Harald Krichel- Berlin Inernational Film Festival
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C’MON C’MON – UNO SGUARDO AL FUTURO

Pochi colori e pochi fatti, per un film intimo e graficamente perfetto.

La pellicola diretta da Mike Mills è caratterizzata dalla scelta stilistica del “bianco e nero”. Tuttavia non si tratta di mera estetica: la fotografia è curata con grande dettaglio; l’opera è poetica e introspettiva, ma senza gli eccessi emotivi che l’avrebbero potuta omologare ad altri filmetti del genere già visti. La cifra stilistica di C’mon C’mon è la sobrietà, che si traduce in un’analisi intima e lucida dei rapporti personali e dei vari momenti della vita.

Mills porta sul grande schermo un film “on the road”. Si tratta di un viaggio in una storia familiare, nel multiculturalismo e nelle contraddizioni sociali negli States. Un viaggio intergenerazionale alla ricerca di risposte per il futuro.

La trama ripercorre le vicende di Johnny (Joaquin Phoenix), giornalista radiofonico di mezz’età, e sua sorella Viv. Le divergenze del passato hanno creato una grande distanza tra i due.

Dopo un anno, spinto dalla malinconia, Johnny chiama la sorella e i due si rivedono.

Viv rivela al fratello che deve lasciare Los angeles per qualche giorno, e così anche il figlio Jesse (Woody Norman). Johnny si propone di darle una mano badando al nipote. Per varie vicissitudini il periodo di lontananza si prolunga da qualche giorno a qualche settimana.

Johnny deve, nel frattempo, portare avanti il proprio progetto giornalistico, che lo vede impegnato a New York, e poi a New Orleans. Zio e nipote fanno coppia fissa, e quest’ultimo diventa effettivamente parte della sua vita, assorbendone tempo ed energie.

Nonostante le prime difficoltà di adattamento, tra i due si crea un grande legame. Questa nuova amicizia fa venire meno il muro di incomprensioni tra Johnny e la sorella Viv, che, guardando con franchezza agli errori del passato, rinsaldano il loro rapporto.

JOHNNY E JESSE

I due protagonisti del film non danno mai luogo ad un innaturale sentimentalismo. Non c’è traccia di declamazioni d’affetto e retorica vuota. La recitazione è molto intensa e realistica. Spontanea.

Johnny e Jesse le loro giornate insieme, ma non c’è un feeling istantaneo. Jesse vive i primi giorni con lo zio come un bambino che passa qualche ora con un baby-sitter, con un estraneo. Johnny fatica a creare un dialogo ed è sballottato dalla frenesia del bambino.

A poco a poco però si ammorbidisce e impara da Jesse. Impara a giocare ai suoi giochi strambi. Impara a comunicare. È assediato dalla curiosità del nipote: per lo zio è difficile rispondere alle domande insistenti e sfrontate del nipote. È straordinaria, ed eccezionalmente realistica, la capacità raffigurata nel bambino di riuscire a mettere il dito nella piaga, captando le insicurezze ed i nervi scoperti dell’adulto.

La sensibilità pura e sfrontata di Jesse fanno sì che si crei un vero legame. Lo zio è costretto a parlargli senza fronzoli e con grande onestà delle cose “difficili da spiegare”. Nel momento in cui spiega i vari “perché” arriva a mettere in discussione molte certezze.

Di fronte alla semplicità di Jesse capisce l’insensatezza dei propri atteggiamenti e di alcune scelte: Johnny comprende che col trascorrere degli anni molti valori vengono meno. Senza lirismo il regista Mills fa un’indagine interiore dell’uomo di oggi, che vive confrontandosi raramente con le proprie azioni e con i propri sentimenti.

Dall’altro lato viene osservata la prospettiva dei bambini (Jesse e non solo). Il regista Mike Mills pone l’accento sull’importanza di renderli consapevoli e coinvolti in situazioni che spesso i genitori e gli insegnanti ritengono sia meglio tacere. Jesse percepisce i problemi familiari, che la madre e il padre vivono, e soffre l’insicurezza e le paure trasmesse inconsapevolmente dagli adulti.

Infatti quando Johnny crea un dialogo sincero con lui, lo zio diventa per il bambino un punto di riferimento. In più lo zio gli insegna a non trattenere le emozioni negative e le paure, ma a gridare se effettivamente le cose vanno male.

Il personaggio impersonato da Phoenix è un giornalista radiofonico. Il progetto che sta mettendo a punto, nel momento in cui Jesse entra nella sua vita, è una raccolta d’interviste a tanti bambini immigrati di varie città americane. Il topic è proprio il punto di vista di questi sul futuro, i sogni e le paure del domani. Dunque i bambini sono i veri protagonisti di C’mon C’mon.

Dal punto di vista della recitazione, Joaquin Phoenix (lo zio Johnny) e Woody Norman (il piccolo Jesse) mettono in scena un “duo” molto ben riuscito, che a tratti rievoca l’iconico rapporto padre-figlio di “Kramer contro kramer”( con D.Hoffman). La bravura dei protagonisti si percepisce nella senso della misura che impartiscono all’interpretazione.

