Franco Bechis, i morti di Covid e l’importanza dei dati

27 Ottobre 2021

Nella giornata di Giovedì 21 Ottobre ha fatto scalpore il rapporto sui decessi dell’Istituto Superiore di Sanità. Infatti in un editoriale infuocato, più volte ripreso da No-Vax e No-Green Pass, il Direttore del Tempo Franco Bechis sventola un presunto «pasticcio» dell’ISS.

L’organo guidato da Silvio Brusaferro avrebbe la colpa di aver taciuto sulle cause dei decessi avvenuti nel corso della pandemia: le morti sarebbero avvenute in realtà non a causa del virus ma a causa delle molteplici condizioni pregresse dei degenti.

Morti di tutto non di Covid: FALSO!

Inutile dirlo, l’articolo è pieno di inesattezze, letture mistificanti dei dati e idee strampalate che non hanno nessuna giustificazione matematica.

Come dice il Post, partiamo dal numero usato come bandierina anche da molti manifestanti: 3783. Questo sarebbe, secondo Bechis, il numero totale dei morti di Covid-19 da inizio pandemia.

Troppo pochi per giustificare, secondo Bechis, le varie misure restrittive messe in campo negli ultimi tempi. Questo dato già soffre di più vizi: è un dato assoluto, frutto di un calcolo sommario (la percentuale di decessi senza condizioni pregresse rispetto ai contagi di un piccolo campione moltiplicata per il numero totale di contagi) e che si basa sull’ipotesi errata che i decessi con patologie pregresse non siano morti da Covid-19.

Quest’ultima affermazione, ripetuta a più riprese nell’articolo, è falsa. Facendo due conti su dati Istat e confrontandoli con i dati ISS, si può vedere come i diabetici che muoiono di Covid-19 abbiano un’aspettativa di vita molto inferiore (13 anni) rispetto a chi non lo ha contratto, mentre per i malati di tumore l’aspettativa di vita si abbassa di sei anni.

Se vi interessa capire ulteriormente perché Franco Bechis ha commesso un «gran pasticcio» potete consultare un dettagliato debunking punto per punto di David Puente su Open, oltre che la risposta di Ettore Meccia (ISS) su Valigia Blu.

Per quanto riguarda invece le argomentazioni del direttore sulla “salvezza delle fiale“, non mi resta che rimandarvi all’eccellente articolo di Marco Pregnolato.

Houston, we have a problem: la comprensione del dato

Ma quindi se ognuno può farne quello che vuole di questi dati e dei numeri, e nella postmodernità proprio nei numeri trovavamo l’ultimo baluardo di un’oggettività che non sembra più esistere, a cosa mai potremo fare più appello per conoscere la realtà? Siamo condannati ad un perenne ed inconcludente relativismo?

Per fortuna e purtroppo il problema non risiede nell’intrinseca natura dei dati, quanto piuttosto nell’uso e nella lettura che se ne fa. Spesso manipoliamo correttamente i dati con gli strumenti matematico-statistici adeguati, ma combiniamo guai quando i dati li facciamo parlare.

Un esempio comico – ma altamente eloquente – di elaborazioni corrette e letture fuorvianti è quello di un articolo comparso su Nature dal titolo «A new parameter for sex education», ovvero Un nuovo parametro per l’educazione sessuale.

L’autore, il chimico Helmut Sies, nota una correlazione temporale tra il numero di cicogne che covano e di neonati che nascono nella Germania dell’Ovest tra il 1965 ed il 1980. La tentazione di aggiungere una certa narrazione a questa correlazione (allora devono essere proprio le cicogne a portare i bambini!) è contrastata dall’esperienza di molti esseri umani, nonostante i più piccoli preferiscano optare per questa tesi.

Crunch the numbers.

Di questi tempi siamo abituati a considerare il dato come cosa sacra ed inviolabile: del resto Instagram ci mostra esattamente i contenuti che sono perfetti per noi, Amazon ci propone offerte architettate per le nostre esigenze e addirittura Tinder trova il nostro perfetto match made in cloud.

Ma è proprio per questa patina di oggettività e scientificità che il numero, in virtù di una forza che sembra arrivare non dall’intelletto umano ma direttamente dalla natura (la golden ratio, la serie di Fibonacci, il pi greco, il numero di Nepero, ecc.), diventa il candidato perfetto per abbindolare lettrici e lettori poco informati.

Nautilus. Pixabay @ Pexels, CC0.

Da (sedicente) Data Scientist, ma anche come semplice cittadino, ritengo che l’uso consapevole di strumenti statistico-matematici, anche tra i più basilari, non sia utile solo per accedere all’informazione. Credo che questi strumenti siano fondamentali per un esercizio corretto delle proprie prerogative di cittadini di una democrazia liberale.

In questo processo i media hanno la responsabilità di educare le lettrici ed i lettori ad una lettura non tendenziosa della realtà, e ad usare i dati per discutere, avvalorare tesi, esplorare futuri possibili, invece di strizzare l’occhio a teorie che non hanno nessun fondamento ed inquinare il dibattito pubblico.


È di fronte ad episodi come questi che bisogna, quindi, farsi trovare con il giusto armamentario per poter leggere ed intepretare informazioni in maniera critica. Perché solo esercitando l’arte dello scetticismo riusciremo a non farci fregare in questo mondo guidato dai dati: che si tratti di quando andiamo a fare la spesa, come di quando leggiamo un quotidiano per informarci.

A tal fine vi propongo due letture a mio parere molto interessanti:

Calling Bullshit

Carl T. Bergstrom, Jevin D. West // Penguin Random House (2021)

Bergstrom e West in Calling Bullshit (letteralmente “sparare cazzate“) hanno preparato una guida dettagliata per difendersi contro dati cattivi e fake news, ovvero cazzate del terzo millennio.

Non bisogna essere esperti per riuscire a scovare le bullshits: preparatevi ad aguzzare l’occhio e riconoscere chi vi vuole fregare, o chi usa i numeri come specchietti per le allodole. Una divertente rassegna di casi studio, esempi e aneddoti che vi faranno cambiare prospettiva.

Ti spiego il dato

Donata Columbro // Quinto Quarto (2021)

La matematica è importante, ma non basta: per comprendere veramente la realtà non basta leggere i dati. La situazione è più complessa, ma non per questo meno affascinante!

La cofondatrice di Dataninja ci accompagna per mano, assieme alle illustrazioni di Agnese Pagliarini, nel mondo dei dati: una lente di ingrandimento per leggere fra le righe delle notizie che si gonfiano di numeri e informazioni, specialmente in un’epoca in cui statistiche, report e visualizzazioni contano più che mai.

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