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LA “MARCH MADNESS” – Gli Hunger Games del basket

Ricordo che da piccolo mi cantavano una canzoncina: “Marzo, marzo, marzo pazzerello”. Doveva riferirsi al tempo atmosferico. In realtà avrebbe descritto perfettamente anche il torneo di basket più unico del mondo.

Via alla scheda tecnica della March Madness.

COS’ È LA FOLLIA DI MARZO

La Follia di marzo è il torneo conclusivo di basket delle squadre collegiali statunitensi. Racchiude l’eccellenza della Division I, la lega nata nel 1939 alla quale prendono parte più di 350 università raggruppate in 32 Conference. Di fatto consiste in un torneo a partita rigorosamente secca, quindi con la formula “dentro o fuori”. I matchup non seguono le regole tradizionali. Viaggiano su un binario totalmente a sè, da cui il college basket non vuole distanziarsi e che contribuisce ad accrescere il fascino di questo mondo. Invece che da quattro tempi da dieci minuti, le partite si dividono in due tempi da venti, e le azioni durano trenta secondi, e non ventiquattro.

Ad esso prendono parte 68 squadre: le 32 vincitrici dei rispettivi tornei di zona più altre 36 compagini che hanno accesso attraverso la scelta di un apposito comitato elettore.

Il tabellone finale è formato però da “sole” 64 squadre. Nei giorni immediatamente precedenti all’inizio delle operazioni viene effettuato un mini spareggio a 8 per aggiudicarsi gli ultimi 4 posti disponibili.
Le 64 finaliste vengono poi divise in quattro divisioni, East, Midwest, South e West, ognuna delle quali con una classifica indicativa da 1 a 16. Questa classifica andrà poi a formare gli accoppiamenti delle partite, 1 vs 16, 2 vs 15 e così via. Le quattro vincitrici dei tornei regional si scontreranno nelle Final Four, semifinali e finale.

Risulta quindi campionessa la squadra che riesce a vincere 6 partite di fila. Un numero che già risulterebbe non facile da raggiungere in un contesto normale, ovvero durante la stagione regolare. Un numero che diventa proibitivo nell’ambiente che andremo a spiegare.

CONSIDERAZIONI

1. La partita secca

Il fatto che ogni scontro si tenga su partita secca aumenta esponenzialmente la probabilità di incappare in un upset, come dicono oltreoceano. Tutto assume un gusto diverso, intrattiene all’inverosimile. Non esiste March Madness senza un risultato che non ti aspetti, o che non era stato pronosticato, sia esso di punteggio o di effettivo risultato. L’andamento delle partite tiene gli appassionati talmente attaccati allo schermo che da anni infuria il dibattito sul portare questo tipo di format anche ai piani alti, in NBA. Sicuramente la spettacolarità ne godrebbe, e non poco, ma questa non è la sede per parlarne.

Ogni anno attorno a febbraio partono le consuete scommesse sull’esito di ognuna delle 67 partite in programma. Sia chiaro, non il punteggio, sarebbe da incoscienti, ma soltanto chi vince la partita. Eppure mai nella storia della Madness qualcuno è riuscito ad indovinare esattamente l’intero andamento del torneo. Noti canali di informazione hanno cominciato ad offrire cospicui premi in denaro a un ipotetico vincitore: Warren Buffet nel 2014 iniziò a organizzare il Billion Dollar Bracket Challenge con premi per un miliardo di dollari. Tutto questo perché la probabilità di indovinare è infinitesimale.

Esistono vari studi universitari sulle probabilità del torneo NCAA. Il professor Jeff Bergen, docente di matematica alla DePaul University, arrivò a stabilire che un addetto ai lavori avrebbe circa una possibilità su 128 miliardi di riuscire nell’impresa.

