È cominciata la campagna elettorale per le prossime elezioni politiche, e per la prima volta da molti anni al centro del dibattito vi sono i temi dell’energia e dell’ambiente, divenuti popolari sia per le conseguenze dell’invasione russa in Ucraina che per la violenta siccità che sta colpendo il nostro paese da Nord a Sud. Effettivamente bisogna “ringraziare” il conflitto alle porte dell’Europa e le alterazioni climatiche estreme (per quanto si possano gratificare questi eventi drammatici) per aver riportato la questione ambientale tra i punti di discussione più importanti del dibattito: con il COVID, la transizione ecologica era passata in secondo piano, mentre ora sembra aver ripreso il proprio spazio.
Questa sensazione è stata confermata anche dalla nascita del governo Draghi un anno e mezzo fa: infatti tra le priorità dell’esecutivo di larghe intese guidato dall’ex presidente della BCE vi era una ritrovata ambizione sul tema dell’azione climatica, enfatizzata anche dalle parole usate dall’ormai ex premier (“Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta”). Come sappiamo però, sia per via della già citata crisi in Ucraina che per scarsa volontà di partiti e ministri, quasi tutte le proposte in materia di decarbonizzazione del governo sono naufragate in un mare di incertezze: ad oggi non sono stati raggiunti tutti gli obiettivi del PNRR sul tema della transizione ecologica, e il prossimo governo dovrà farsi carico di queste sfide importanti.
Tra sogni utopici e negazionismo
Una domanda però sorge spontanea: quale sarà il prossimo governo? E in che modo si occuperà di ambiente? Gli schieramenti che si vanno delineando per le elezioni del 25 settembre sono principalmente 4: troviamo la sinistra extraparlamentare che sembra voler andare con il Movimento 5 Stelle di Conte, poi l’alleanza del “Campo Largo” di Letta e del PD, passando poi per i centristi di natura varia e concludendo con il centrodestra a guida Fratelli d’Italia. Ognuna di queste coalizioni ha le proprie idee sul tema, e alcune posizioni sono decisamente radicali: ad esempio la sinistra radicale propone di passare subito alle energie rinnovabili al 100%; sicuramente è un intento nobile, però bisognerebbe prima dire come si vuole fare ciò e dichiararne il costo, altrimenti rimane un sogno utopistico.
In ogni caso tutti gli schieramenti hanno le idee più chiare rispetto al centrodestra: con il sostegno di ideologi e giornalisti apertamente negazionisti della crisi climatica (pensiamo ad esempio a Vittorio Feltri e alle campagne di ridimensionamento dell’emergenza ambientale portate avanti da Il Foglio), la coalizione a guida Meloni non sembra voler porre enfasi sul tema, e anzi lo considera marginale. Evidentemente le amicizie sul piano internazionale delle figure di spicco del centrodestra non aiutano: avere come esempio di buongoverno dei negazionisti come Trump in America o Kazczynski in Polonia non è proprio il massimo. Le poche proposte elaborate da politici di destra sul tema dell’ambiente fanno capire il livello di quell’area politica: come non citare Silvio Berlusconi che propone di piantare 1 milione di alberi all’anno quando il PNRR propone di piantarne oltre 6, oppure il parlamentare leghista no-euro Claudio Borghi che invita a “buttare a mare il Green Deal”.
Un dibattito inquinato
Quando si parla di ambiente in Italia si preferisce concentrarsi solo sull’aspetto dell’energia, trascurando tutto ciò che ruota intorno allo smaltimento dei rifiuti, alla salvaguardia dell’ecosistema e agli interventi di adattamento a cambiamenti climatici: in questo senso anche il centrosinistra e i centristi sbagliano, perché non sembrano proporre niente riguardo a questi temi.
In ogni schieramento c’è confusione su almeno un aspetto del grande tema che è l’ambiente: i 5 Stelle e la sinistra sono contro ogni tipo di grande opera (anche grandi impianti rinnovabili e termovalorizzatori che risolverebbero il problema dei rifiuti), il centrosinistra è prigioniero dei veti incrociati e di un approccio troppo moderato sul tema, il centro vuole continuare con la timida “Agenda Draghi” (che di fatto non esiste) e parlare solo di energia, mentre il centrodestra non è nemmeno compatto nel dire che il cambiamento climatico esiste ed è una minaccia. Eppure basterebbe vedere gli altri governi europei, che nonostante i diversi schieramenti hanno quasi tutti messo al primo posto l’emergenza climatica e la transizione ecologica: basti pensare al dimissionario Boris Johnson in Regno Unito o a Macron in Francia.
Una stella polare: la concretezza
Ora, lungi da me entrare nel tema delle fonti energetiche e del nucleare (su AlterThink abbiamo anche portato delle interviste pro e contro l’energia atomica), però credo sia doveroso guardare a due fattori importantissimi prima di capire chi votare: la fattibilità delle proposte e la serietà sul tema. Personalmente credo che sia impossibile dare un voto a chi nega il cambiamento climatico, perché è come dare un voto ad un novax: si sta dando una preferenza ad un candidato o ad un partito che non crede alla scienza. Come ha detto il Premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi nel suo discorso che è uscito come traccia al tema di maturità del 2022, le scienze sono come i fari di una macchina che illuminano un percorso sterrato, ma è compito dei politici e di chi governa non farci andare fuoristrada.
Purtroppo il menefreghismo, i sogni astratti e la disinformazione regnano sovrani nel dibattito italiano sul topic ambiente, e ci vorrebbero più pragmatismo e coscienza della situazione attuale, cose che attualmente mancano ai partiti attuali, perché alla fine la politica, soprattutto quella ambientale, deve essere dettata dalla concretezza e dalla consapevolezza della realtà che ci circonda.