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IMMAGINA. COSTRUISCI. CONQUISTA. STARTUP: FUTURO E INNOVAZIONE

23 Ottobre 2020

“Da Zero a Uno. Appunti sulle startups ovvero come costruire il futuro” di P. Thiel è ormai un classico della letteratura di impresa. L’innovazione tecnologica, portata avanti dalle startup, non è soltanto il motore di qualsiasi business di successo: è l’unica precondizione per il progresso umano.

IL SECOLO DELLE STARTUP

Da Napster a Facebook

Anno 2010. Praticamente un’era geologica fa. In The Social Network, Sean Parker, interpretato da Justin Timberlake, si rivolge a due allora non così famosi studenti di Harvard, Mark Zuckerberg e Eduardo Saverin. «Un milione di dollari non è figo. Sapete cos’è figo…? Un miliardo di dollari». (link Youtube). La conversazione era una consulenza informale sul piccolo progetto imprenditoriale degli ultimi due. All’epoca in cui è ambientato il film (2004) il piccolo progetto si chiamava The Facebook.

Parker aveva fondato Napster, una delle prime piattaforme che permetteva la condivisione gratuita di file musicali MP3. 10 milioni di utenti in un anno. Poi, le case discografiche avevano intentato una causa per violazione del copyright, Napster aveva perso e dopo soli venti mesi era stata costretta a chiudere. The Facebook, invece, a distanza di sedici anni avrebbe tolto l’articolo dal nome, raggiunto 2,7 miliardi di utenti attivi al mese e una valutazione di mercato di 757,6 miliardi di dollari. Mark Zuckerberg è diventato il più giovane miliardario, nonché la quarta persona più ricca in assoluto, al mondo.

Da sinistra: Mark Zuckerberg e Dustin Moskowitz, co-founders di Facebook; Sean Parker (copyright New York Times)

I miracoli

Molti dicono “in fondo fare business è semplice”. Domanda e offerta. Ma allora qual è la differenza tra un’impresa con ricavi a cinque cifre, e una con utili di centinaia di milioni, o perfino decine di miliardi di dollari? Il libro di Peter Thiel, intitolato “Da Zero a Uno. Appunti sulle startups ovvero come costruire il futuro” (2014), è la risposta a questa e a molte altre domande. Una risposta appunto semplice, a prima vista: l’innovazione è la differenza.

«Fare qualcosa che già sappiamo fare ci porta da 1 a N, aggiungendo qualcosa di simile a ciò che già esiste. Ma ogni volta che creiamo qualcosa di nuovo, questo ci porta da 0 a 1. […] cercare una nuova strada può sembrare come sperare in un miracolo […] Ma noi esseri umani ci distinguiamo dalle altre specie per la nostra abilità di far accadere miracoli. Chiamiamo questi miracoli tecnologia»

L’innovazione tecnologica ci permette di fare più con meno, superando la scarsità delle risorse, caratteristica fondamentale del nostro mondo come insegna la scienza economica. Il progresso autentico, intensivo piuttosto che estensivo, non può che originarsi da tecnologie innovative. E sulla linea di frontiera, la prima di questa battaglia creatrice ci sono loro, le startup:

«[…] piccoli gruppi di persone legati da una missione comune […] questo è ciò che una startup deve fare: mettere in discussione le idee comuni e ripensare dalla base il modo di fare business».

La leggenda vuole che Thiel, fondatore di Paypal e Palantir nonché uno dei primi investitori in Facebook, facesse sempre questa domanda quando doveva assumere qualcuno: «Qual è un’importante verità sulla quale poche altre persone sono d’accordo con te?». Nel mondo delle startup andare contro il senso comune è un imperativo categorico. Being a contrarian ti porta a vedere opportunità dove gli altri non vedono nulla. Opportunità significa domanda non soddisfatta, cioè profitto, cioè impresa. Trasponendo la domanda di prima in un contesto imprenditoriale, «Quale azienda di valore non è stata ancora fondata?». Ad oggi Facebook è talmente onnipresente da darlo per scontato. Ma non è sempre stato così. Pensate nel 2004 quale fosse l’opportunità di creare e distribuire un prodotto che il 40% della popolazione mondiale desiderava senza neanche saperlo. Se all’epoca l’aveste fatto, oggi avreste avuto 111 miliardi di dollari in banca.

