La Corte d’Appello Federale della FIGC ha spiegato le motivazioni della sentenza di penalizzazione inflitta alla Juventus per il caso plusvalenze. Il documento di 36 pagine ora verrà esaminato dalla difesa della società per procedere con il ricorso al CONI. Dal testo della Corte emerge un quadro quantomeno strano: le motivazioni sembrano scricchiolare in molti aspetti.
Juventus -15: cronologia di una sentenza
Per aver chiaro cosa sia successo conviene fissare le tappe del processo sulle plusvalenze che ha portato alla penalizzazione:
novembre 2021. Le segnalazioni della CONSOB e della COVISOC spingono la Procura di Torino ad aprire l’indagine Prisma: comincia la raccolta del materiale che verrà utilizzato ai fini processuali.
15 aprile 2022. La sentenza sul caso plusvalenze proscioglie tutti gli imputati (11 squadre, 59 dirigenti e membri dei vari C.d.A.) con la motivazione che “non esiste metodo per valutare i giocatori“. Secondo la Corte le plusvalenze non sono dunque sanzionabili in quanto tali, poiché gli scambi sono soggetti alle regole del libero mercato.
24 ottobre 2022. La Procura di Torino annuncia la chiusura delle indagini riguardo la Juventus per l’ipotesi di reato di “false comunicazioni sociali e false comunicazioni rivolte al mercato“.
28 novembre 2022. L’intero C.d.A della Juventus si dimette in blocco.
22 dicembre 2022. La Procura della FIGC chiede la revoca della sentenza di proscioglimento del 15 aprile.
20 gennaio 2023. Giuseppe Chinè, procuratore della FIGC, chiede 9 punti di penalizzazione alla Juventus e vari periodi di inibizione per i suoi dirigenti Fabio Paratici, Andrea Agnelli, Pavel Nedved, Paolo Garimberti, Maurizio Arrivabene e Federico Cherubini. Dopo quattro ore di udienza, il giudice commina 15 punti di penalizzazione e prolunga i periodi di inibizione per i dirigenti.
30 gennaio 2023. Vengono pubblicate le motivazioni della sentenza della Corte Federale d’Appello della FIGC.
Molti dubbi sulle plusvalenze, poche spiegazioni efficaci
Chi legge questo articolo avrà già la sua opinione, costruita intorno alle fonti consultate e alle idee che si è fatto sull’operato della società Juventus e della Procura della FIGC. Per questo motivo non voglio prendere il posto degli esperti giudici che hanno emesso ed emetteranno le sentenze definitive. L’enorme montatura messa in piedi da questa sentenza, però, scricchiola in maniera vistosa. Spiegherò il perché, e non lo farò dalla mia umile condizione di osservatore inesperto in materia, ma tramite le voci e le opinioni di personaggi autorevoli con fedi calcistiche eterogenee.
Semplice matematica: 31 + 4 = -15
Nel processo del 2022, quello che aveva prosciolto tutti, la Juventus era stata accusata di violare l’art. 31 del Codice di Giustizia Sportiva (CGS). La sanzione per la violazione di detto articolo prevede un’ammenda, e perciò furono richiesti 800.000€ di multa. Nelle motivazioni ora rese pubbliche, si legge però qualcosa di diverso.
Le nuove “prove”, a detta dell’accusa/Corte, suggerirebbero la violazione dell’art. 4 comma 1, oltre che dell’art. 31 comma 1 già citato in precedenza. L’articolo 4 del CGS, che una volta si chiamava articolo 1, è stato tirato in ballo anche durante Calciopoli. Esso richiama all’osservanza dei “principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva“. A differenza dell’art. 31, che come detto prevede solo sanzioni pecuniarie, l’art. 4 può portare alla penalizzazione in classifica. Non bisogna essere esperti per comprendere la labilità del perimetro di applicazione di questo principio.
Il coinvolgimento dell’art. 4 rappresenta un elemento interessante: si tratta di un principio generale, perciò applicabile in assenza di norme specifiche. In questo caso la norma specifica esiste, e si tratta dell’art. 31 per la cui violazione la società FC Juventus S.p.A. è già stata precedentemente assolta.
Ne bis in idem e revocazione
Per larga parte del documento diffuso dalla FIGC si prova a giustificare la decisione a fronte del principio del ne bis in idem. Con questa locuzione si intende l’impossibilità di essere giudicati due volte sullo stesso reato. La difesa della Juventus controbatteva che la società era già stata assolta sulla stessa violazione, così l’accusa/Corte spiega il perché della revocazione della precedente sentenza. In parole povere, l’accusa/Corte sostiene che le nuove “prove” giunte alla Procura Federale dalla Procura di Torino creino elementi nuovi che cambiano totalmente lo scenario.