Il bracket 2022 allo stato attuale

2. Il seguito

Quanto segue suonerà stranissimo a noi lettori italiani, ma le Final four del torneo NCAA sono il secondo evento sportivo più seguito del mondo dopo il Super Bowl, la finale del campionato di football americano. La vita sportiva collegiale negli Stati Uniti ha un seguito che in Europa non siamo in grado di immaginare. Ciò deriva dal coinvolgimento totalmente diverso che offre la vita universitaria statunitense rispetto a quella del resto del mondo. È molto più facile trovare tifosi di qualsiasi età di una squadra di college piuttosto che di una franchigia dei quattro Sport maggiori. E il torneo finale di marzo è l’occasione perfetta per godere di quella meraviglia che sono le tifoserie scolastiche.

In più, il torneo rappresenta il palcoscenico migliore per vedere all’opera le stelle del futuro del proprio sport preferito. Sempre più spesso capita che futuri assi della pallacanestro mondiale sboccino a marzo al Torneo NCAA e che a giugno, al momento del Draft, l’evento dove le squadre NBA fanno a gara ad accaparrarsi i migliori giovani in uscita dalle università, diversi GM puntino su ragazzi che fino a pochi mesi prima erano perfetti sconosciuti.

3. Il Campo Neutro

Tutte le 67 partite finali vengono giocate in una struttura diversa dalle palestre delle squadre che vi prendono parte. Per spiegare che tipo di considerazione ha lo sport scolastico in America, basti pensare che per le Final Four vengono utilizzati gli stadi da football, su cui viene posto al centro il parquet da pallacanestro. Parliamo di strutture da decine di migliaia di posti già di base, che aumentano sensibilmente in questa occasione. Il campo da football misura infatti 110 X 47 m, quello da basket solo 28 x 15. Il resto è per il pubblico.
Quest’anno semifinali e finale avranno luogo al Caesars Superdome di New Orleans. Capienza prevista, 100.000 posti.

Si capisce quindi che la struttura dell’evento è a dir poco selettiva, fatta apposta per creare il caos, l’intrattenimento, ed elevare non il più forte ma il più resiliente. Uno spettacolo da non perdere, da provare anche per i non appassionati.

Il Superdome di New Orleans, sede delle Final Four 2022

FAVORITE E CONTENDENTI 2022

Se l’imprevedibilità è un tratto che contraddistingue ogni singolo torneo NCAA, quest’anno c’è veramente da mettersi le mani nei capelli. Non esiste una chiara pretendente al titolo, e anche le squadre con le posizioni più alte nei propri regional presentano almeno una debolezza che potrebbe (oppure l’ha già fatto) esporle all’ upset.
Eppure è possibile fare alcuni nomi di squadre che puntano chiaramente al bersaglio grosso. Per i più curiosi di scoprire i segreti di ogni singola squadra, vi rimando alla guida ufficiale del torneo stilata da Basketballncaa.com.

West Regional

1. Gonzaga Bulldogs, le sicurezze.
Si presentano al torneo da pretendenti numero uno per motivazioni e talento messo in campo. L’anno scorso vennero fermati solamente da Baylor in finale, a una sola vittoria da una stagione perfetta, senza sconfitte. Eppure un anno dopo sono di nuovo lì a provarci. E a roster godono anche di uno dei principali contendenti a prima scelta assoluta del prossimo draft NBA. Chet Holmgren, lungo a dir poco ipnotico da guardare, 213 cm di grande tecnica e sensibilità, vi farà saltare sulla sedia più di una volta, assieme al sistema offensivo ben oliato in cui è inserito. Per ora hanno cominciato alla grande.

2. Duke Blue Devils, gli equilibristi.
La vostra scelta obbligata su chi tifare se ci tenete al futuro del basket italiano.
Arrivano al torneo con un inerzia leggermente minore rispetto ai Bulldogs, ma con la stessa voglia dei rivali. Le colonne portanti sono due: l’allenatore, Mike Krzyzewski, leggenda della pallacanestro americana, ex coach della Nazionale e all’ultimo ballo dopo 42 (sì, 42) stagioni sulla panchina di Duke, e Paolo Banchero, chiamato a chiudere col botto quella che molto probabilmente sarà la sua unica stagione collegiale. Nessun intoppo fino a questo momento.
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East Regional

1. Baylor Bears e 2. Kentucky Wildcats, i delusissimi.

La prima e la seconda sorpresa di questi primi giorni di gara. È di poche ore fa infatti la notizia che entrambe già sono state eliminate a sorpresa, rispettivamente dal seed numero 9 e dal 15.

