Il Presidente del governo spagnolo Pedro Sánchez - Wikimedia Commons

LA SPAGNA AVRÀ UN NUOVO GOVERNO, IL TERZO A GUIDA SÁNCHEZ

15 Novembre 2023

Dopo mesi di negoziati e dialoghi il Partido Socialista Obrero Español (PSOE), ha finalmente raggiunto un accordo con Junts per Catalunya (JxC), che, quasi sicuramente porterà, nei prossimi gironi, alla nascita di un nuovo esecutivo, il terzo a guida Sánchez. Dopo una sonora sconfitta alle amministrative di maggio, Sánchez si era dimesso e la spagna era andata ad elezioni il 23 luglio, in anticipo solo di qualche mese rispetto al termine del normale mandato.


L’indomani del 23J


Fin dai primi momenti successivi al 23J era chiaro che la governabilità sarebbe stata la principale sfida della nuova e frammentata composizione parlamentare. La Spagna, la cui storia democratica è relativamente giovane, ha avuto per molto tempo una tradizione politica bipartitica e di governi monocolore, con protagonisti principali i PSOE e il Partido Popular (PP). Il quadro politico inizia a cambiare circa dieci anni fa con la nascita di nuovi partiti, come Podemos, Ciudadanos e Vox. Il conseguente multipartitismo porta dapprima ad una serie di governi monocolore di minoranza retti da giochi di supporto esterno, interno ed astensionismo, fino ad arrivare al governo Sánchez II, primo governo di coalizione dalla Seconda Repubblica.

Anche a destra i due principali partiti iniziano il dialogo in vista di nuove elezioni e quando, la scorsa estate, Sánchez rassegna le sue dimissioni, il legame politico tra il PP e Vox è già ben consolidato. Nonostante ciò, all’indomani delle elezioni né il blocco reazionario PP/Vox né quello progressista PSOE/Sumar riescono ad ottenere i voti necessari per formare un governo. Alberto Núñez Feijóo, in quanto segretario del PP, il partito più votato, riceve dal re Felipe VI l’incarico di formare un nuovo governo a guida popolare.


I tentativi di Feijóo


Gli sforzi di Feijóo per trovare i 176 voti appaiono fin da subito disperati. L’accordo con Vox ha fatto terra bruciata attorno al leader popolare e nessun partito regionalista, ad esclusione di Coalición Canaria (CC) che conta un solo deputato, ha intenzione di iniziare un dialogo con il Partido Popular. Non si trattava di un finale inatteso: il blocco PP/Vox sperava in una blitzkrieg alle urne, per sbaragliare rapidamente il “Sanchismo” con una schiacciante maggioranza. Questo piano non solo è fallito, ma ha costretto Feijóo ad un umiliante tentativo di dialogo con forze che, sul paino nazionale, nulla hanno a che spartire con il PP, come il Partido Nacionalista Vasco (PNV-EAJ) storico partito autonomista basco di cdx, ed alcuni ipotetici franchi tiratori socialisti. Il graduale spostamento a destra del PP e l’insofferenza verso le tematiche autonomiste delle regioni della penisola hanno reso il PP un difficile interlocutore per molte formazioni politiche minori, che, come il PNV, hanno rifiutato ogni forma di dialogo. Il leader popolare si è dovuto ugualmente recare, in due distinte date, al parlamento per due voti di fiducia, tradottisi entrambi in due annunciati e sonori flop. In queste occasioni, Feijóo, invece che tenere dei discorsi volti ad ottenere la fiducia, inizia già a vestire i panni del capo dell’opposizione, inveendo contro una maggioranza antagonista di cui ancora non si vedeva traccia.


La futura maggioranza e l’amnistia


Il Re è dunque tornato da Sánchez, affidandogli la missione di formare il nuovo esecutivo. Il primo segnale di accordo è stata, ad agosto, l’elezione della Presidenta Del Congreso de los Diputados, che ha visto la deputata socialista Francina Armengol eletta con i voti degli indipendentisti. In questa specifica occasione i partiti nazionalisti, i centristi di JxC, la sinistra repubblicana di Esquerra Republicana de Catalunya (ERC) la sinistra nazionalista basca di Euskal Herria Bildu (EHB) ed i socialisti galiziani del Bloque Nacionalista Galego (BNG) hanno chiesto ed ottenuto al PSOE ed a Sumar il riconoscimento del basco, del galiziano e del catalano come lingue ufficiali della Spagna e dell’Unione Europea. La parentesi europea sarà lunga e non priva di complicazioni. Per quanto riguarda la Spagna, il castigliano non verrà più imposto ai parlamentari, che potranno liberamente utilizzare, per la prima volta, anche le lingue di Catalunya, Euskadi e Galicia. Il supporto ad un ipotetico terzo governo Sánchez da parte di ERC, Bildu e Sumar è considerato pressoché scontato. Nonostante ciò, si sono svolte nelle ultime settimane varie votazioni interne a molti partiti della futura maggioranza, come in Podemos e nel Partido Comunista de España (PCE), entrambi nella coalizione Sumar. Le votazioni delle basi dei partiti e i loro prevedibili esiti positivi si sono affiancate alle più incerte negoziazioni con JxC ed il PNV.