Queste “prove” portano, sempre secondo l’accusa/Corte, al “disvelamento della intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori“. Si tratterebbero dunque di elementi decisivi, accolti e accertati in toto come materiale che inchioda la società Juventus e l’iniquità delle sue azioni. Anzi, ancora più grave è “la pervasività ad ogni livello della consapevolezza della artificiosità del modus operandi della società stessa“. Insomma, le intercettazioni e i documenti nuovi dimostrerebbero che molti dirigenti erano a conoscenza di queste violazioni, aggravando la situazione.
La verità è che, come sottolineato dagli avvocati Paco D’Onofrio e Cataldo Intrieri (tifoso milanista), l’impianto dell’accusa presenta vistosi vizi. Per evitare tecnicismi riporterò lo stesso esempio che l’avv. D’Onofrio ha utilizzato per spiegare la situazione: se parcheggiassi 10 volte in doppia fila, pagherei 10 volte la multa per parcheggio in doppia fila; se lo facessi 20 volte, la pagherei 20 volte. La sanzione non varierebbe.
Un articolo di troppo per le plusvalenze
Nella pratica, pur prendendo per buona la violazione dell’art. 31, le ammende per tutte le plusvalenze contestate dovrebbero essere sommate. Di sicuro, però, non verrebbe inflitta una pena differente, come invece accaduto con la penalizzazione. Inoltre, come sottolineato dall’avvocato Giorgio Spallone (di fede interista), la riapertura di un processo sulla violazione dell’art. 31 non può cambiare in corso d’opera capo d’imputazione, coinvolgendo e sommandosi con la violazione dell’art. 4.
Riprendiamo l’esempio del parcheggio in doppia fila: se lo facessi 50 volte con la stessa macchina, e se si scoprisse che tutta la mia famiglia era a conoscenza di questa mia violazione, la pena non cambierebbe. Non finirei in carcere, ma pagherei 50 volte la stessa multa.
L’introduzione dell’art. 4, come detto norma generale che riguarda la sfera dell’etica, e quindi ampiamente interpretabile, potrebbe suggerire invece qualcosa di diverso. Chi pensa male potrebbe addirittura teorizzare che fosse la mossa chiave per poter arrivare alla penalizzazione. Di certo, però, non è questo il caso.
I precedenti sulle plusvalenze
Le plusvalenze non sono un elemento nuovo per la Procura Federale: i precedenti abbondano ed è curioso rilevare i trattamenti riservati in altri casi a soggetti differenti. L’avvocato Francesco Andrianopoli ha collezionato tutto su Twitter, esaminando varie decisioni prese in passato dalla stessa Corte che ora penalizza la Juventus.
Il caso più eclatante è quello avvenuto tra Cesena e Chievo. Qui la squadra romagnola fu sanzionata con 15 punti di penalizzazione, mentre agli scaligeri vennero tolti 3 punti. I capi d’imputazione, però, erano totalmente differenti: gli scambi tra le due squadre, infatti, non erano “gonfiati” rispetto a un valore x (con x uguale a non si sa cosa), ma del tutto inesistenti. I calciatori non esistevano e, se esistevano, non si muovevano dalla squadra di origine.
Genoa, Udinese e Reggina vennero multate per 400.000€ sullo stesso capo d’accusa: il famigerato articolo 4 (ex art. 1). Sampdoria multata per 36.000€. Milan e Inter con 90.000€ di ammenda. Attenzione, qui non si giudica la sussistenza o meno del reato. Qui si sta prendendo in esame la sanzione inflitta per la stessa violazione. Le differenze sono facilmente individuabili.
Il giusto (?) processo
Tornando sulle “prove”, è curioso esaminare come queste siano state prese in esame dalla Corte. Vi chiederete perché io continui a virgolettare il termine, e perché in altri momenti io abbia utilizzato la dicitura accusa/Corte. La risposta è presto data.
La società Juventus, così come le altre chiamate in causa, si era potuta difendere sulla violazione dell’art. 31 e, come già ripetuto più volte, era stata prosciolta. Alla richiesta di revocazione è stata “abbuonata” la violazione dell’art. 4 attraverso le “prove” che l’accusa aveva riportato al giudizio della Corte. Nella stessa udienza la Corte ha decretato i 15 punti di penalizzazione. In parole povere, la Juventus, tramite i suoi avvocati, non ha potuto preparare la difesa in merito alle nuove accuse, con violazione del principio generale del giusto processo.
