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LA SFIDA DELLE REGIONALI IN FRANCIA

23 Giugno 2021

Il 20 e il 27 giugno i francesi saranno chiamati alle urne per eleggere i presidenti regionali. Tra l’effetto COVID che aiuta gli uscenti e la destra all’attacco per espugnare una regione, non è da escludere che queste consultazioni avranno delle conseguenze anche a livello nazionale.

Dopo che anche quest’anno il virus ha rimandato le consultazioni elettorali in quasi tutti i paesi del mondo, l’estate diventa la prima occasione per recuperare le elezioni perse. Succede anche in Francia, dove il 20 giugno si è celebrato il primo turno delle votazioni per eleggere i presidenti delle 17 regioni francesi. 

La campagna elettorale, passata inizialmente un po’ in sordina a causa del repentino cambio di misure da parte del governo centrale (da poco è stato abolito il coprifuoco), è tornata prepotentemente al centro del dibattito politico con la visita del presidente Macron in alcune regioni, come quella di Hauts-De-France, dove il presidente Xavier Bertrand sembra essere in pole position come candidato del partito di centrodestra Les Républicains alle presidenziali del prossimo anno, e con le candidature nelle liste di En Marche, il movimento centrista dell’inquilino dell’Eliseo, di alcuni ministri del governo Castex, come il contestato guardasigilli Eric Dupond-Moretti. 

Il sistema elettorale

Analizziamo il sistema elettorale di queste elezioni: al primo turno si votano delle liste bloccate, e solo quelle che raggiungono almeno il 10% possono competere nel secondo turno. Molto spesso però al secondo turno si assiste al fenomeno di apparentamento delle liste per evitare la vittoria di un candidato: prendendo un caso specifico, possiamo ricordare le scorse comunali di Parigi, dove i Verdi sono andati molto bene, prendendo quasi l’11%, ma per scongiurare l’elezione della candidata di destra Rachida Dati, si sono uniti alla sindaca uscente socialista Anne Hidalgo.

Spesso e volentieri questa situazione si verifica quando al secondo turno passa un candidato del Rassemblement National, il partito di estrema destra di Marine Le Pen; in Francia infatti, così come in Germania o in altri paesi nord europei, vige ancora la teoria del “Cordon Sanitaire” contro gli estremisti, che siano di destra o di sinistra. E anche per questa ragione, nonostante nel 2016 il RN abbia ottenuto ottime percentuali al primo turno, non ha poi ottenuto nessuna presidenza. Ma le cose potrebbero cambiare con queste consultazioni del 20 e 27 giugno.

Marine Le Pen/Wikimedia Commons

Il primo turno

Nonostante l’uso di questa frase sia spesso retorico, a vincere questa volta è stata davvero l’astensione: l’affluenza è la più bassa nella storia della Quinta Repubblica, ossia il 33%. Sui risultati invece, c’è poco da dire: l’effetto “Rally-round-the-Flag”, ossia il boost per tutte le figure politiche uscenti che hanno affrontato l’emergenza COVID, si è confermato, con percentuali ottime per tutti, a parte per un caso: la regione Provence-Alpes-Côte d’Azur, abbreviato in PACA.

Lì il presidente uscente, Renaud Muselier dei Républicains, ha fatto un patto pre-elettorale con En Marche, scatenando le ire della cosiddetta corrente della “Droite Dure”, la destra dura e pura, capitanata dall’europarlamentare ed ex ministro Thierry Mariani, passato dal partito di Sarkozy al RN di Marine Le Pen, e candidato a presidente proprio in rappresentanza del partito di estrema destra. 

La figura di Mariani, considerato più moderato e più “di governo” rispetto alla leader del Rassemblement National, ha fatto sì che superasse al primo turno la coalizione di Muselier, ottenendo un 36% contro il 31% del presidente uscente. I sondaggi danno vincente Mariani anche al ballottaggio: l’unica speranza del candidato del centro-destra è convincere i verdi, arrivati terzi con il 17%, a ritirarsi dalla corsa per evitare che la presidenza della regione di Nizza cada nelle mani del partito di Marine Le Pen.

A livello nazionale: calo dei Lepenisti, debole esordio di Macron

A meno di sorprese, come può avvenire nel PACA, i presidenti uscenti dovrebbero essere riconfermati. Guardando invece a livello nazionale, i risultati sono più interessanti: al primo posto si confermano i Républicains anche se in calo, e al secondo posto il RN, anche se in picchiata rispetto al 2016, perdendo voti in ogni regione. I Socialisti, dati per morti, riescono a mantenere un dignitoso terzo posto con il 18%, mentre al quarto posto troviamo i Verdi, con un exploit che gli permette di raggiungere un ottimo 12.5%, superando le liste di Macron e della maggioranza presidenziale, che esordiscono alle regionali in maniera molto debole, racimolando l’11% dei consensi. Segue poi all’ultimo posto il partito populista di sinistra La France Insoumise, guidato da Jean-Luc Mélenchon, che ha anche lui sofferto del cordon sanitaire contro gli estremi dello scacchiere politico.

Anche se simboliche, queste elezioni potrebbero essere un assaggio delle presidenziali del prossimo anno, nonostante lo scontro sarà quasi certamente di nuovo Macron-Le Pen. Dopotutto non bisogna scordare che alle comunali dello scorso anno, con l’ottima performance dei Verdi e il pessimo radicamento territoriale della creatura del presidente, Macron cambiò governo, spostandosi a destra su temi come la sicurezza e l’Islam per intercettare i voti dei Lepenisti, ma al contempo tenendosi largo sui temi ambientali, al centro del dibattito politico francese. Chissà che anche questi risultati risulteranno in un terremoto politico in tutta la Francia.

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