Hans Reniers/Unsplash

CHE FINE HA FATTO LA CULTURA SCIENTIFICA IN ITALIA?

5 Gennaio 2021

È iniziata la campagna di vaccinazioni, le domande sono tante ma la speranza c’è. Contemporaneamente sono spuntati ancora una volta i No-Vax. A partire da questo, sorge spontaneo ragionare di quella cultura scientifica che forse c’è, ma davvero non si vede.

“A volte ritornano”

È finalmente arrivato il vaccino! Una semplice quanto bella notizia divenuta realtà a partire dal 27 dicembre scorso con l’inizio della distribuzione e somministrazione dei primissimi vaccini. Una notizia che, seppur portando a galla nuovi interrogativi e problemi (quanto ci metteremo a vaccinare un numero consistente di persone? Perché il governo non ha ancora pubblicato un piano di vaccinazione dettagliato? Ma, soprattutto, l’esecutivo sarà in grado di affrontare una sfida tanto ardua?), non può non risultare positiva, far tirare un sospiro di sollievo e, magari, far intravedere una flebile luce di speranza alla fine di questo straziante tunnel. Dovrebbe essere così, No? Eppure una consistente fetta del dibattito pubblico si trova distratta dal ritorno impetuoso dei No-Vax.

Molti di noi non se ne sono meravigliati più di tanto; i No-Vax tornano ciclicamente a protestare contro il vaccino e la “Big Pharma” di turno (in questo caso Moderna e Pfizer), fare un po’ di rumore nel dibattito pubblico, cimentarsi in pseudo-battaglie per la salute e annegare nelle fallacie logiche. Nulla di nuovo sotto il sole. Tuttavia questa volta la situazione è diversa. È diversa perché si tratta di una circostanza senza precedenti: le persone sono spaventate e arrabbiate, tutti stiamo soffrendo diversi ma sempre profondi tipi di disagio, e, se la prima ondata è stata dura, la seconda ha messo definitivamente in ginocchio il Paese. Questi ed altri motivi sono la causa del perché il discorso vaccino-covid è molto più polarizzante del previsto. Evento fuori dal comune, dibattiti fuori dal comune.

Quel poco che c’è, quel tanto che manca

Questo articolo non vuole tanto trattare la questione vaccini -già largamente discussa- quanto piuttosto ragionare parallelamente e servirsi di questa per analizzare un problema fortemente sottaciuto: in Italia c’è pochissima cultura scientifica. E per cultura scientifica intendo l’accezione più generale, inclusiva e, per certi versi, blanda possibile. Osservando il dibattito pubblico -e non- si notano in maniera alquanto imbarazzante le infinite maniere in cui il Paese non solo ignori cosa sia la ricerca, il metodo o le fonti affidabili, ma anche cosa siano la logica e la matematica più elementare, e questo è molto grave. Questo annoso problema ha le sue radici, ovviamente, nell’Istruzione. Quel luogo, cioè, in cui si dovrebbero acquisire gli strumenti per orientarsi criticamente nel mondo. Il condizionale è d’obbligo poiché è fattuale che l’istruzione italiana sia un fallimento rispetto al resto dei Paesi industrializzati.

Gli istituti tecnici e professionali sono costantemente dimenticati e stigmatizzati a luoghi barbari nei quali, sostanzialmente, non si fa nulla. I licei, al contrario, vengono privilegiati e beatificati a culla della conoscenza, senza accorgersi che quella stessa conoscenza per la maggior parte umanistica, così astratta dal mondo, è totalmente inutile. L’istruzione italiana, attraverso le numerosissime ore di storia, lingue classiche, letterature varie ed eventuali, fornisce agli studenti nozioni e strumenti critici che perdono completamente di significato nel momento in cui i ragazzi non conoscono quel mondo in cui tali strumenti andrebbero applicati. Ovviamente con questo non sto dicendo che dovremmo essere tutti dei piccoli scienziati. Colui che sta scrivendo è il primo ad essere un fiero ed entusiasta studente di Filosofia. Tuttavia dobbiamo renderci conto che la conoscenza del mondo nel quale siamo immersi necessita sempre più di numeri e dati. E se, come credo, la scuola è il luogo nel quale si inizia a vivere nel mondo, allora, checché se ne dica, sarà sempre più importante conoscere la differenza tra hardware e software, piuttosto che imparare a memoria “Il cinque Maggio”.

Alla luce di ciò è difficile stupirsi della mancanza di cultura scientifica in Italia perché, banalmente, alle nostre istituzioni non interessa. Purtroppo, però, i problemi non finiscono qui.

