδός) indica il cammino intrapreso dal Popolo insieme a Dio. Infatti, la Chiesa usa il sinodo come luogo e momento di riflessione e analisi di una specifica questione. Esistono più tipi di Sinodi: vi sono quelli a livello mondiale, simili ai concili, i Sinodi delle singole diocesi o conferenze episcopali, ed infine il Sinodo permanente dei vescovi, che ogni anno si occupa di uno specifico argomento, come la famiglia o i giovani. Il Sinodo parte sempre da un documento preparatorio, su cui si discute e sul quale si consultano i vescovi, gli esperti, e su cui poi si fonderà il documento finale. Quest’ultimo, infine, viene promulgato e distribuito.
La domanda vera è dunque: “Cosa significa essere una Chiesa sinodale?”. Una Chiesa sinodale è quella che mette al centro l’ascolto, e in particolare l’ascolto dal “basso”. Infatti, per questo Sinodo non vi è stato un vero e proprio documento preparatorio, ma un documento per indicarne le modalità. Non un pacchetto “dall’alto”, preconfezionato, ma costruito per mezzo dell’ascolto di tutti, credenti e non: partendo dunque anche dalle critiche che la Chiesa riceve, come quella di essere lontana dal mondo, di non ascoltare realmente i bisogni delle persone, di essere ipocrita.
Il Sinodo durerà tre anni e sarà diviso in quattro fasi: fase diocesana, fase della conferenza episcopale, fase continentale e fase universale. Nella fase diocesana ha inizio l’ascolto della comunità: è la fase dell’ascolto, della comprensione di cosa la gente pensi della Chiesa, della sua situazione attuale, sia persone credenti e praticanti, sia credenti e non praticanti, sia persone di altre religioni o atee. Questa novità ha scardinato e sta scardinando il tradizionale modus operandi: di una Chiesa sempre meno chiusa nelle sacrestie.
Ogni comunità, dopo aver ascoltato, creerà un documento da inviare al proprio vescovo, il quale farà una sintesi che porterà alle conferenze nazionali. Al centro viene posto anche il tema della comunione e della partecipazione: non è solo la “gerarchia” ad occuparsi del futuro della Chiesa, ma tutto il popolo di Dio. Il Concilio Vaticano II ha posto sempre più al centro l’idea che, nella Chiesa, tutti hanno pari dignità, sostituendo alla piramide la circolarità, in cui ognuno ha un diverso ministero. La partecipazione è richiesta ad ogni battezzato: l’operare attivamente nella vita delle proprie comunità, ognuno con la sua specificità. Ovviamente un padre non farà quello che fa un sacerdote, ma entrambi sono fondamentali per la vita della comunità.
Comunione è una parola che nella Chiesa si riferisce a più cose: ma queste hanno tutte lo stesso obiettivo, ovvero quello dell’unità tra cristiani e dell’unità con Dio. Affinché vi sia comunione, vi dev’essere dialogo e quindi ascolto. Una bellissima figura retorica parla di una Chiesa che è sposa, il cui sposo è ogni battezzato: e se in un matrimonio non si dialoga, allora il rapporto si incrina e si può giungere al distacco. Poi vi sarà la comunione nella scelta della strada da percorrere, poiché ogni comunità presenterà il suo sentire e le sue proposte, che verranno unite a livello diocesano.
La sintesi che si può dare è che questo sinodo ha come obiettivo non tanto quello di creare nuovi documenti magisteriali, come di solito avviene, ma quello di mettere in luce e innescare un modo “nuovo” di essere Chiesa, senza voler cambiare il Messaggio o la Tradizione, che sono le stesse da duemila anni e tali rimarranno sempre.