Dalla Coppa del Mondo per club ai beni congelati. Il Chelsea di Abramovich è oramai storia. La corsa per accaparrarsi il club entra nella fase clou.
Qualcuno dice che la Storia è ciclica. Ogni volta che assistiamo a un evento di grande portata storica ci sentiamo in dovere di equipararlo a qualche avvenimento passato. Così, per esempio, dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, i paragoni Putin-Hitler e Russia-Germania si sono sprecati. La verità è che, se anche la storia si ripetesse di tanto in tanto, lo farebbe in maniera del tutto casuale, fuori da ogni previsione umana. Molto meglio, a tal proposito, cercare gli aspetti più comici (o tragicomici) di questa ipotetica ciclicità.
Tra le conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina, per esempio, c’è stata una forte risposta economica che, a suon di sanzioni, si è abbattuta contro i magnati e gli oligarchi vicini a Putin. Tra questi, il più popolare è sicuramente Roman Abramovich, (oramai ex) presidente del Chelsea Football Club, legato allo Zar da un rapporto corrotto-corruttore che negli anni ha saputo fruttare a entrambi. Con il congelamento dei beni e dei conti, il club è stato messo in vendita. Per ora, nulla di divertente. Ciò che fa sorridere è che la Raine Group LLC, società incaricata di trovare l’acquirente adatto, ha voluto dare all’operazione che sancisce la fine dell’impero occidentale di Roman (Roman Empire) il soprannome di Project Caesar.
Dalla Perestrojka a Stamford Bridge
Ripercorriamo tutto con calma, spendendo poche parole sulle origini di Abramovich. Nato nel 1966 a Saratov, nella Russia europea meridionale, ha saputo costruirsi la sua ricchezza partendo sostanzialmente dal nulla, sfruttando al meglio le politiche di privatizzazione intraprese da Gorbaciov a fine anni Ottanta. Nel 1995, tramite un’asta truccata, compra la compagnia petrolifera Sibneft, che nel 2002 rivende al colosso Gazprom per 13 miliardi di dollari. L’estate successiva Roman decide di investire nello sport. Leggenda vuole che il magnate si sia innamorato di Stamford Bridge (lo stadio del Chelsea) dopo esserci volato sopra in elicottero. Molto più probabile, invece, che abbia acquistato i Blues per lo stesso motivo che ha spinto tutti i proprietari di club del mondo: guadagnarci in immagine.

Un altro motivo lo si trova nella stessa Londra, soprannominata non a caso Londongrad laundromat, centro focale della pulizia dei soldi sporchi provenienti dalla Russia. C’è anche da interrogarsi sull’utilità, per un magnate dell’acciaio e del petrolio dell’Est europeo, di questo ritorno di immagine. Volendo pensare male, c’è chi ha concepito questo acquisto come la mossa di Putin per avere un caposaldo in Europa e nell’alta società britannica. Ad ogni modo, la storia del Chelsea di Abramovich comincia nell’estate del 2003, con l’acquisizione del club per 140 milioni di sterline. Per la sua prima sessione di mercato, decide di investirne subito altre 170 milioni. All’epoca già si sapeva che gli investimenti di Roman avrebbero portato il Chelsea ad essere ciò che non era stato fino a quel momento: una società vincente.
La grande storia Blues
Conti alla mano, l’era Abramovich ha visto il Chelsea aggiungere in bacheca 21 titoli in 19 anni. Un netto miglioramento, considerando che nei precedenti 98 ne aveva vinti solo 11. Durante la sua presidenza solo per il mercato sono stati spesi 2,34 miliardi di euro. Considerando il dato dal 2003 in poi, il Chelsea di Abramovich è la squadra che ha speso di più per gli acquisti, sopra a Manchester City, Barcellona, Juventus e Real Madrid. Nella sessione estiva di quell’anno arrivano al cospetto del mister Ranieri nomi altisonanti del calibro di Sebastian Veron, Joe Cole, Hernan Crespo, Adrian Mutu e Claude Makelele. La stagione successiva si conclude con la vittoria del secondo titolo nazionale nella storia del Chelsea, in una squadra che vede aggregarsi giocatori come l’eterno Didier Drogba, Arjen Robben e il portiere Petr Cech, ora Technical and Performance Advisor del club.

La vera svolta internazionale, però, arriva nella stagione 2011/2012. Dopo aver battuto nel doppio confronto in semifinale il Barcellona di Pep Guardiola, Messi, Iniesta e compagnia bella, il Chelsea affronta in finale di Champions League il Bayern Monaco. La partita si disputa in casa dei tedeschi, all’Allianz Arena. Dopo 80 minuti di equilibrio, i bavaresi vanno in vantaggio, ma a due minuti dalla fine ci pensa Drogba a pareggiare i conti. Ai supplementari Cech para un rigore calciato dall’ex Robben. La partita viene affidata alla lotteria dei rigori, dove il solito Drogba (quanti si ricordano la telecronaca di Massimo Marianella?) la decide dopo gli errori di Olic e Schweinsteiger.
Il Chelsea di Abramovich sul tetto del mondo
La stagione successiva vede la conquista dell’Europa League e l’eliminazione in finale di Coppa del mondo per club. Nei dieci anni che seguono, il Chelsea di Abramovich porta a casa due titoli nazionali (2014/2015, 2016/2017), una League Cup (2014/2015), una FA Cup (2017/2018) e una seconda Europa League (2018/2019). L’irrefrenabile richiamo della Champions, però, spinge il presidente a compiere investimenti ingenti. Siamo nel 2020, nel pieno della pandemia da Coronavirus. Tutti i club nel mondo cercano di coprirsi finanziariamente per evitare perdite eccessive a seguito della situazione, tutti tranne uno. I soldi del magnate fluiscono nelle casse del Chelsea che acquista Kai Havertz, Timo Werner, Ben Chilwell, Hakim Zyiech, oltre ai parametri zero Malang Sarr e Thiago Silva. Nomi di rilievo, con una spesa complessiva che si aggira intorno ai 225 milioni di euro.

