centro parlamento

YOUTREND-CATTANEO ZANETTO, SENZA CENTRO NON SI BALLA

16 Dicembre 2021

Il centro non esiste più da anni, ma senza centro non si vince né si governa. Il paradosso della politica italiana, polarizzata come non mai, mette in difficoltà i grandi partiti che dovranno decidere con quale legge elettorale votare. L’altro paradosso, questo storicamente radicato, è che quando tale scelta viene guidata dalla brama di penalizzare gli avversari, il risultato è sempre l’opposto. È la storia della Seconda Repubblica.

In questi giorni il dibattito politico è stato monopolizzato dai risultati della simulazione di YouTrend – Cattaneo Zanetto. L’esito è stato chiaro: chi pensava di poter fare a meno dei centristi, in tutte le loro sfumature, sbagliava di grosso. Prima di illustrare e analizzare i tre scenari che sono emersi dalla simulazione, è bene ricordare quale sia la cornice entro cui giocano i partiti.

Le modifiche costituzionali

Durante questa legislatura sono state fatte due modifiche costituzionali che assumono una rilevanza particolare.

In primo luogo, è stato approvato il taglio dei parlamentari. La conseguente diminuzione di 230 deputati e 115 senatori è stata quindi accompagnata a un ridisegno dei collegi elettorali, che saranno più estesi. Ammettendo che si voterà con il Rosatellum, di cui parleremo più avanti, alla Camera si passerà da 618 seggi a 392, al Senato, invece, da 309 a 196. Questo calcolo esclude gli eletti all’estero.

La seconda modifica, diversamente dalla precedente, è passata abbastanza in sordina. Dalle prossime elezioni politiche l’età minima per poter votare per il Senato sarà 18 anni e non più 25. Le due Camere avranno così la stessa base elettorale. Quindi, storica asimmetria nella composizione, che ha sempre caratterizzato il Senato come sede della caduta dei governi, verrà meno.

Il Rosatellum

Una delle tante promesse non mantenute dal PD in questa legislatura era stata quella di adeguare la legge elettorale alle nuove esigenze di un Parlamento ridotto numericamente. La discussione di una simile riforma, tuttavia, non è mai entrata nel vivo e a nessuno dei grandi partiti conviene passare a un proporzionale puro, centristi vari a parte. Vale la pena, pertanto, rivedere cosa prevedere il Rosatellum, utilizzato anche nella simulazione di YouTrend – Cattaneo Zanetto.

Il Rosatellum è un sistema elettorale misto. Il 37% dei seggi è assegnato con il sistema first pass the post (maggioritario a turno unico) in collegi uninominali, il 61% dei seggi è ripartito proporzionalmente in collegi plurinominali tra coalizioni e singole liste che abbiano superato la soglia di sbarramento al 3%. Inoltre, il 2% dei seggi è riservato agli elettori residenti all’estero con un sistema proporzionale che prevede le preferenze.

I partiti in coalizione presentano candidati unitari nei collegi uninominali. Più complicato il discorso in quelli plurinominali, si tratta di listini bloccati composti da un numero di candidati non inferiore a due e non superiore a quattro. Non è previsto il voto di preferenza nella parte proporzionale: gli eletti dipendono dall’ordine in cui i partiti inseriscono i loro nomi del listino, chiamato appunto bloccato. Nemmeno il voto disgiunto è praticabile. Questo significa che votare un candidato al collegio uninominale obbliga l’elettore a scegliere un partito della medesima coalizione nel plurinominale.

La simulazione di YouTrend – Cattaneo Zanetto

Poste queste condizioni, si possono vedere i tre scenari immaginati nella simulazione. Va ricordato che la maggioranza alla Camera dei Deputati sarà raggiunta con 201 voti, al Senato con 101. Nel conteggio YouTrend – Catteneo Zanetto escludono i 6 senatori a vita, che diventeranno 7 con Mattarella, e gli eletti all’estero.

Sinistra, centro esteso e sovranisti

La prima opzione vagliata è quella di un sistema tripolare. In questo caso la coalizione di sinistra includerebbe Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Sinistra Italiana, Articolo 1-MDP ed Europa Verde. I due partiti sovranisti, Lega e Fratelli d’Italia, si presenterebbero insieme. Il centro sarebbe composto da partiti provenienti da entrambi gli schieramenti, quindi Azione, Italia Viva, Più Europa, Coraggio Italia e Forza Italia. La Südtiroler Volkspartei è considerata esterna a tutte le coalizioni in ogni scenario.

In questo scenario nessuna coalizione avrebbe la maggioranza, anche se i giallorossi non andrebbero molto lontani. La sinistra eleggerebbe 194 deputati e 100 senatori, i sovranisti 153 deputati e 74 senatori, il centro allargato 42 deputati e 20 senatori, SVP 3 deputati e 2 senatori.

Sinistra, centro riformista e centrodestra

Anche nel secondo caso simulato, il sistema politico sarebbe tripolare. Rispetto al precedente, la coalizione di sinistra sarebbe la medesima, il centrodestra includerebbe anche Forza Italia e Coraggio Italia e il centro sarebbe costituito solo da partiti progressisti: Azione, Italia Viva e Più Europa.

In questo scenario la coalizione conservatrice avrebbe una risicata maggioranza, grazie a 202 deputati e 101 senatori. I giallorossi eleggerebbero 168 deputati e 84 senatori, i riformisti 19 deputati e 9 senatori, SVP 3 deputati e 2 senatori.

Unione 2.0 e centrodestra

La terza opzione contemplata, invece, è quello di un sistema bipolare. Il centrosinistra si presenterebbe con Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Sinistra Italiana, Articolo 1-MDP, Europa Verde, Azione, Italia Viva e Più Europa. Il centrodestra si presenterebbe nel suo schema classico, posti i diversi rapporti di forza, quindi con Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Coraggio Italia.

