La guerra in Ucraina ha portato conseguenze nefaste in ogni settore, dall’economia fino all’energia, passando per i diritti umani. C’è però un altro ambito che è radicalmente cambiato da quel 24 febbraio, ed è il giornalismo: in Italia, in Ucraina, in ogni altra parte del globo, tutti i media hanno cominciato a dedicarsi quasi esclusivamente a questo tragico fenomeno.
Ed è proprio grazie ai giornalisti e ai corrispondenti esteri a Kiev che noi possiamo, o dovremmo poter avere una visione d’insieme più realistica e veritiera di questo evento, e la possibilità di capire meglio la guerra e gli orrori che derivano da essa.
Abbiamo deciso di intervistare Iryna Matviyishyn, giornalista ucraina che si occupa di diritti umani e guerra, e le abbiamo chiesto più notizie su questo conflitto e sullo stato del giornalismo nel suo paese.
Parliamo del giornalismo in Ucraina: come è cambiata la percezione del giornalismo nazionale ucraino e del giornalismo estero dallo scoppio della guerra? C’erano segnali di cambiamento anche prima dell’invasione?
Chiaramente in questo momento tutto il giornalismo ucraino ruota intorno alla guerra e ci si dedica quasi esclusivamente a questo argomento. Per quello che riguarda il giornalismo estero, qui in Ucraina ci sono tantissimi reporter stranieri, soprattutto nelle zone più ad ovest, considerate più sicure: da quello che so, ci sono più di 300 giornalisti da diversi tipi di media.
Quello che sta succedendo ha fatto sì che si concentrasse una grande attenzione sull’Ucraina, cosa che non si vedeva dal 2014 (anno della protesta Euromaidan e dell’annessione della Crimea e del Donbass da parte della Russia, ndr). Un’attenzione e una sensibilità che arrivano però in ritardo, dato che la guerra non è iniziata questo 24 febbraio, ma proprio nel 2014.
Sento poi diverse critiche rivolte al giornalismo ucraino e in particolare a coloro che lavorano con i giornalisti stranieri: alcuni di questi ultimi stentano a credere ai giornalisti ucraini, anche se le notizie che riportano sono confermate. Questo frustra molto i reporter del mio paese: il fatto che lavorino in condizioni di guerra non li rende meno professionali o meno credibili. I media esteri dovrebbero affidarsi di più a quanto affermato da loro, perché non si tratta di propaganda, ma del frutto di un duro lavoro sul campo e di una conoscenza approfondita della situazione e del contesto.
Come stanno vivendo gli ucraini in questa situazione? Potrebbe dirci qualcosa di più, oltre alle informazioni che vediamo in televisione e nei media tradizionali?
La vita degli ucraini dipende purtroppo anche dalla regione in cui si trovano: nella zona di Mariupol, Chernihiv o in generale ad est la situazione umanitaria è difficile. Le persone cercano di sopravvivere anche se in trappola: le storie di chi scappa dalla propria casa sono strazianti e disumane. Quelli che restano in città come Kharkiv, Sumy o altri centri abitati violentemente colpiti dalle bombe ma che rimangono ancora sotto il controllo ucraino vivono in condizioni dure, anche se non rinunciano ad aiutare chi sta messo peggio di loro, rifiutandosi addirittura di lasciare la propria casa perché sentono di doverla proteggere. Noi che siamo nell’Ovest del paese ci sentiamo più al sicuro, e lo stesso succede in alcune parti centrali e a sud-ovest dell’Ucraina.
Quello che mi stupisce ogni giorno, come già detto prima, è la grande quantità di persone che fanno volontariato e aiutano l’esercito in ogni modo possibile, anche accogliendo i rifugiati che vogliono andare verso la Polonia. Tutti gli ucraini sanno che c’è tanto lavoro da fare e tutti ci stiamo impegnando per difendere il nostro paese.
Come vivono quelle persone che scappano dall’Ucraina e come vivono quelle che tornano per lottare per la loro patria? Ha avuto l’opportunità di incontrare qualcuno di loro?
Parlo costantemente con chi fugge dal paese: ogni storia è particolare, ma sempre terrificante. Bisogna ricordare che spesso le persone rischiano la loro vita anche quando fuggono dalle zone bombardate: vogliono solamente arrivare in un posto sicuro per loro stessi e per i propri figli, ma vivono nella costante preoccupazione di essere uccisi e perdere i loro cari, e in molti non sopravvivono.
Noi ucraini sentiamo che le nostre vite sono state irrimediabilmente distrutte, in ogni senso: qui a Lviv vedo arrivare gente che ha perso tutto, gente che ha con sé solo uno zaino, senza altri averi se non una sofferenza indescrivibile.
Riguardo a chi torna: ci sono sia madri che dopo aver racimolato un po’ di soldi all’estero tornano in patria per stare con i figli, e tantissimi uomini che si arruolano volontariamente nell’esercito ucraino.
Parlando di solidarietà, come possono aiutare i media europei e occidentali a dare le informazioni corrette ai cittadini?
Al momento è importante contrastare la disinformazione russa, come quella che afferma che sia stata la NATO ad aver cominciato la guerra o che il problema siano i nazisti in Ucraina: è propaganda tossica creata dal Cremlino per legittimare l’invasione.
Purtroppo sento affermare le stesse tesi anche dai pacifisti, i quali sostengono che non ci sia il bisogno di spedire armi all’Ucraina: una narrazione irrispettosa che distrugge la nostra lotta per la libertà e per la democrazia.