Uno dei naturali interlocutori era, ovviamente, Carles Puigdemont, leader di JxC in esilio dal 2017 a Bruselles. Il politico catalano ha da subito posto due questioni al centro dei negoziati con il PSOE: l’amnistia per i prigionieri politici del 2017 ed un referendum per l’indipendenza della Catalogna. Nel 2017 a seguito del referendum e della dichiarazione unilaterale della nuova repubblica catalana, numerosi attivisti e leader politici indipendentisti erano stati arrestati e condannati a pene molto severe, per i reati di ribellione e sedizione. Dopo un lungo dialogo le due forze politiche sono giunte ad un accordo che porterà, con tutta probabilità, all’investitura di Pedro Sánchez come Primo Ministro. Il patto è stato firmato nella capitale belga, dato che sulla testa di Puigdemont ancora pende un mandato di arresto, rendendo impossibile, per ora, il rientro del politico nei territori spagnoli. L’accordo prevede che, in cambio del voto di fiducia di JxC, il PSOE proponga una legge sull’amnistia che, se passerà nel parlamento, darà una conclusione alle pene dei prigionieri catalani nelle carceri spagnole.

Il secondo tema, quello riguardante un referendum per l’autodeterminazione del popolo catalano, risulta decisamente più spinoso per la dirigenza socialista: il PSOE ed il suo partito gemello catalano Partit dels Socialistes de Catalunya (PSC) sono da sempre contrari all’indipendenza e alla possibilità di indire un referendum. Il testo dell’accordo non fornisce molti dettagli, ma tale nodo potrebbe essere sciolto organizzando un referendum consultivo non vincolante per i cittadini catalani, ad esempio seguendo l’art.92 della Costituzione. Questa soluzione dovrebbe però attuarsi previo accordo tra Madrid e Barcellona. Inserendo il referendum in una cornice costituzionale verrebbe meno la linea unilateralista che negli ultimi anni ha contraddistinto le azioni di tutte le forze politiche che chiedono l’indipendenza della Catalogna.

A seguito dei fruttuosi negoziati con i catalani anche il PNV ha annunciato un accordo di governo, garantendo i voti necessari per il nuovo esecutivo. L’accordo con i nazionalisti baschi prevede vari investimenti e concessioni autonomiche nel campo linguistico e fiscale, riguardanti anche la Navarra.
Anche Coalición Canaria, l’unico partito oltre a Vox che avrebbe appoggiato l’ipotetico esecutivo di Feijóo, ha annunciato il supporto a Sánchez.


L’inconsistenza di un’opposizione sempre più estrema


Tuttavia, la concessione di un’amnistia risulta controversa per alcuni ed inaccettabile per altri. Dal giorno successivo all’annuncio del raggiunto accordo decine di migliaia di persone in tutta la Spagna hanno risposto alla chiamata dei partititi di destra e sono scese in strada a protestare contro l’amnistia. I manifestanti, da cui spesso provengono saluti romani e cori fascisti riconducibili al vecchio dittatore Francisco Franco, hanno provato varie volte a dare fuoco alla sede madrileña del PSOE. I manifestanti, che continuano a scontrarsi contro le forze dell’ordine, chiedo l’incriminazione per tradimento e l’arresto di Sánchez e Puigdemont. Mentre Santiago Abascal, leader di Vox, urla alla dittatura e richiama la mobilitazione generale, il Consiglio Superiore della Magistratura, dominato dai popolari, vorrebbe incriminare Puigdemont con l’accusa di terrorismo per i fatti del 2017 e per le proteste che hanno li hanno seguito. Al contrario, a riprova della spaccatura nazionale, 200 giuristi hanno frimato una lettera in favore dell’amnistia, considerata un valido strumento per porre fine ad una vicenda, considerata più politica che giudiziale. Ma non sono solo Vox ed i falangisti ad aumentare la polarizzazione politica. La parte più radicale del PP capeggiata dalla presidente della comunità di Madrid Isabel Díaz Ayuso, denuncia l’autoritarismo di Sánchez, l’illegittimità del non ancora nato governo e la fine dello stato di diritto.

L’opposizione delle destre al patto JxC-PSOE era scontata ma l’assurdità delle accuse di dittatura mosse verso Sánchez non fanno altro che legittimare il leader socialdemocratico. Nonostante parte degli spagnoli sia, comprensibilmente, dubbiosa rispetto al progetto di amnistia, le esagerazioni platealmente false della Ayuso e di Abascal non fanno altro che ricordare all’opinione pubblica l’inconsistenza dell’estrema destra spagnola.

Nel frattempo, mentre Pedro Sánchez scrive il suo discorso per l’investitura, Carles Puigdemont si prepara a tornare nella sua Catalogna, Alberto Feijóo affronta il tramonto dei suoi sogni a Palazzo Moncloa e Isabel Ayuso attende, con ogni probabilità, di prendere le redini del Partido Popular.

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