Sono passati dieci anni dalla scomparsa di Margaret Thatcher: l’Iron Lady del mondo occidentale, come lei stessa si definì, è tutt’oggi una figura controversa. Donna in un ambiente tradizionalmente maschile (la politica), con una formazione scientifica (in chimica) e originaria della classe media (era soprannominata la figlia del droghiere): Thatcher era un’outsider. Determinata, coraggiosa e forte, si mosse su diversi fronti: dall’IRA all’Europa, dalla crisi sociale in Gran Bretagna alle Falkland, dalle liberalizzazioni all’amicizia con gli Stati Uniti. Henry Kissinger (Leadership. Sei lezioni di strategia globale) ha scritto che «la sua inflessibilità coesisteva con una caratteristica di cui spesso non si tiene conto, ma che era al cuore della sua leadership: l’amore per il proprio paese». Quando nel 1975 sconfisse Edward Heath, spiegò che «le opportunità non significano niente se non comprendono il diritto di essere disuguali e la libertà di essere diversi». Era un manifesto programmatico.
Sotto Harold Wilson, nel 1976 la Gran Bretagna dovette subire l’umiliazione di doversi rivolgere all’IMF per un prestito di quasi quattro miliardi di dollari. L’inflazione era salita dal 2,5 del 1967 al 24,2 del 1975. Quando arrivò al governo nel 1979, la Lady di ferro non poté che aumentare i tassi di interesse. Questo mandò il paese in recessione. Nel 1980 il PIL si contrasse del 2 per cento. Ma Thatcher non voleva abdicare ai suoi principi. Leader determinata come pochi, avrebbe lasciato Downing Street nel 1990 con un’inflazione ridotta di oltre dieci punti. Erano gli anni delle grandi polemiche con l’Europa che si stava costruendo. L’Atto Unico Europeo aveva dato il via al mercato comune, a cui Londra era molto interessata. Thatcher temeva l’unificazione della Germania e la fine del mondo in cui era cresciuta: quello della Cortina di ferro.
Era segnata dalle esperienze vissute da ragazza, ricorda Kissinger. Il quale attribuisce a Napoleone Bonaparte la seguente frase: «Per capire un uomo, guardate il mondo di quando aveva vent’anni». L’Iron Lady compì vent’anni nel 1945. La Germania unita rappresentava per Thatcher un’occasione per mettere i bastoni tra le ruote ai progetti di integrazione europea. Era profondamente legata alla tradizione del parlamentarismo inglese e non voleva rinunciare ai “diritti nazionali” e al trasferimento di potere a Bruxelles. Thatcher non era contro la CEE. Voleva un’Unione solida, con una burocrazia snella. Un’unione che adottasse le soluzioni di mercato e si battesse per l’autodeterminazione dei popoli. Tutte riforme necessarie per l’UE di oggi e che Londra non potrà suggerire dall’interno. Alberto Mingardi (La verità, vi prego, sul neoliberismo) ricorda che i governi dell’Iron Lady hanno privatizzato telefonia, industria automobilistica, energia, trasporto aereo.
Alberto Pasolini Zanelli (La caduta dei profeti) ha scritto che «tre soli tipi di persone possono essere aiutate, secondo Maggie […]: chi è troppo vecchio, chi è troppo misero, chi è troppo malato. Il cagionevole, il tollerabilmente povero, l’anziano ancora valido dovrebbero avere la possibilità, e l’orgoglio, di cavarsela da soli». Cosa rimane di Thatcher oggi? Oltre alla disinformazione sul suo conto, resta l’esempio di una gran lavoratrice, una leader controcorrente, energica, decisa, risoluta. «Non mi travestirò da uomo per farvi piacere o per fare carriera in questo mondo di lupi. Né invocherò l’appoggio dei movimenti femministi. Non devo proprio nulla alle suffragette: mi sono guadagnata da sola ogni palmo di terreno nella mia avanzata verso le roccaforti maschili». Lo Stato limitato per cui si batteva non era uno Stato debole. Esso «ha molte funzioni che non potrebbero essere svolte dal settore privato».
Lo Stato «deve garantire la difesa da un aggressore. Deve dare una rete di sicurezza di sussidi per aiutare i più poveri. Deve preoccuparsi della salute e della sanità. E deve provvedere affinché l’educazione sia fornita a tutti i bambini di qualsiasi provenienza sociale essi siano. […] Ma lo Stato deve essere un servitore, non un padrone. Non ci devono essere tentazioni paternaliste. Il paternalismo è nemico della libertà e della responsabilità». In The Downing Street Years scrisse che «la società per me non era una scusa, ma una fonte di obblighi. […] Credo che gli individui siano […] responsabili delle loro azioni». Rari i politici che invocano la responsabilità del singolo. A dieci anni dalla scomparsa, mentre ovunque, in Europa, si invoca più Stato, manca una voce come quella di Margaret Thatcher che credeva che una società libera dovesse essere composta da individui responsabili.
Amedeo Gasparini