Senza entrare nel merito delle “prove” di per sé molto discutibili e tutt’altro che di natura “confessoria”, come sostenuto dalle motivazioni dell’accusa/Corte, queste sono semplicemente passate dalla Procura alla Corte senza il diritto di essere spiegate e contestate dalla difesa. In aggiunta, il processo ordinario non è ancora cominciato: non si sa nemmeno se questo materiale sarà ammesso o meno agli atti. Tutto ciò è certamente legale sotto l’aspetto della giustizia sportiva, ma lascia molti dubbi sull’aleatorietà della validazione del materiale probatorio.
Inoltre, l’analisi di questi elementi dovrebbe meritare un’approfondita conoscenza di varie discipline (giurisprudenza, economia, ecc.). A differenza di quanto avvenuto nel processo del 2022 e di quanto avverrà nel processo ordinario, quello sportivo non si è servito né di perizie da parte di esperti, né di interrogatori. Nessun testimone è stato chiamato in causa, nessun contraddittorio è stato concesso sulle “prove”.
Qualche termine particolare
Vorrei chiosare sul lessico del documento diffuso dalla FIGC. Non sono un addetto ai lavori e tanto meno un esperto in materia, ma alcune scelte terminologiche risultano se non altro particolari anche agli occhi di chi non mastica diritto. Nell’elenco delle “prove”, il documento cita “l’inquietante “Libro Nero di FP” (cioè Fabio Paratici)”, con riferimento a un appunto scritto a penna dall’ex Direttore Sportivo. Ancora sullo stesso elemento, continua il testo, “il mancato disconoscimento del documento e la mancata presa di distanza da esso […] ha una portata devastante sul piano della lealtà sportiva”. Le “prove” sarebbero dunque giuridicamente inquietanti e devastanti.
Lo scambio Akè/Tongya tra Juventus e Marsiglia è addirittura definito “eclatante”, per alcune correzioni a penna rinvenute sulla versione cartacea della fattura. “Prova”, questa, che ha davvero dell’incredibile: la Juventus avrebbe chiesto al Marsiglia di cambiare i dati della fattura in oggetto per poter occultare lo scambio dietro due trasferimenti apparentemente indipendenti. Sì, ma cosa porta a questa conclusione? Le fonti della difesa sostengono che si trattasse di errori diffusi, tra cui lo stesso indirizzo da inserire. La cosa più eclatante qui sembra essere la sommarietà di queste valutazioni.
D’altronde, come sottolineato dal già citato Andrianopoli, i termini qui riportati lasciano trasparire una certa emotività che non dovrebbe trovare adito all’interno di un contesto giuridico come quello delle motivazioni di una sentenza della Corte Federale d’Appello.
L’ennesima pagina buia della Procura Federale
L’opinione pubblica è facilmente influenzabile. La tendenza diffusa al giustizialismo è evidente: nella cultura popolare, sapere che qualcuno è stato accusato di qualcosa lo rende automaticamente colpevole. Ciò non ha nulla a che vedere col sistema giuridico e democratico che ci governa.
La FIGC ha riaperto il processo sugli elementi raccolti dalla Procura della Repubblica di Torino, la quale ha agito in totale autonomia sul suo territorio di competenza. Questo significa che la giustizia sportiva si muove solo sulle indicazioni arbitrarie dei singoli dipartimenti. Ne è una dimostrazione tutto quello che è accaduto ad oggi. Le plusvalenze sono sempre state considerate un mezzo fondamentale per la sopravvivenza dei club, senza che se ne pensasse male. Il marcio era sotto gli occhi di tutti da almeno vent’anni, e tutt’ora non esiste una norma in grado di evitare il sistema di plusvalenze.
Penso che ognuno di noi, se ci fermassimo un attimo a pensare con oggettività, potrebbe condividere che intercettando tutti e 20 i club di Serie A si troverebbe materiale capace di metterle nei guai. Allora possiamo inquadrare meglio questa giustizia sportiva: una macchina completamente aleatoria che si scaglia su chi gli viene a tiro.
Chi è più ferrato potrà contestare uno o molti punti portati in esame da questo articolo, e mi farebbe piacere ascoltarlo. Il percorso che ha portato alla penalizzazione rimane comunque pieno di dubbi e stranezze. Il tutto ha il sapore di un autogol guardando alla situazione della Serie A rispetto agli altri campionati europei. Il mercato appena terminato è indicativo: il campionato italiano è sempre meno competitivo e ricco di risorse per poter attrarre talenti calcistici. In uno scenario del genere non riesco a immaginare come le future generazioni potrebbero avvicinarsi al calcio. Si tratta di questo in fin dei conti: del declino dello sport più bello del mondo nel nostro Paese.
Articolo bellissimo e molto completo , complimenti !