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IL VALORE DELLA SCUOLA

7 Ottobre 2020

Tre maestre hanno scritto una lettera al presidente Conte e alla ministra Azzolina per ribadire l’importanza della scuola e dell’istruzione, soprattutto quella in presenza. Cosa non ha funzionato del “metodo italiano” e come possiamo rimediare? Cosa possiamo imparare dai nostri vicini europei? Ma soprattutto, come possiamo spendere i soldi europei per rilanciare davvero la scuola?

Carissima dott.ssa Azzolina, Egregio Presidente Conte, stimati colleghi, rileggevamo “con nostalgia” la lettera benaugurale, colma di complimenti ed esortazioni rivolte a tutto il personale scolastico, inviataci il 31 Agosto da parte del Miur in occasione dell’allora imminente ripartenza delle lezioni: lodevole l’uso dell’ortografia, nessuno strafalcione semantico, addirittura commovente qualche passaggio; complessivamente un buon esercizio di stile. Ci sentiamo solo oggi di rispondere al mittente perché l’energia che avevamo in corpo è stata impiegata per ingoiare gli ennesimi bocconi amari contenuti nelle circolari ministeriali emanate durante l’estate (che peraltro, è bene ricordarlo, non compaiono a tutt’oggi né nel nostro CCNL, né in nessuna legge varata da questo parlamento). Siamo ancora qui. Tre maestre, tra le tante, che durante gli ultimi sei mesi non hanno mai smesso di pensare alla riapertura della Scuola. A più riprese, dal mese di Marzo ad oggi, abbiamo affidato alle Istituzioni, alla Stampa locale e a quella nazionale le nostre preoccupazioni, le nostre amarezze, le nostre urgenze professionali, ma risposte serie non ne sono mai arrivate: è stato, al contrario, un susseguirsi di frasi ad effetto, dal sapore propagandistico, quali: “La scuola riaprirà a settembre e in sicurezza, è una priorità assoluta”, oppure “Abbiamo regole chiare, tra le più rigorose in Europa”.Per avere la conferma di ciò che sospettavamo, ovvero che di soluzioni CONCRETE non ne son state trovate, è stato sufficiente fare un primo sopralluogo di pochi minuti nelle nostre scuole, dove tutto è rimasto come lo avevamo lasciato … Anzi no: Non ci sono più armadi, cassettiere, in alcuni casi è sparita persino la cattedra: sono davvero riusciti ad “allargare le aule” per far sì che contenessero gli stessi alunni di prima, se non di più. L’ urgenza di reperire nuovi spazi è stata risolta col sudore di collaboratori scolastici e operai comunali che hanno dovuto obbedire agli ordini, testa china e squadretta in mano, complici (sulla carta) le pseudo-distanze di sicurezza tra le nostre bocche. Presidi, bidelli e insegnanti che, per merito dell’Autonomia (l.59/97) tanto amata anche alla Dott.ssa Azzolina, si son potuti improvvisare falegnami, fabbri e manovali per adeguare ambienti che adeguati non erano nemmeno prima di questa pandemia.E così possiamo ritornare in quegli stessi ambienti a studiare, respirare ed emettere goccioline in tutta tranquillità poiché ci siamo attenuti alla normativa anti-covid: pazienza se i pollai sono rimasti tali in barba alle promesse, ma soprattutto in barba alla qualità dell’istruzione dei vostri/nostri figli; pazienza se miliardi fumanti son stati spesi in rotelle di banchi e monopattini, anziché per il loro futuro. Ci sentiamo, noi insegnanti, collaboratori, genitori, orfani di uno Stato che quasi quotidianamente lancia messaggi rassicuranti, ma pare, di fatto, aver abdicato al ruolo per cui esso ha avuto origine agli albori della civiltà: la tutela dei suoi “figli”.In questo clima d’incertezza e di istanze di cambiamento nuovamente disattese, si percepisce un sentimento comune: quello di dover lottare (consapevolmente) contro i mulini a vento o, peggio, quello di rassegnarsi ad esser “condotti al macello”. È proprio questo, attenzione, colleghi e genitori, che non deve accadere: non smettiamo di credere nel valore della cultura, nel diritto inalienabile al sapere.
Dobbiamo continuare, per usare un’espressione a noi cara, a “sollevare la mano”, con la ferma volontà di non arrenderci, per reclamare condizioni più sicure affinchè alunni, docenti, personale ATA – possano lavorare, apprendere, crescere con maggior serenità e profitto A SCUOLA (solo ed esclusivamente IN  PRESENZA); perché non sarà una seconda – o terza – ondata di Sars-Cov2 a tenere sotto scacco gli esseri umani, bensì l’onda ben più travolgente dell’ignoranza.

