Amore e libertà, due termini che possono essere considerati, metaforicamente, sinonimi o meglio iponimi (in quanto il significato del primo rientra nel significato più ampio e generico del secondo). Può sembrare scontato ma non lo è perché “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Dunque non ci resta che conoscere le rotte già tracciate per la navigazione, impostare la propria e intraprendere il viaggio.
“L’amour est l’enfant de la liberté” cantava la band neozelandese “The Rumour”. Un concetto lineare, semplice e condivisibile, ma dalla potenza all’atto tutto si trasforma, proprio perché è sull’atto di amare che non ci si sofferma abbastanza concentrandosi esclusivamente sui destinatari di questa “azione”. Ed ecco che l’amore si presenta come un sodalizio a due fondato sul possesso (a volte innocente, spesso no) e sugellato dalla benedizione della dea Fedeltà. Rilke, poeta austriaco che visse a cavallo tra Ottocento e Novecento, indubbiamente paragonerebbe tutto questo ad una mano chiusa, una bara!
Lou von Salomé e il narcisismo positivo
Fu proprio una delle donne amate da Rilke, Lou von Salomé, filosofa, scrittrice, psicanalista tedesca di origine russa, a immaginare e percorrere nuovi sentieri dell’amore in un’epoca in cui, quest’ultimo, poteva trovare legittimità esclusivamente nel matrimonio e magari autenticità solo al di fuori. Lottò contro tutte le convenzioni sociali per concretizzare il suo ideale di libertà, per “rubare” la propria vita e non essere la donna alla quale chiedere la mano “au marché aux esclaves”.
Sperimentò in tutte le sue sfaccettature sia l’amore apollineo (tentò di realizzare il progetto della “Trinità” intellettuale che prevedeva una speciale forma di cameratismo e di convivenza, assolutamente illegale in quell’epoca, con Paul Rée e Friedrich Nietzsche) sia quello dionisiaco e carnale. Ma dopo l’estasi, a seguito delle varie esperienze amorose, non un senso di vuoto ma di sazietà la invadeva. Narcisismo? Si, ma “Narcisismo Positivo” lo definirebbe Lou von Salomé, la quale scrisse un saggio nel 1921 “Il narcisismo come doppio orientamento”, una nuova forma d’amore in grado di esplicitarsi verso l’Io e verso il Tutto:
“Bisogna ricordare che il Narciso del mito non sta davanti a uno specchio artificiale, ma davanti a quello della natura: forse non scorge nell’acqua solo se stesso, ma anche se stesso in quanto è ancora tutto il resto; se così non fosse stato, egli non avrebbe forse indugiato a guardare ma sarebbe fuggito”.
Alexandra Kollontaj e l’Eros alato
Un’ altra donna Alexandra Kollontaj, rivoluzionaria della socialdemocrazia russa, prima donna al mondo ad assumere nel 1917 una carica di governo come ministro dell’assistenza sociale e come ambasciatrice dell’URSS, fu fautrice di una nuova visione dell’amore e dunque di una nuova morale sessuale. Nel 1923 scrisse “Largo all’eros alato!” una lettera alla “ gioventù lavoratrice” in cui vi è un breve excursus sull’amore. Analizza come nel corso della storia sia stato strumentalizzato e plasmato in base alle esigenze di natura economica della società (un percorso già approfondito da Engels ne “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato”) proprio perché:
“non è soltanto un fattore imperioso della natura, una forza biologica, ma è anche un fattore sociale, un’emozione profondamente sociale nella sua essenza. […] Non un fenomeno “privato”, una semplice storia tra due cuori che si amano”.
La Kollontaj denuncia l’ideale borghese di amore “totale ed esclusivo” tra gli sposi fondato sul principio della proprietà. Invitando ad accantonare l’isolamento morale della coppia innamorata in nome dell’ “eros alato” multiforme e multi corde, scrive:
“che l’animo abbia molte corde e lo spirito molti aspetti è una realtà. […] Quanto più saranno diversificati e numerosi i fili tesi da animo ad animo, da cuore a cuore, da spirito a spirito tanto più agevole sarà realizzare l’ideale della classe operaia: la solidarietà tra compagni e l’unità” e auspica “un’ unione dei sessi fondata sul riconoscimento dei diritti reciproci, sulla capacità di tener conto della personalità dell’altro […] sulla comunanza degli interessi e delle aspirazioni” e infine “sull’attrazione sessuale sana, libera e naturale”
“L’amour est l’enfant de la liberté ”, Lou von Salomè e Alexandra Kollontaj hanno cercato di far riconciliare il figlio con la madre. Si sono opposte all’ideale dell’amore romantico, eterno, unico, suggellato da un anello al dito, nel peggiore dei casi vissuto come un’ esperienza divisiva e alienante. Siamo proprio sicuri che questo ideale ci sia estraneo? Siamo in grado, o meglio, abbiamo voglia di tracciare percorsi alternativi? Quanto è difficile amare liberamente?