L’investimento risulta ben compensato: nonostante l’inizio macchinoso in campionato, i Blues di Tuchel sconfiggono in finale i Citizens di Guardiola, aggiudicandosi la seconda Champions League nella storia del Chelsea. La vittoria vale la qualificazione, nella stagione corrente 2021/2022, alla Coppa del mondo per club, vinta in finale contro il Palmeiras per 2-1. L’apice dello splendore è stato raggiunto, confermato da un processo di crescita che ha visto, anno dopo anno, l’aggiunta di trofei sempre più prestigiosi in bacheca. Nessuno si sarebbe aspettato, qualche mese fa, che il club campione del mondo si potesse ritrovare in così poco tempo ad essere svenduto al migliore acquirente.
La situazione del Chelsea di Abramovich
In realtà, prevedendo la situazione conseguente all’invasione dell’Ucraina, Abramovich aveva già deciso di vendere il club. Il processo è stato però fermato dal governo britannico che, tramite il ministro degli Esteri Liz Truss, il 10 marzo ha annunciato le sanzioni che avrebbero colpito gli oligarchi russi vicini a Putin. I conti del club sono stati congelati, con tutto ciò che ne deriva: il Chelsea non può più effettuare transazioni finanziarie. Questo significa che i Blues non possono più spendere soldi oltre ai pagamenti regolari degli stipendi. Lo stesso vale per il denaro in entrata, con il blocco del merchandising e della vendita dei biglietti.

L’obiettivo è quello di eliminare ogni possibilità di incasso per Abramovich. In questa delicata situazione si inseriscono anche le vicende legate ai rinnovi contrattuali per i giocatori in scadenza come Christensen, Azpilicueta e Rudiger (accostato alla Juventus in virtù del suo potenziale ingaggio a parametro zero). Attraverso la General Licence, il governo ha concesso un tetto di spesa al Chelsea per quanto riguarda le trasferte e il mantenimento dello stadio a Stamford Bridge. I tifosi hanno reagito difendendo il loro (quasi ex) proprietario russo, cantando cori e mostrando striscioni a favore di Abramovich. Prima della partita di Champions League contro il Lille, alcuni supporters dei Blues sono arrivati a scontrarsi con la polizia.
La (s)vendita e i potenziali acquirenti
La situazione verrà risolta solo quando il Chelsea avrà un nuovo proprietario. Roman Abramovich è ovviamente estromesso dal processo di vendita e il club è stato affidato alla Chelsea Charitable Foundation, che lo amministrerà finché la già citata Rain Group non sceglierà l’acquirente adatto, sotto lo sguardo attento del governo britannico. La deadline per la presentazione delle offerte era fissata il 18 marzo scorso. Qualcuno citava il numero di oltre 200 acquirenti interessati; per ora si conosce il nome di sei investitori che potrebbero competere per l’acquisto, mentre altri hanno mantenuto privata l’offerta:
- Centricus: società d’investimento londinese, guidata da Nizar Al-Bassam e Garth Ritchie.
- Blue Football Consortium: guidato da Nick Candy, tifoso e immobiliarista alla testa del consorzio composto da investitori europei (tra gli altri Gianluca Vialli), statunitensi e sudcoreani;
- la famiglia Ricketts: già proprietaria della squadra di baseball Chicago Cubs, in un fondo insieme all’imprenditore Ken Griffin;
- Clearlake Capital: società di investimento californiana che vede la partecipazione, tra gli altri, di Todd Boehly (proprietario dei Los Angeles Dodgers) e Jonathan Goldstein;
- Saudi Media Group: società gestita da Mohamed Alkhereiji, CEO di Engineer Holding Group (che ha escluso il coinvolgimento dello stato saudita);
- Lord Coe e Sir Broughton: il primo un ex mezzofondista, presidente del World Athletics, il secondo ex presidente del Liverpool e di British Airways.
L’iter per la vendita del club è ancora lungo: per il passaggio di proprietà definitivo ci potrebbero volere tra le quattro e le cinque settimane. Per quanto riguarda la cifra, le offerte ballano tra i 2,5 e i 4 miliardi di dollari. Se questa è la caduta del Roman Empire d’Occidente, dopo l’interregno spetterà al prossimo proprietario evitare che il club cada nel buio del Medioevo. Però ammettiamolo: sul lato sportivo, sarà molto difficile fare meglio di Roman Abramovich.