Vorremmo concludere sottoponendo nuovamente all’ attenzione dei lettori la petizione dal titolo “SCUOLA SICURA PER TUTTI”, che avevamo lanciato nel mese di Aprile. La riproponiamo ancora oggi, a fine Settembre 2020, poiché è risultato evidente che nulla è stato fatto per risanare le ventennali ferite della scuola pubblica italiana, nemmeno sotto l’urgenza dettata da questa pandemia. Per chi volesse leggerne il testo, il link è il seguente  http://chng.it/xXbHMsBs

Grazie. Torpè, Borore, Siniscola;

24/09/2020                        

Giovanna Magrini, Daniela Marras, Lourdes Ledda, maestre.

Ad AlterThink è stata recapitata una lettera di tre maestre, Giovanna, Daniela e Lourdes, che tocca molti punti del dibattito di questi giorni sulla scuola e sulla ripartenza delle lezioni in presenza che dall’8 marzo 2020 si erano interrotte per cause di forza maggiore e dunque l’insegnamento è passato in modalità DaD (Didattica a Distanza). Non è stato un periodo facile quello che è andato da inizio quarantena alla fine dell’anno scolastico: la Didattica a Distanza ha funzionato ma il contatto tra studenti e tra professori è inevitabilmente venuto a mancare. Ora che il lockdown è terminato e si va verso un rapporto di “convivenza” con il virus, le scuole hanno giustamente riaperto; purtroppo però non sono mancati i problemi: da aule in cui sono mancati i banchi, a classi barbaramente divise in due tra didattica in presenza e DaD (una modalità non facile, parlo per esperienza personale).

Come non dimenticare poi la querelle sui famigerati banchi a rotelle, sulla qualità delle mascherine presenti nelle scuole (due responsabilità del commissario Arcuri, il cui operato rimane discutibile) e sulle classi pollaio che, nonostante le buone intenzioni della ministra, continuano ad esistere. Possiamo dirlo con chiarezza ora che sono passate circa tre settimane dall’apertura delle scuole: il modello italiano non funziona. Siccome sarebbe troppo facile scaricare le colpe a qualcuno, che sia lo stato, le regioni o i presidi, tutto ciò che possiamo fare è individuare in cosa possiamo migliorare e soprattutto, come valorizzare la scuola veramente, anche grazie all’opportunità del Recovery Fund.

Il tema forse più importante quando si parla di scuola è sicuramente l’edilizia scolastica: non si viene di certo invogliati a studiare in un ambiente che cade a pezzi, e poi non si può certo trascorrere gran parte della giornata in luoghi pericolanti, e questo problema purtroppo è endemico nel meridione, dove lo stato degli edifici risulta tra i peggiori in Europa. O ancora il tema della connessione internet, ora più che mai fondamentale, incorporare l’inglese fin da subito nella didattica e realizzare un’educazione civica fatta seriamente, con una spiegazione approfondita della costituzione, dei diritti e dei doveri e di un senso di orgoglio nazionale che vada al di là di tifare l’Italia ai mondiali; rivedere l’anno scolastico e “spalmarlo” lungo tutto l’anno solare (come già fanno in Francia e Germania), eliminando quei 3 mesi di vacanza apprezzati da molti ma altrettanto odiati e così via.

La lettera infine insiste molto sul valore della cultura, che specialmente nel nostro paese è di fondamentale importanza. E nonostante in questi mesi diversi libri di saggistica parlassero di una possibilità di un “nuovo Rinascimento”, non possiamo non notare che quell’epoca di benessere ebbe origine proprio a partire dalla rinnovata passione per la cultura. E sarà questa la sfida che si dovrà portare avanti, per far capire il valore della scuola.

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