Eppur si muove!

Non è un caso che per capire che è la Terra a ruotare intorno al Sole, e non il contrario, l’homo sapiens abbia impiegato quasi 200.000 anni (non me ne vorranno gli specialisti se semplifico ai fini di rendere chiaro il concetto). Guardando il cielo, d’altronde, vediamo il Sole ruotare da est a ovest, la Luna crescere splendente mentre le stelle dietro di lei rimangono immobili. Tutto ci porta istintivamente a pensare che l’universo intero stia ruotando attorno alla nostra bella Terra. Ed è proprio questo il punto: l’istinto caratterizza l’umano in un modo molto più profondo della razionalità.

Usare la ragione è complicato, richiede sforzi ed energie notevoli. Capire che il geocentrismo era sostanzialmente falso ha richiesto anni ed anni di calcoli, osservazioni, prove empiriche e studi di ogni tipo. La razionalità -e per estensione la scienza- è controintuitiva. È, e rimarrà sempre, più facile e comodo rifugiarsi nelle conclusioni che il nostro intuito ci suggerirà, specialmente in situazioni complicate e di paura. Forse a qualcuno sembrerà strano, ma rimaniamo tutti degli animali in fondo.

In sostanza il mondo è complesso, la scienza è complessa, le domande sono complesse e le risposte, nemmeno a parlarne, sono complesse anch’esse. Tutto è complesso, e allora che si fa da profani per capirne qualcosa? Perché, sia chiaro, il nostro intuito sarà anche confortevole e, chissà, alle volte potrebbe anche avere ragione, tuttavia sarà sempre la Terra a ruotare intorno al Sole.

Divulgare, divulgare e ancora divulgare

Proprio perché il mare della scienza è così vasto e complicato non si può pretendere conoscerlo tutto. E, anche per scoprirne una piccola parte, è sempre meglio essere accompagnati da chi quelle acque le solca da anni. C’è un universo infinito di divulgatori della scienza lì fuori, persone incredibili che raccontano il proprio ambito di studi con l’amore e la serietà di chi vuole davvero far appassionare gli altri alla bellezza del proprio lavoro. Dario Bressanini, Barbascura X, Spazi Attorcigliati, Random Physics, Polynerdia e tanti, tanti, ma davvero tanti altri. Il lavoro del divulgatore è a dir poco fondamentale. Riuscire a spiegare e comunicare in maniera efficace argomenti ostici richiede diverse abilità per nulla scontate, su tutte, una conoscenza profonda di ciò di cui si sta parlando. In un certo senso, la popolarità dei divulgatori tra i più giovani, permette di colmare alcune delle lacune che il sistema scolastico ha lasciato. Per questo c’è bisogno di raccontare il mondo (anche attraverso la scienza) sempre e continuamente!

Purtroppo la realtà non è tutta rosa e fiori. La divulgazione in Italia, seppur in una florida espansione, rimane un fenomeno di nicchia che sfiora soltanto i grandi mezzi di comunicazione. E, quando ci si affaccia sul dibattito pubblico che passa per i telegiornali e le prime pagine dei quotidiani nazionali, la confusione torna a regnare sovrana. Quello che ne emerge è un Paese tristemente ignorante, in cui questa ignoranza viene cavalcata dalla politica in primis.

Vi è poco da dire in realtà, è uno scenario desolante. La cosa più grave è certamente che svariati membri di quel governo che oggi si trova a dover affrontare la pandemia in passato sono stati convinti antivaccinisti e sostenitori di metodi di cura tutt’altro che scientifici. Tra questi non si salva il Premier Giuseppe Conte, al centro dello scandalo “Stamina”. Tristemente siamo un po’ tutti assuefatti a questo modo gretto di fare politica. Tant’è che l’avvocato del popolo è stato in grado di mentire spudoratamente sulle terapie intensive, in piena seconda ondata, giocando di fatto con la vita dei suoi cittadini. A pochi sembra essere importato.

È questione di fiducia, non di fede

Torniamo un’ultima volta alla questione vaccini con una domanda: cosa accade quando una fonte che consideriamo autorevole sbaglia? Questo può succedere, ed è successo. È il caso dei medici che si sono dichiarati contro i vaccini. Sono pochissimi, ma fanno molto rumore e sono un problema. Sono un problema principalmente perché instillano il dubbio in coloro i quali non hanno mezzi per verificare le fonti, in quelli che vedono -anche legittimamente- il medico come un’autorità. Ebbene, quello che la retorica può far sembrare un dibattito tra il medico libero Davide e la tirannica comunità scientifica Golia, semplicemente non è un dibattito. Non vi è nulla da dibattere quando l’efficacia del vaccino Pfizer è stata comprovata dall’FDA, dall’EMA, dall’AIFA e da tutta questa serie di enti che possono trarre beneficio solo -e sottolineo solo- da un vaccino funzionante.

