European People's Party, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Il Presidente per antonomasia

14 Giugno 2023

È lunedì, comincia una nuova settimana: si studia e si lavora. Alle ore 10.30 circa il cellulare squilla, mi chiama inaspettatamente un amico: “è morto Berlusconi”.

Una notizia surreale: il Presidente poliedrico per antonomasia, il simbolo di un’era prima ancora dell’iconica scesa in campo del 1994. Un uomo che ha capito gli italiani e che li ha sedotti, ben oltre la politica. La sua fine è stata evocata in diverse occasioni: da 10 anni è stato sostanzialmente escluso dall’attività pubblica, ma senza perdere di importanza. La figura di Silvio Berlusconi vivrà a lungo ancora, ben oltre la presenza materiale.

Ha iniziato come venditore di immobili, conservando per sempre quello charme che lo distinse in politica, approcciando agli italiani interessati solamente del proprio benessere, privi ideali patriottici condivisi e aventi esclusivamente interessi individuali. Berlusconi, in tutti gli ambiti, ha raccontato sogni, spesso diventati realtà ma altrettante volte rimasti tali. Ha costruito quartieri, palazzi e aree pubbliche che lo lanciarono verso il successo, consacrandolo a “Cavaliere del lavoro” e permettendogli di approdare nel mondo televisivo abbattendo il monopolio della RAI.

Il suo marchio si afferma negli anni Ottanta: la televisione privata di Mediaset, con pubblicità e programmi H24 sono il trampolino di lancio per diversi personaggi dello spettacolo e icone della televisione italiana. Le telenovelas approdano sugli schermi delle case, insieme a nuovi cartoni animati e film stranieri. Siamo nel decennio della Milano da bere e degli yuppies, con i primi cinepanettoni di Massimo Boldi e Christian De Sica: il clima culturale è ben definito.

Il preambolo politico e il rapporto con Craxi

E la politica? anche in quest’ambito vi è un milanese emergente, comunicativamente distinto e intenzionato a riformare il suo partito: Bettino Craxi, segretario del PSI. Berlusconi lo conosceva bene, vi era amicizia tra i due; infatti, com’è di consuetudine per i businessmen, teneva contatti con il mondo della politica per tutelare i propri interessi. Attorno alla figura di Bettino Craxi si è creata una coltre di nostalgia politica: l’idea di un’Italia economicamente forte e rispettata all’estero. Un’idea ostentata da chi ha vissuto negli anni Ottanta la propria gioventù; quindi, parecchio romanticizzata e che si scontra con le conseguenze delle policies intraprese dai governi d’allora, tra cui quelli del leader socialista.

Il magnate edilizio a metà anni Settanta pose gli occhi su delle emittenti televisive locali, che in relativamente pochi anni si espansero a livello nazionale con nuovi canali ricchi di programmi. Vi fu un problema: la legge. Alcuni pretori, su segnalazione della RAI, imposero l’interruzione delle trasmissioni. Bettino Craxi era Presidente del Consiglio: l’uomo giusto, al posto giusto e nel momento giusto per Silvio Berlusconi. Il governo guidato dal leader socialista accorse il suo amico, ponendo una questione di fiducia su un decreto che permise la ripresa delle trasmissioni Mediaset.

Craxi fu un amico di garanzia per Berlusconi, tanto personale quanto di interesse. Il successivo declino del penta-partitismo travolgerà anche Craxi: gli albori degli anni Novanta sono il periodo di gestazione del nuovo sistema politico che segnerà il palcoscenico italiano per ben due decenni. Già l’allora Presidente della Repubblica Cossiga esortava a “picconare” l’architettura politico-istituzionale, mentre i consensi dei partiti storici calavano drasticamente e un pool di magistrati indagava sulla collusione tra classe dirigente e imprenditoria: la “Milano da bere” sta terminando, insieme alla Prima Repubblica.

La “gravidanza” e la nascita politica

Avviene una desertificazione partitica che lascia campo libero all’unica forza politica con legami antecedenti alla fine del penta-partitismo: i Democratici di Sinistra (ex Partito Comunista Italiano) che hanno rinnovato la propria immagine, abbandonando l’etichettatura primo-repubblicana e tralasciando il glossario comunista. La fiducia nelle istituzioni pubbliche è scemata e i “professionisti della politica” appaiono corrotti e disinteressati ad affrontare le esigenze degli italiani. Nel nord-Italia divampa il leghismo di Umberto Bossi contro la partitocrazia, il centralismo romano e la voragine della spesa pubblica. Bettino Craxi, l’uomo politico degli anni Ottanta, è latitante ad Hammamet e ha reso il PSI orfano di leadership.

Nel frattempo, Silvio Berlusconi è stato giornalisticamente incoronato “Sua emittenza” e guida il club A.C Milan verso un futuro calcistico di successi e notorietà. C’è un problema: il pressing lobbista non è più esercitabile, non esiste qualcuno che raccolga le sue richieste imprenditoriali. Il polo progressista non è un punto di riferimento, anzi potrebbe essere un problema. Il Cavaliere Berlusconi gode di successi in diversi ambiti, è ricchissimo e famoso: una carriera politica sarebbe superflua, se non dannosa.

L’idea dell’entrata in politica è caldeggiata per un paio d’anni, tra i consigli delle persone a lui vicine e le riflessioni sui rischi: le risorse e i mezzi non sono un problema, ma l’immagine e le ripercussioni sulle aziende non sono sottovalutabili. 1994, elezioni politiche anticipate: i Democratici di Sinistra sembrano pronti a percorrere un campo spianato verso Palazzo Chigi. Tutto cambia in una sera di gennaio, nello schermo di tutti i televisori d’Italia: l’imprenditore Silvio Berlusconi dà alla luce la “Seconda Repubblica”.