Questo scenario favorirebbe nettamente il campo largo progressista, che potrebbe governare grazie a 210 deputati e 107 senatori. Il centrodestra avrebbe 179 deputati e 87 senatori, mentre SVP i soliti 3 deputati e 2 senatori.

L’imprescindibilità del centro e le dirette conseguenze

Nonostante le pulsioni polarizzanti presenti in entrambi gli schieramenti, l’unica certezza emersa è che nessuno potrà ambire a vincere le elezioni senza includere le componenti centriste della coalizione. Di conseguenza sono proprio i centristi ad avere il coltello dalla parte del manico, potrebbero andare da soli anche solo per dimostrare la propria imprescindibilità ed entrare al governo da una rinnovata posizione di forza. Nonostante una legge elettorale che non premia il tripolarismo, ad ogni modo, saranno i centristi a decidere l’esito delle elezioni.

Modello tedesco o Seconda Repubblica?

In Germania è appena nato il primo governo Scholz, a cui appartengono SPD, Bündnis 90/Die Grünen e FDP. I tre partiti hanno fatto campagna elettorale da avversari, hanno raccolto consensi sulla base del proprio programma e, una volta accertata la necessità di fare un governo di coalizione, hanno stilato un programma comune per governare. Applicare un modello simile permette ai partiti di presentare agli elettori un’offerta politica definita e distinta, ma anche di trattare su punti specifici chiari agli elettori prima di formare un governo. In uno scenario simile sono i partiti più piccoli ad acquisire potere contrattuale.

L’alternativa è il modello dell’italianissima Seconda Repubblica: rigorosamente bipolare, caratterizzato da coalizioni molto ampie che hanno siglato accordi preelettorali. Questo modello valorizza i partiti più grandi, che finiscono per oscurare gli alleati minori che si limitano a portare acqua e qualche eletto che, probabilmente, finirebbe in fretta nel gruppo misto. In questo scenario è molto probabile che non ci siano sorprese in sede di formazione del governo, ma le esperienze del centrosinistra prodiano incombono e ricordano che tenere insieme partiti così eterogenei non è banale.

La sostanza è, tuttavia, che sono scelte molto diverse. Nel secondo caso si presuppone che i membri dell’alleanza condividano sin dal principio una visione comune del Paese. Nel primo, invece, si marcano le differenze ideologiche e programmatiche che sono solo il punto di partenza per decidere circa il governo in formazione. La differenza è enorme, solo un occhio inesperto può non coglierlo.

Lo stato dell’arte

L’elezione del Presidente della Repubblica, che avverrà nella seconda metà di gennaio, è un’incognita da non sottovalutare. Le possibilità di Silvio Berlusconi sono davvero minime, ma probabilmente sarà decisivo il modo in cui si arriverà alla votazione. Se il centrodestra non si dimostrasse compatto, e al momento non lo è, le conseguenze potrebbero essere imprevedibile. Nel caso in cui l’ex Cav salisse al Colle, invece, dovrebbe smettere di essere il capo di Forza Italia, causandone de facto la morte: a quel punto potrebbe accadere di tutto.

I punti interrogativi nel centrosinistra non sono minori. Letta dichiara di voler costruire un Ulivo 2.0, ma liberalriformisti e pentastellati non ne vogliono sapere di allearsi reciprocamente…almeno a parole. Il collegio di Primavalle, in cui si svolgeranno fra un mese le seconde suppletive della legislatura, doveva essere un banco di prova. È finita che Conte ha rifiutato la candidatura e il M5S non appoggerà nessuno, il PD ha candidato Cecilia D’Elia dell’ala sinistra del partito, Italia Viva ha scelto Valerio Casini e Azione ha rinunciato sia a candidare Valentina Grippo sia a sostenere un altro candidato. Più che un ulivo sembra Spelacchio.

A livello nazionale, tuttavia, il fermento non è poco. Azione e Più Europa condividono i gruppi parlamentari a Roma e Strasburgo. I Radicali Italiani si stanno progressivamente spostando a sinistra, come tutte le elezioni amministrative testimoniano. Italia Viva ha dichiarato di voler creare una federazione con Coraggio Italia, il partito di Toti e Brugnaro. Esso non ha una rappresentanza propria al Senato dove però c’è la componente IdeA-Cambiamo!-Europeisti, dove le prime due sigle indicano i vecchi partiti di Quagliariello e Toti. Gli europeisti sono un’aggiunta recente, targata 28 ottobre, e sono in gran parte gli stessi “responsabili” che avrebbero dovuto reggere il Conte ter. Nel frattempo sono nati Noi di Centro, il partito di Mastella che dialogherà con il PLE e tutti i partiti già citati, esclusa Azione, e Noi –  Nuovi orizzonti per l’Italia dell’ex ministra grillina Trenta.

Conclusione

Il centro sarà certamente decisivo alle prossime elezioni, ma è in un subbuglio tale da rendere impronosticabile qualsiasi scenario. Ciò che sembra tremendamente certo, tuttavia, è che, per quanto ci siano grandi margini di crescita, in quest’area politica ci siano più aspiranti leader che voti. È da rilevare, inoltre, che centrismo e riformismo sembrano essere categorie in crescita, seppur lieve, mentre continua a non essere presidiato l’elettorato liberale insoddisfatto dell’attuale.

Da Fabbraio in poi sono previste grandi manovre, chissà come il centro si rimetterà al centro della scena politica.

LASCIA UN COMMENTO

Your email address will not be published.

STRAPPARE LUNGO I BORDI – ZERO, DAJE FORTE

Virus e Spillover: Oltre la Covid