Joaquin Phoenix mette in scena un giornalista ed un uomo avvilito, senza mai mostrare segni di eccentrismo o depressione- che avevano caratterizzato altri suoi ruoli. Col personaggio di Johnny riesce ad essere “tenero a modo suo”, ossia come una persona incapace di esternare il proprio affetto– e che da troppo tempo non ha nessuno a cui dire un “ti voglio bene”.

Il giovane Woody Norman riesce a far suo il ruolo di Jesse con disinvoltura. L’attore trasmette intelligenza, empatia e vitalità ad un personaggio che fa breccia nel cuore dello zio, e che lascia un segno negli spettatori: è petulante, istintivo, intelligente, emotivo.

Entrambi i ruoli sembrano cuciti su chi li riveste. Le intepretazioni, specie nei dialoghi, sembrano più teatrali che cinematografiche.

GLI STATES

Il regista sceglie di non dare colore alle città americane più mondane ed effervescenti degli Stati Uniti (LA, NY, New Orleans). Questa scelta probabilmente riflette il carattere impegnato della trama. Nonostante il racconto sia portato avanti con leggerezza, lo spettatore è spesso spinto alla riflessione.

Il bianco e nero non stona nel viaggio attraverso la disillusione del “Sogno americano”, e si combina alla poetica della sceneggiatura: C’mon C’mon è un film di formazione, ma per adulti.

Los Angeles viene raffigurata nelle sue spiagge bagnate dalle lunghe onde californiane, ma non si dà per un’istante l’immagine consueta della ricca città del cinema.

New York viene vista nelle zone più urban: parchi popolati da skaters o quartieri in cui la vita si svolge senza frenesia, tipica invece del centro della finanza americana. In particolare desta curiosità la scelta di Mills di non dare il classico scorcio sui grattaceli che caratterizzano la Città americana, mantenendo sempre la prospettiva sulla vita comune che si svolge nelle strade.

New Orleans è la città più vivida: una dimostrazione sono la musica e le danze del Carnevale, che si svolge nelle strade della città del Jazz. Forse è proprio questa la città colta nella sua vera essenza e senza vena polemica, ed è proprio il posto il cui le vicende del film arrivano a conclusione.

Le tre città fanno da sfondo alle vicende personali dei protagonisti. Puntando l’obiettivo sulle città il regista, attraverso Johnny, prova a dar voce ai bambini figli di immigrati nelle sue interviste.  

Il progetto del giornalista è simile ad un mosaico: tante interviste singole che costituiscono un sentimento condiviso e variegato. I bambini intervistati sono parte del tessuto sociale americano, e così dicono la loro su quello che percepiscono nel presente, e che prospettano per il domani.

Proprio i bambini parlano- inconsapevolmente- dei peggiori mali della società americana: razzismo, paura del diverso, povertà diffusa, politiche sociali carenti.

IL FUTURO

Johnny nelle interviste cerca di cogliere le sensazioni e gli stati d’animo nei racconti dei piccoli.

E il ritmo delle interviste ricalca a pieno quello delle vicende personali dei protagonisti. Le paure dei bambini sono le stesse dei grandi. I sogni e le speranze molto incerte.

Il giornalista cerca di raccontare l’idea di futuro dei ragazzini, ma è fermo, immobile nel suo passato. Jesse gli porta una ventata di freschezza, di spensieratezza. Gli consente in poche parole di guardare avanti, e non solo indietro. Evento eccezionale per chi vive ancorato alla malinconia.

Jesse soffre, invece, l’insicurezza delle vicende familiari. Inizialmente non risponde all’intervista che lo zio gli propone, proprio perché non ha idea di quello che sarà.

Dopo varie liti e incomprensioni, quando inizia a volergli bene e crea un legame forte, Jesse capisce che quel periodo che la vita gli ha messo davanti, nonostante tutto, è stato unico.

Jesse è un personaggio dinamico: il futuro che inizialmente vive con angoscia, perde ogni connotato negativo. Questa evoluzione deriva dalla fiducia che impara a riporre nel presente, in quello che si fa giorno dopo giorno.

Il futuro non esiste. È un’entità astratta che assume il significato che inconsciamente gli si dà.

La chiave sta nel saper affrontare gli avvenimenti tristi e felici, senza nascondersi da quello che accade intorno, e senza reprimere quello che si prova. E quando si è spaesati, travolti dall’inaspettato, l’importante è non restare fermi nell’incompreso, ma camminare. Andare avanti. C’MON C’MON.

Avrai tanto da imparare e tante emozioni da provare.

Tristezza, gioia, sconforto, e stupore. Crescerai, viaggerai e lavorerai.

Col passare degli anni proverai a dare un senso alla felicità, alla tristezza, alla pienezza della tua vita in continua evoluzione.

E quando arriverà il momento di tornare alla tua stella, forse, sarà difficile dire addio a quel mondo inspiegabilmente bello.

(Favola interpretata nel film da J.Phoenix)

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