/

LA CINA DA MAO A DENG PASSANDO PER MASSIMO D’ALEMA

Nel 2021 ricorre il centenario della fondazione del Partito Comunista Cinese. Creatura concepita durante le dimostrazioni antimperialiste studentesche del 4 maggio 1919 a Pechino e venuta al mondo a Shangai dopo un periodo di gestazione di circa due anni. Tra i membri del partito che si rifaceva al marxismo-leninismo vi era uno sconosciuto assistente bibliotecario di nome Mao Tse-tung. La figura di Mao acquisì nel tempo un ruolo sempre più rilevante all’interno del partito fino all’istituzione della Repubblica popolare cinese il 1° ottobre 1949 sotto il suo comando, dopo la cacciata dei rivali nazionalisti di Chiang Kai-shek sulla penisola di Taiwan.

Come detto, quest’anno ricorre il centenario della fondazione del PCC e la portavoce del ministro degli esteri cinese ha colto l’occasione per rilanciare, su Twitter, un’intervista rilasciata dall’ex Presidente del Consiglio italiano Massimo D’Alema. Uomo allevato a pane e comunismo. Comunismo italiano. Tutta un’altra faccenda rispetto al comunismo cinese. Dicevo, nell’intervista D’Alema si lascia andare ad un elogio fallace del Partito Comunista Cinese, definito come il protagonista dello “straordinario salto verso la modernità e il progresso” cinese e “dell’uscita di 800 milioni di persone dalla povertà”.

Le parole di D’Alema, importantissime per la propaganda interna del regime cinese, non trovano tuttavia corrispondenza storica. O perlomeno l’ex presidente italiano avrebbe dovuto articolare l’elogio in un contesto discorsivo più ampio che tenesse conto dell’evoluzione del partito cinese. Ma, a non voler pensare male, che poi si fa peccato, pensiamo che si sia trattato di una svista del Lider Maximo. Infatti, se è vero che la Cina guidata dal Partito comunista ha elevato le condizioni economiche di centinaia di milioni di cinesi, soprattutto delle popolazioni delle campagne, il merito di questo fatto storico va attribuito alla Cina di Deng Xiaoping. Altro che Mao.

Se vogliamo essere ancora più precisi, il riformismo di Deng è intervenuto a mettere una grossa toppa ai danni causati dal Grande balzo in avanti di fine anni ’50, progetto di punta della visione maoista. Nelle intenzioni, il progetto avrebbe accompagnato la Cina verso la modernizzazione economica, migliorando conseguentemente le condizioni economiche della sua popolazione. Il grande balzo avvenne, questo è innegabile, come è innegabile che la Cina atterrò a piè pari nella carestia. Fonti ufficiali e non, certificano la morte di decine di milioni di cinesi, causata dal cortocircuito tra intenzioni teoriche e applicazioni pratiche del piano.

Se si scende ancor più nello specifico, la situazione cinese appare più chiara. Ad esempio, la curva del PIL, dagli anni ’60 fino a metà anni ’80 è praticamente piatta, per poi crescere da questo periodo in avanti a ritmi impressionanti. Discorso analogo può essere fatto per il PIL pro capite del gigante cinese, che balza dai 451 dollari del 1960 ai 4,280 dollari del 1990, per poi arrestare la sua corsa agli 11,400 dollari del 2019. Un simile miglioramento lo si può apprezzare relativamente ad altri indicatori che certificano lo sviluppo e il benessere di una nazione. La speranza di vita, ad esempio, passa dai 43 anni del 1960 a 69 anni dei primi anni ’90, mentre il tasso di mortalità sotto i 5 anni crolla dal 123% di fine anni ’60 al 48% del 1990. Il tasso di alfabetizzazione, poi, aumenta dal 46% circa degli anni ’60 all’82% di inizio metà anni ’90. Anche se vi è da sottolineare che le basi per questa crescita furono poste dal sistema scolastico gratuito istituito da Mao.

Il passaggio da un’economia pianificata e sostanzialmente autarchica dell’epoca di Mao a un’economia socialista di mercato con l’avvento al potere di Deng Xiaoping è cruciale per la Cina. Le Quattro modernizzazioni volute da quest’ultimo (agricoltura, scienza e tecnologia, industria e difesa nazionale) rappresentarono il punto di partenza per l’ascesa della Cina a potenza mondiale, capace di insidiare il primato statunitense. Ad esempio, la costituzione delle Zone Economiche Speciali nelle coste meridionali consentì l’afflusso di capitali e tecnologie estere fondamentali per lo sviluppo dell’industria manifatturiera e leggera, settore strategico per lo sviluppo economico cinese. Non meno importante fu la controriforma agricola, con i contadini ora autorizzati a vendere i raccolti eccedenti il fabbisogno familiare nel libero mercato o l’incoraggiamento ad avviare piccole attività imprenditoriali.

Il percorso di crescita e sviluppo inaugurato da Deng è proseguito negli anni ’90 e i primi venti del nuovo millennio con Jiang Zemin, Hu Jintao e Ping, ehm scusate, Xi Jinping. Se da un lato la Cina è ancora governata dal Partito Comunista, dall’altro lato, per obbligo di verità, è necessario operare alcuni distinguo. Il Partito Comunista Cinese attuale ha poco da spartire con quello di Mao Tse-tung. La Cina di Mao, come suesposto, basava la sua visione economica sulla pianificazione dell’economia e le relazioni internazionali erano limitate alle nazioni del blocco comunista. Oggi, invece, la Cina ha relazioni con tutti i paesi del mondo e l’apertura al commercio estero ha reso possibile il miracolo cinese.

Contrariamente a quanto affermato da D’Alema, dunque, la Cina, da paese del Terzo mondo è maturata a paese sviluppato nel momento in cui i politici cinesi hanno sconfessato la politica del “Grande Timoniere”. Tuttavia, in un contesto come quello italiano, i cui cittadini conoscono a mala pena la storia del proprio paese, risulta agevole spararle grosse sui fatti storici degli altri paesi senza grosse conseguenze.

I dati e gli spunti per la stesura di questo articolo sono stati presi dalla World Bank, e dai libri di Samarani G., La Cina del Novecento, Einaudi 2008 e di Mitter R., La Cina moderna, Mondadori, 2009.

LASCIA UN COMMENTO

Your email address will not be published.

CONTRO IL FETICISMO DEL DOLORE

LA SFIDA DELLE REGIONALI IN FRANCIA