La seduzione

Un solo uomo, senza esperienze amministrative pubbliche, stravolge il quadro politico: le telecomunicazioni contribuiscono nettamente alle campagne elettorali.

Nasce Forza Italia, un “partito-azienda” distinto dall’organizzazione standard dei partiti classici. Silvio Berlusconi è un generale della trincea del lavoro: “si è fatto da solo” a differenza dei politicanti di carriera. Nel suo primo discorso politico c’è tutto: la volontà di rompere con il passato politico e di proseguire verso un nuovo “miracolo italiano” con il progetto di una “casa politica” per i moderati.

Il leader forzista avverte il malcontento che ha arricchito elettoralmente la Lega Lombarda di Bossi; quindi, stringe un’alleanza con il Senatùr. L’ascesa politica del Presidente Berlusconi è stata fisiologica, ben oltre la sua volontà, esternando la coscienza di un popolo senza un patriottismo di ideali, ma con interessi individualistici da preservare. “meno tasse”, “più pensioni”, “un milione di posti di lavoro”, slogan permanenti e riciclati, ma che andavano dritti al punto con una retorica spiccia e comprensibile a chiunque.

Silvio Berlusconi inaugura il populismo, in chiave televisiva-popolare, che si evolverà fino ai giorni nostri con i toni dei leoni da tastiera attratti trasversalmente da partiti post-ideologici. Numerosi italiani si sono rispecchiati e hanno bramato la sua figura: il suo fascino imprenditoriale ha conquistato i piccoli imprenditori, il suo know-how comunicativo ha fatto sperare nella rivoluzione liberale che non avvenne mai. Ha importato il concetto di “American dream” nell’iconico slogan “un miracolo italiano”, richiamando gli anni del boom economico, del progresso sociale ed economico con le immagini della Fiat 500 e del Vespa, insieme della musica di Sanremo e al cinema di Fellini, Leone e Pasolini. Ha solleticato i nostalgici di un’Italia potente, tradita da politici incuranti ed egoisti.

L’illusione

L’imprenditore Silvio Berlusconi è stato il liberale che ha sdoganato il monopolio statale televisivo e nelle proprie testate giornalistiche concesse la libertà agli autori. Il politico Silvio Berlusconi, al contrario del suo alter ego privato, ha perso l’occasione di elevarsi rispetto ai suoi avversari.

Ogni traccia del cosiddetto “liberalismo” scompare nelle opere di governo: è assente la correzione fiscale volta a ridurre l’esosa spesa pubblica, si assiste alle ennesime dissipazioni di denaro pubblico in Alitalia e manca la riforma federalista. È stato l’iniziatore del bipolarismo, capace di unire partiti avversi come la Lega Nord e Alleanza Nazionale per contrapporsi alle travagliate alleanze del centrosinistra. La storia di Forza Italia è confusa nella personalità del suo fondatore; infatti, le altre personalità di spicco del partito sono state una sua corte organizzativa.

È difficile concepire la leadership di un burocrate o di un politico di carriera, perché Forza Italia è stata l’estensione elettorale di Silvio Berlusconi, volta a rendere formale la sua popolarità attraverso gli eventi della politica. La sopravvivenza del partito nel post-Berlusconi non è scontata: ora la politica è in lutto, poi inizieranno ad aleggiare gli avvoltoi sulla carcassa di Forza Italia e i cambi di casacca arricchiranno Lega, Fratelli d’Italia e Italia Viva. Si è infranta la regola non scritta della temporaneità di ogni uomo politico: solo la morte ha messo fine alla parentesi politica di Berlusconi.

L’eterno italiano

“Vince la destra, ma potrebbe essere inutile”: così intitolò la prima pagina del quotidiano “la Voce”, di Indro Montanelli, il giorno dopo le elezioni del 1994.

Montanelli era una penna libera e non poteva essere ingabbiato da un editore stringente e per questo scrisse per diversi anni a “Il Giornale”, poiché il proprietario Berlusconi permetteva al direttore Montanelli di esprimersi liberamente.

Riconobbe il coraggio e l’entusiasmo del Cavaliere nel campo aziendale, che però non poteva rispecchiarsi in politica. Il giornalista contestò il metodo padronale con il quale Silvio Berlusconi intendeva governare, poiché incompatibile con la burocrazia e il parlamentarismo.

Indro Montanelli intuì come i grandi interessi personali del Presidente sarebbero entrati in collisione con gli interessi di una comunità, già influenzata dai primi: l’edilizia, televisione e il calcio. Il successo berlusconiano privato è solido in tutti gli ambiti e sopravviverà all’uomo: considerato tuttora “il Presidente” da parte dei milanisti, sebbene non abbia più ricoperto l’incarico dal 2017, e nonostante la revoca, venne considerato “il Cavaliere” per il suo impatto imprenditoriale e sociale.

Mentre il concreto operato di governo potrebbe indistinguibilmente omogeneizzarsi al declino sociale-economico del paese attuato da altri politici. Altro discorso, invece, nella regia del quadro politico: è stato l’importatore del modello statunitense nelle campagne elettorali, il padre della Seconda Repubblica e il centro gravitazionale ventennale nell’opinione pubblica.

L’Italia è temporalmente divisa nell’ante-Berlusconi, ovvero prima della metà degli Ottanta e nel post-Berlusconi, dal 2018 circa con la perdita della leadership del centrodestra. È difficile parlare di lui al passato, sarà discusso come sempre e unico per tutti: ha compreso gli italiani ed è stato fatto bramare da molti, circondato dalla coltre miracolistica che gli fu attribuita.

Berlusconi trascende dalla persona: è la fisiologia del popolo italiano.

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