STARTUP: CONCORRENZA, MONOPOLIO E INNOVAZIONE

Monopoli creativi

La prima delle tante idee comuni che una startup deve abbattere è che la competizione sia vantaggiosa. Al contrario, tanto più si lotta con i competitors, quanto più i margini di guadagno si riducono. L’obiettivo è innovare in modo così radicale da creare non solo un prodotto nuovo, ma anche un mercato che prima non esisteva, e dominarlo. Affinché si crei valore, ma soprattutto per catturarne quanto più possibile, bisogna abbandonare l’idea della concorrenza perfetta (d’altronde solo un riferimento ideale dal punto di vista della teoria economica), e puntare al monopolio creativo.

In un mondo statico il monopolista raccoglie solo una rendita ingiustificata imponendo un prezzo arbitrario per una quantità arbitraria di beni che solo lui può produrre. La collettività subisce una perdita secca. Ma viviamo in un mondo dinamico, e il monopolista crea qualcosa che prima non esisteva, quindi l’offerta di beni aumenta e la scarsità delle risorse si riduce, senza peraltro pregiudicare la concorrenza futura.

Secondo Thiel, solo la possibilità di raggiungere colossali profitti da monopolio, e mantenerli per anni, dà l’incentivo affinché qualcuno punti sull’innovazione. L’esempio da manuale è Apple. Una cosa oggi ancor più onnipresente di Facebook sono gli smartphone. Benché anche questi ci sembrino ormai scontati, non era così prima che Steve Jobs presentasse al mondo il primo iPhone, nel lontano 2007. Per molti anni, l’azienda di Cupertino ha beneficiato dei profitti di monopolio derivanti dalla sua invenzione. Tutt’oggi, le persone sono ben felici di pagare un mark-up sul prezzo del prodotto pur di avere un iPhone. Eppure, da allora molte altre compagnie si sono messe sulla scia di Apple, copiandola, raggiungendola, a volte anche superandola, così il risultato è stato in tal senso una spirale di progresso.

Steve Jobs durante l’evento di lancio del primo iPhone, 2007.

I quattro caratteri dei monopoli creativi

Ovviamente, non tutte le startup diventeranno Apple. Tuttavia, la strada per il successo presenta quattro caratteri ricorrenti che accomunano tutti i monopoli creativi, pur nell’unicità di ognuno di essi: una tecnologia proprietaria almeno dieci volte migliore di quella dei concorrenti; l’effetto network, per cui un prodotto diventa più utile man mano che più persone lo usano; un’economia di scala (dove cioè più aumenta la produzione, più si riduce il costo marginale di una singola unità addizionale di prodotto); infine la forza del brand riconoscibile. Se la vostra impresa presenta tutti e quattro questi aspetti, non vi resta che iniziare dal controllo di una nicchia di mercato per poi espandervi e scalare.

Ciò nondimeno:

«Ogni momento nel business accade una sola volta. Il prossimo Bill Gates non costruirà un sistema operativo. I prossimi Larry Page o Sergey Brin non inventeranno un motore di ricerca. E il prossimo Mark Zuckerberg non creerà un social network. Se state copiando questi ragazzi, non state imparando da loro»

L’innovazione è necessaria per andare da 0 a 1, e l’atto della creazione è «singolare, come il momento della creazione, risultando in qualcosa di originale e inaspettato». Nessuno può mai dire che sarà facile. Una startup deve giocoforza partire dal piccolo, con pochi mezzi a disposizione, fiduciosa nella validità della propria idea e composta da «una tribù di persone simili, ferocemente devote alla mission dell’azienda». Serviranno ingenti capitali, notevoli abilità di vendita – perché non esiste prodotto che si venda da solo – e capacità di distribuzione di alto livello. Soprattutto, occorrerà l’attitudine a «masticare vetro guardando fissi nell’abisso» per molto tempo, secondo le parole di Elon Musk. Il risultato, però, varrà lo sforzo.

Quando Peter Thiel (sinistra) era già Peter Thiel, ed Elon Musk (destra)… beh non era proprio (ancora) un Tony Stark.

Nel 2013 Twitter fu quotata in borsa. Corazzate editoriali come il New York Times avevano migliaia di giornalisti e ricavi dell’ordine delle centinaia di milioni di dollari l’anno, mentre il social network era in forte perdita. Ciò nonostante, il mercato valutò Twitter ben dodici volte il valore del NYT. Il motivo? «Un business di successo si definisce grazie alla sua abilità di generare flussi di cassa positivi in futuro». Gli investitori «stimavano che Twitter sarebbe stato capace di catturare profitti di monopolio durante i prossimi dieci anni, quando invece i giorni di monopolio della carta stampata erano ormai al tramonto».

