Julio Andrés Camargo Loaiza/Flickr

LA BATTAGLIA DEI SYSTEM OF A DOWN PER IL POPOLO ARMENO

26 Aprile 2021

«Di tutte le notti in cui sono stato sul palco, ce n’è una che non dimenticherò mai». Inizia con queste parole una lunga intervista a Serj Tankian, frontman dei System of a Down, uscita sul Guardian un mese fa. I SOAD sono uno dei gruppi più iconici da quando il loro primo album omonimo uscì nel 1998. Famosi per brani come “Lonely Day”, “B.Y.O.B”, “Chop Suey” e “Toxicity” (i cui video su YouTube hanno totalizzato più di due miliardi di visualizzazioni), e stimati non solo per la loro popolarità ma anche per il loro Alternative/Nu Metal che ha saputo da sempre coniugare orecchiabilità, sperimentazione, autenticità e qualità.

Per chi non li conoscesse l’ascolto dei brani sopra citati e di altri loro “masterpieces” quali “Forest”, “Spiders”, “Aerials”, “Lost in Hollywood” e “Radio/Video”, se possibile anche nelle loro versioni live (sono dei tipini mica male!) può sicuramente aiutare a inquadrarli.

Diceva Serj, c’è un concerto che non dimenticherà mai. Il 23 aprile 2015, i SOAD hanno suonato per due ore e mezza in Piazza della Repubblica, nel cuore della capitale armena Erevan. Non fu indimenticabile per un numero particolarmente elevato di spettatori: in altre occasioni, quali numerosi festival di fama mondiale, i SOAD si sono esibiti davanti a centinaia di migliaia di persone. Per una band interamente formata da artisti di origine armena, formatasi nella comunità della Little Armenia a Los Angeles nel 1994, quella notte fu indimenticabile per altri motivi: furono invitati a esibirsi nel loro paese, per la prima volta, in occasione del centenario dei tragici eventi che oggi riconosciamo come genocidio degli armeni. Con quel concerto i SOAD chiudevano il loro tour europeo “Wake Up The Souls”, nato per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale proprio sulla questione armena.

Per Tankian, il cui schietto attivismo politico ha da sempre animato la scrittura, cercare il riconoscimento internazionale del genocidio armeno è stata una campagna permanente e personale.

“Grazie al presidente Joe Biden per aver riconosciuto #ArmenianGenocide”, ha postato Tankian sul suo profilo Instagram. In occasione della 106esima commemorazione del Giorno della Memoria del genocidio armeno, infatti, Joe Biden è diventato il primo presidente degli Stati Uniti in carica a riconoscere ufficialmente la deportazione sistematica e il massacro della popolazione armena da parte dell’Impero Ottomano durante la Prima guerra mondiale.

Sul palco, quella notte a Erevan, Tankian raccontò la storia di suo nonno Stepan Haytayan, che aveva solo cinque anni quando vide suo padre assassinato, prima di rivolgere la sua ira contro l’allora presidente dell’Armenia, Serzh Sargsyan. “Abbiamo fatto molta strada, Armenia, ma c’è ancora molto lavoro da fare”, disse al pubblico, prima di denunciare l’amministrazione Sargsyan e chiedere l’introduzione di una “società civile egualitaria”.

Il regime di Sargsyan sarebbe stato rovesciato tre anni dopo da una rivoluzione pacifica guidata dall’ex giornalista Nikol Pashinyan. E fu in quella notte, in Piazza della Repubblica, che venne piantato il seme della rivoluzione nella mente di Pashinyan. “Ero in mezzo alla folla nel 2015 e ho pensato: se puoi portare qui 50.000 persone, dovremmo essere in grado di riunire abbastanza persone per cambiare il destino di questo paese”.

Pashinyan ha poi visto la sua amministrazione entrare in crisi dopo la ripresa del conflitto nel Nagorno-Karabakh. Fu proprio in occasione della peggior escalation dalla guerra dei quattro giorni scoppiata nella primavera del 2016 che lo scorso novembre, con i combattimenti ancora in corso, i SOAD hanno rilasciato, dopo 15 anni, due nuovi singoli per aumentare la sensibilità internazionale sul conflitto: “Protect the Land” e “Genocidal Humanoidz”. “Probabilmente siamo l’unica rock band che ha dei governi come nemici, l’unica rock band che è in guerra. Siamo tornati per sostenere il morale degli armeni in tutto il mondo”, disse Daron Malakian per presentare alla stampa internazionale i due nuovi brani. Come anticipato, la band ha una lunga tradizione nel mettere a verbale la propria politica.

Il secondo album della band, “Toxicity”, andato direttamente al numero 1 delle classifiche di Billboard nel 2001, uscì sette giorni prima dell’11 settembre.

Il 13 settembre dello stesso anno Tankian pubblicò un saggio sul sito web della band intitolato “Understanding Oil”, che lui stesso definì “un’analisi sobria del fallimento della politica estera americana nel tenere a freno l’estremismo”. L’etichetta della band, Sony, non propriamente d’accordo, accusò la band di aver tentato di giustificare il terrorismo.

In “Truth to Power”, un documentario sul suo attivismo, Tankian afferma che durante il tour degli album “Mezmerize” e “Hypnotize”, nel 2005, gli fu comunicato “da una fonte molto affidabile che potrebbero esserci fonti di intelligence turche che mi osservano per assassinarmi”.

Ma è senza dubbio la questione armena il filo rosso della discografia della band e della scrittura di Tankian. Hanno chiuso il loro album di debutto del 1998 con il brano PLUCK (“Politically Lying, Unholy, Cowardly Killers”), un esplicito appello al “riconoscimento, restauro [e] riparazione”, sempre in relazione al genocidio del 1915. Una delle canzoni più significative e potenti, a detta dello stesso Tankian, è invece “Holy Mountains”.

Can you feel their haunting presence?
Can you feel their haunting presence?
Liar!
Killer!
Demon!
Back to the River Aras

Someone's blank stare deemed it warfare
Liar!
Killer!
Demon!
Back to the River Aras

Freedom
Freedom
We're free
We're free

Can you hear the Holy Mountains?
Liar!
Killer!
Demon!
Back to the River Aras

Il fiume Aras, che scorre alle pendici del monte Ararat, segna il confine tra Turchia, Armenia, Iran e Azerbaigian, quindi dell’Artsakh, o Nagorno-Karabakh. La Montagna Sacra a cui Tankian si riferisce è il Monte Ararat: emblema per secoli della nazione armena, considerato sacro dalla tradizione popolare e oggetto di tantissimi poemi e dipinti di artisti armeni, è oggi il monte più alto della Turchia, massimo simbolo del processo di “de-armenizzazione”.

Can you see us?

Beating the devil
We never run from the devil
We never summon the devil
We never hide from the devil
Persecution ends now

Guess who’s coming over to dinner?
The genocidal humanoids

Teaching warfare to their children
The bastards that will be destroyed

Guess who’s coming over to dinner?
The genocidal humanoids

da “Genocidal Humanoidz”, uno dei sue singoli rilasciati lo scorso anno

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