Baylor si presentava al torneo con la coppa del vincitore appuntata sul petto, ancora affamata seppur con l’80% del quintetto rivisitato dall’anno scorso. Eppure i leader della regular season Big-12 sono venuti meno prima del previsto, contro un’università che della March Madness ha scritto la storia, i North Carolina Tar Heels. Già avevano mostrato nella propria conference difficoltà con gli scontri diretti, e anche a marzo il loro cammino è terminato molto presto rispetto al potenziale.

Kentucky invece per tutto l’anno era apparsa meno brillante dei Bears, ma puntava su una maggior esperienza in fatto di età media e su un coach leggendario come John Calipari per ambire al colpaccio. Tutti ingredienti che solitamente, a marzo, fanno più che bene, ma che in questa occasione non sono andati più in là dei primi 40 minuti sul parquet.

Chi sono quindi i nuovi osservati speciali?

3. Purdue Oilermakers, i gagliardi.

Quarantadue anni di assenza dalle Final Four, un coach che tre anni fa le ha solo sfiorate, un attacco tra i migliori della nazione e uno dei prospetti destinati a segnare il futuro della NBA, Jalen Ivey. Purdue è pericolosa, e per davvero, ma ha un chiaro cavillo da risolvere, la difesa. Se troveranno la quadra a riguardo, sarà veramente dura per tutti.

Morti due papi, se ne fa un altro.

South Regional

Arizona Wildcats

Probabilmente la squadra che più ha impressionato per efficienza e funzionalità del sistema di gioco nel corso dell’anno. E non è un caso, visto anche che l’allenatore proviene dallo staff di Gonzaga. Rotazione a 8-9 giocatori, tutti in grado di trainare il carro offensivamente, miglior rapporto della nazione tra assist e canestri dal campo e ritmo forsennato sono le armi messe in campo dalla compagine del deserto.

Sulla carta il South Regional offre meno spazio a congetture rispetto agli altri, quindi hanno anche un bar di pressione in più addosso dato dal fatto che partono coi favori del pronostico. Attenzione anche a Villanova però.

Mid-West Regional

1. Kansas Jayhawks, i buttafuori.

Kansas è la Kentucky del Mid-West. Vecchi, brutti sporchi e cattivi, lunghi, duri e solidi, e con un comandante in capo che sa tenere le redini della situazione. Puntano a dominare il gioco aereo grazie alle torri che possono piazzare in mezzo all’area, e fanno affidamento su un senior di grande impatto come Ochai Agbaji, osservato speciale dagli scout NBA, per giocare lo scherzetto alle altre contendenti.

2. Auburn Tigers

Una delle rivelazioni del college basket 2022. Che avessero qualcosa di speciale già si fiutava nell’aria a inizio stagione. Una stagione passata in gran parte in testa alla conference, con anche una striscia di 18 vittorie in fila dopo, quel qualcosa di speciale ha un nome e un cognome: Jabari Smith.

Per ridurlo all’essenziale e per chi se ne intende, un giovane Kevin Durant. Lungo, con attributi abbastanza sviluppati da permettersi di tirare sopra chiunque, con una fiducia granitica nel suo variegatissimo arsenale offensivo e per finire gran rimbalzista e difensore uno contro uno. Da vedere è uno spettacolo, e qualcosa ha anche già mostrato in questi primi giorni. In NBA già si stanno leccando i baffi in molti, all’idea che presto potrebbero averlo con loro. Per ora facciamolo noi. Abbiamo occasione di vedere il suo enorme potenziale.

Ogni anno a marzo sbocciano i primi fiori, ma anche i primi talenti della pallacanestro mondiale. Il Torneo NCAA, come la fioritura dei ciliegi in Giappone, è un evento che almeno una volta nella vita va seguito, perché offre un qualcosa di davvero unico.

Una rondine non fa primavera, è vero. Una March Madness invece sì.

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