Siamo stati attaccati brutalmente: come si può parlare di resistenza pacifica quando ti viene puntata una pistola alla testa, quando le persone vengono rapite, torturate, stuprate e uccise dentro le loro case, le loro auto. Tutto dipende dalla nostra capacità di reagire, o vogliamo arrenderci a chi vuole un genocidio? Gli europei devono avere il coraggio di parlare di crimini di guerra e di ciò che accade in Ucraina: non abbassate lo sguardo, non fate finta di non vedere quello che succede.
Vogliamo essere pragmatici? Non è solo una questione di sicurezza dell’Ucraina bensì una questione di sicurezza europea, dato che la propaganda russa ha già minacciato di invadere la Polonia e i paesi baltici e noi sappiamo cosa vuol dire avere a che fare con il volere imperialista e la macchina del terrore russa: l’UE e la NATO devono rimanere all’erta.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha parlato in diversi luoghi istituzionali (come il parlamento italiano) e ha sempre riaffermato il suo desiderio di mettere la parola fine a questa guerra: come è visto il presidente oggi in Ucraina e come sono visti tutti quei politici europei che si rifiutano di prendere posizione contro la guerra?
La stragrande maggioranza degli ucraini sono uniti nel supportare il presidente Zelenskyy: c’è qualcuno che gli rema contro, ma parliamo di una percentuale piccolissima e minoritaria. Gli ucraini lo supportano perché si è dimostrato un grande leader in tempo di guerra e ha dato prova di coraggio, al contrario di molti leader europei che aspettano solo la resa dell’Ucraina per tornare a fare affari con la Russia. Leader che non possono essere chiamati democratici, dato che non aiutano una lotta per la democrazia.
Per fortuna stiamo parlando di una percentuale molto piccola, dato che ci arriva supporto da ogni paese: lo vediamo nelle città, dove moltissimi manifestano e agiscono concretamente per aiutare l’Ucraina.
Ha partecipato ad alcuni show televisivi in Italia: qual è la sua opinione su queste trasmissioni e in generale su come il giornalismo italiano tratta il tema Ucraina?
Non ho avuto molte esperienze, ma quella che ho vissuto non è stata molto positiva: la mia sensazione, e sottolineo come sia una sensazione personale, è che diversi media italiani siano intossicati dalla propaganda russa. E in diversi casi la sensazione mi è stata confermata perché diversi vostri connazionali mi hanno contattato e mi hanno riportato lo stesso problema: perché sembra essere quasi sistematico l’invito di politici o esponenti pro-Putin?
Questo non mi sorprende se penso che l’Italia ha spesso avuto forti legami con la Russia dovuti ad affari economici e politici. Ma tutto ciò è comunque molto avvilente, perché stiamo parlando di un paese europeo e democratico, e il fatto di invitare persone che condividono la narrazione del Cremlino non ha a che fare con questi valori, e non è una questione di pluralismo.
Spero che con l’evidenza dei crimini commessi dai russi in Ucraina sempre più giornalisti si convinceranno di ciò che sta accadendo realmente, e la smetteranno di incoraggiare questa fastidiosa narrazione.
Tutti quei conduttori televisivi che invitano queste personalità dovrebbero riflettere sullo spazio che stanno dando a queste persone che sostengono l’invasione e, indirettamente, anche i crimini di guerra.
Non è forse il momento migliore per una conversazione tra russi e ucraini, ma se potesse mandare un messaggio alla popolazione russa, lo farebbe? Magari rivolgendosi anche a tutti quei russi che sono contro la guerra.
A mio parere è inutile parlare ai russi in questo momento: quelli che erano contro la guerra hanno già fatto la loro scelta, molti di loro hanno lasciato la Russia mentre altri sono rimasti in patria a manifestare; invece tra i russi favorevoli all’invasione, a tanti la propaganda ha fatto una sorta di lavaggio del cervello. Penso che ormai sia abbastanza chiaro chi sta con chi.
Personalmente vorrei parlare ai russi che sono fuggiti nei paesi UE e che hanno organizzato delle manifestazioni pro-guerra nelle scorse settimane. È un paradosso: sono scappati dalla Russia, sono stati accolti in paesi democratici ma continuano a supportare il regime autoritario di Putin.
Come è cambiata la percezione della Russia dal 2014 ad oggi, passando chiaramente per l’invasione del 24 di febbraio?
Credo di parlare a nome di molti ucraini quando dico che la nostra percezione della Russia è cambiata drasticamente in questi anni: nel 2014, con l’invasione della Crimea, molti sono diventati diffidenti nei suoi confronti, ma le relazioni tra i due paesi sono continuate; di conseguenza la popolazione si è ritrovata spaccata a metà tra chi voleva interrompere i rapporti e chi credeva di poter instaurare un nuovo rapporto con Mosca.
Ora, nel 2022, con l’invasione, le persone provano rabbia nei confronti dei russi: leggo spesso diversi commenti radicali contro i russi, e l’astio continua a crescere con tutte le prove dei crimini di guerra commessi dall’esercito invasore.
La rabbia si estende anche a tutti quei russi che odiano gli ucraini, vogliono questa guerra e credono ciecamente alla propaganda di stato che dipinge l’Ucraina come un covo di nazisti. Sinceramente, non so come le cose andranno a finire, e soprattutto non so se i russi verranno mai perdonati dagli ucraini per quello che stanno facendo.