STARTUP AL FUTURO

Le sette domande

In conclusione, qualsiasi business deve rispondere a sette domande che ne determineranno riuscita o fallimento:

  1. La domanda ingegneristica (“Posso creare una tecnologia rivoluzionaria piuttosto che fare piccoli miglioramenti?”)
  2. La domanda sul giusto tempismo (“È il momento giusto per iniziare questo particolare business?”)
  3. La domanda monopolistica (“Posso iniziare con una grande fetta di un mercato piccolo?”)
  4. La domanda sulle giuste persone (“Posso contare sul team adatto?”)
  5. La domanda logistica (“Posso riuscire non solo a creare ma a distribuire il mio prodotto?”)
  6. La domanda sulla durata (“Posso contare su una posizione di mercato difendibile tra dieci o venti anni?”)
  7. La domanda sul segreto (“Posso puntare su un’opportunità unica che gli altri non hanno visto?”)

Come dice Peter Thiel,

«Se non sapete dare buone risposte a queste domande, avrete un sacco di “sfortuna” e la vostra azienda fallirà. Azzeccatene cinque o sei e potrebbe funzionare. Se riuscirete a risponder a tutte e sette sarete i padroni del vostro destino e avrete successo».

Tesla

Tesla, l’azienda fondata da Musk è diventata il modello per eccellenza di impresa fondata sull’innovazione tecnologica. Pur essendo stata – e rimanendo tutt’ora – sulle montagne russe quanto a giudizio degli investitori; pur vedendo pochi profitti a fronte di perdite di centinaia di milioni nei vari trimestri; insomma pur addensandosi ancora molte nubi sul proprio orizzonte, Tesla ha risposto positivamente a tutte le sette domande di cui sopra.

Ha integrato diverse componenti tecnologicamente avanzate in un unico prodotto di qualità superiore; si è mossa con largo anticipo sui competitors quando ancora il settore dell’automotive elettrico era meno che nascente; ha cominciato con una nicchia di mercato (le auto elettriche sportive di fascia alta) per poi espandersi; ha assemblato un’agguerrita squadra di ingegneri e venditori (“Se sei in Tesla hai scelto di essere nell’equivalente delle Forze Speciali”, secondo il fondatore); ha riconosciuto giustamente l’importanza della distribuzione cosicché, a differenza di altre case automobilistiche che appaltano la rivendita, possiede l’intera catena di distribuzione con negozi a marchio proprio; è saltata sul trend in crescita dell’energia pulita, cogliendo anche gli aspetti di hype e mediatizzazione del tema; in definitiva ha acquisito un vantaggio che gli analisti considerano come minimo decennale prima che la concorrenza riesca a raggiungerla.

Futuro oggi

Come sarà quindi il futuro? Nessuno può predirlo. Ciò che è certo, però, è che servirà sempre più una mentalità imprenditoriale e sempre più startup di successo per risolvere i problemi presenti e futuri. Infatti, l’attitudine al rischio, all’innovazione, il coraggio di provarci («una risorsa molto più scarsa del genio» secondo Thiel), sono tratti universali dell’essere umano, e dal Rinascimento all’Illuminismo alla Rivoluzione industriale, passando per l’invenzione di Internet e dei computer, il progresso si è sempre basato su di essi.

Con risorse finite e una popolazione mondiale in costante aumento, tra pandemie, disastri climatici e altri problemi, solo l’innovazione tecnologica può salvarci da un futuro di stagnazione, crisi ricorrenti o peggio. Il «takeoff» o «Singolarità», quell’unica scoperta dirompente che produrrebbe gli stessi effetti della Rivoluzione Industriale nel XIX secolo, o di internet e del digitale nel XX, forse potrebbe non accadere mai. O forse potrebbe essere già lì fuori, in pieno giorno, aspettando soltanto che qualcuno la veda. E allora sì, vale come si disse quel giorno a Stanford: «Siate affamati. Siate folli». Ne avremo bisogno.

L’innovazione è una strada infinita. Whole Earth Catalog, 1986, ultima pubblicazione.

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