È attraverso tutte le storture sopraelencate che le fila degli antivaccinisti si sono rimpinguate di centinaia di persone che, legittimamente, hanno dei dubbi sull’efficacia del vaccino, sul suo sviluppo in breve tempo, sulla sua efficacia et cetera. Queste persone -che non vanno confuse con i No-Vax ideologici- hanno paura e non vanno zittite solamente perché non sanno come avviene la ricerca scientifica. L’ignoranza non è una colpa, e chi pensa che lo sia, probabilmente, è ancora più ignorante dei No-Vax stessi. Queste persone, ripeto, non vanno insultate ma vanno rassicurate e aiutate a comprendere. A questo fine gli ottimi giornalisti de “Il Post” si sono già messi a lavoro: per eventuali dubbi sul vaccino e per sapere come funziona.

Per concludere, può risultare difficile accertare l’autorevolezza di una fonte, specialmente in un clima confuso e complesso come quello odierno in cui molte persone, per ignoranza o per malafede, dicono il falso. L’attendibilità, in queste questioni, ce l’ha sempre che supporta i propri ragionamenti con dati, logica e razionalità. Non serve avere fede, serve avere fiducia nella scienza e nel metodo che viene raffinato da 400 anni a questa parte. Abbiate fiducia nella ricerca, nella competenza e nello studio, perché solo questi possono portarci fuori da questa situazione.

4 Comments LASCIA UN COMMENTO

  1. Articolo ricco e stimolante. Rispetto alle molte cose condivisibili (a cominciare dall’impostazione pro-scienza) solo un paio di osservazioni molto brevi: 1) abbiamo creduto al geocentrismo non per istinto bensì perchè abbiamo creduto ai nostri sensi senza supporti tecnologici, poi il senso della vista ha guardato attraverso il telescopio di Galileo… 2) fede e fiducia li distinguo poco: anche credere nella scienza e nella razionalità è, a monte di tutto, un atto di fede. Che conviene fare, perchè aiuta a vivere. (per queste mie note ho fatto mente a Hannah Arendt (“Vita activa”) e K. Popper (“La società aperta e i suoi nemici”).

    • Ciao, Paolo. Grazie per aver letto l’articolo e per gli importanti spunti critici (tra l’altro citando due tra i miei filosofi preferiti!).
      Per quanto riguarda il primo punto, credo che ciò che dici possa essere facilmente integrato nel mio ragionamento. L’istinto -che rimane un elemento essenziale della ricerca scientifica- è strettamente collegato ai nostri sensi e, proprio come questi, purtroppo è fallace. Gli strumenti scientifici (che come ricordi “nascono” con Galileo) servivano in origine proprio a potenziare i nostri sensi e a sottoporre ad un vaglio critico le nostre intuizioni.
      Sul secondo punto concordo in parte, pur continuando a distinguere tra fede e fiducia. Io credo (per citare Odifreddi) che tutti coloro che si affidano alla scienza, a monte di tutto, compiano un atto di fede nel credere che esiste un ordine nella natura che ci permette di comprenderla tramite gli strumenti logici-matematici del pensiero. Tuttavia quando, per esempio, la comunità scientifica approva l’uso di un vaccino (attraverso studi che io non ho le competenze per verificare), il mio fare il vaccino diviene un atto di fiducia, non più di fede. Questo perché io non ho una fede cieca nella scienza -come potrei averla per un dogma ecclesiastico, per esempio- ma ho fiducia nel metodo che è stato perfezionato nei secoli, nella comunità di studiosi, nella loro competenza e conoscenza.
      Spero di essermi spiegato al meglio.

  2. Non serve avere fede, occorre avere fiducia… una fiducia che spesso viene a mancare, grazie a percorsi di vita personali, dove la burocrazia è la prima a far danno!
    Percorsi che portano di fronte a Medici che rispondendo in modo semplice e comprensibile non riescono a darti torto circa le scelte effettuate / effettuande…

LASCIA UN COMMENTO

Your email address will not be published.

LA MIA GENERAZIONE HA PERSO

DIECI ALBUM DEL 2020 ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE