“Miniserie di tre episodi su come un format ci ricordi quanto sia difficile fare comicità, come questa si stia trasformando in un fenomeno meme e nel modo in cui Charles Darwin si sarebbe interessato alla televisione”
Scritto, diretto e interpretato da Samuele Portera
Oh salve, non vi avevo visto.
Sapete, qualche giorno fa sono passato davanti la mia vecchia scuola e uno dei primi ricordi è stato l’assillante “Se lo rifai ti butto fuori”, una di quelle esclamazioni che noi ex studenti (o studenti attuali) abbiamo sentito numerose volte dai nostri professori, soprattutto quando il nostro intento era quello di fare il clown durante le lezioni.
Ed è proprio su questa esclamazione che si basa il programma di tanto successo “LOL – Chi ride è fuori”, adesso su Prime Video.
Dieci personaggi pubblici della comicità italiana rinchiusi in una casa-teatro per sei ore consecutive, con l’obbiettivo di far ridere gli stessi colleghi con battute, gag o scherzi. Alla risata o solo smorfia, il concorrente viene inizialmente ammonito e consecutivamente espulso.
Regole semplici e chiare, tutte le conoscono e tutti conoscono il programma oramai.
Da dove nasce LOL?
Ci sono già state delle polemiche riguardo l’originalità del programma, perchè LOL è un format già esistente, nato dalla mente di Hitoshi Matsumoto (la versione giapponese si chiama Documental).
Inutile soffermarsi su questo dettaglio, perchè come LOL, moltissimi altri programmi nazionali sono remake o adattamenti di altri programmi televisivi europei o statunitensi. Basta pensare a “X-Factor”, “Masterchef” o il vecchio “Chi vuol essere milionario?” Con l’amato Gerry “shooting-star” Scotti.
Quindi cominciamo a parlare in tutto e per tutto di LOL, e di come i meme su Lillo hanno fracassato le palle tanto da poterci costruire un mosaico sull’esasperazione contemporanea!
Prossimo episodio tra tre, due, uno…
Ben tornati su AlterThink! Blog multiculturale che oggi vuole indagare su come il game-show LOL sia il chiaro esempio di come la dottrina della comicità stia mutando in un richiamo minimale di luoghi comuni poco elaborati e fini a se stessi.
La lista si apre con il binomio Fedez – Maionchi, i due conduttori dello show. Famosi per essere già apparsi assieme nel già citato “X-Factor”. Mara Maionchi è la famosissima produttrice discografica e talent scouting che ha reso famosi artisti come Gianna Nannini e Umberto Tozzi (quello che canta la canzone che fa “scivola, scivola, scivola, scivola...” che poi sarebbe Stella Stai), lui, Fedez è marito della influencer Chiara Ferragni. Per chi non se lo ricordi, in passato ha provato pure a fare il cantante, dico sul serio!
Spostiamoci ora sui dieci partecipanti: Frank Matano, un personaggio noto a tutti per il suo umorismo così spontaneo, spesso privo di senso ma sopratutto naturale, ha cominciato la sua ascesa facendo degli scherzi telefonici; mi sta troppo simpatico Matano.
Angelo Pintus che nel corso degli anni ha scalato la gerarchia televisiva della stand up comedy con una gavetta che lo ha visto prima accompagnarsi assieme a Max Vitale per poi continuare da solo e diventare un volto noto della televisione made in Italy. E’ famoso per le sue imitazioni e per le freddure che lancia come lame affilate.
Poi c’è è Katia Follesa, che comincia la sua carriera da comica con la collega Valeria Graci, per poi approdare a programmi noti come “Camera Cafè”, “Scherzi a parte” e “Zelig”.
Ed ecco Fru, battezzato però Gianluca Colucci. E’ un falso sosia di Maurizio Nichetti, fa parte del gruppo comico The Jackall, divenuti famosissimi negli ultimi anni. Oltre a questo, che dire?
Citando The Jackal, tanto vale parlare dell’altro concorrente, Ciro Priello, l’icona pop della comicità italiana oltre che figura di riferimento degli stessi Jackal. In tutto l’internet (italiano), sono probabilmente, tra i migliori a creare un formato audiovisivo di qualità.
Passiamo a Michela Giraud, che fortunatamente non è mia figlia ma che, inspiegabilmente, mi ricorda la mia migliore amica. Stavolta si tratta di un’attrice con un grande bagaglio culturale, arrivata poi alla tv di serie A come comica; è de Roma proprio se nun l’aveste capito.
Luca Ravenna, un comico meno noto nel panorama di massa, ma comunque ben apprezzato dal suo pubblico. Questo ha cominciato la sua carriera con l’apparire in qualche episodio dei “The Pills” (a proposito, che fine hanno fatto?), non appena uscito dal Centro Sperimentale di Roma. Avvia poi la sua carriera nella stand up con lo spettacolo “In the ghetto”.
Ma spostiamoci sulla meravigliosa attrice Caterina Guzzanti, di cui ho una cotta da quando l’ho vista, per la prima volta, nella serie Boris nel lontano 2010. Grande attrice e atipica romana, priva di quel ridondante tono cafone innato negli abitanti della capitale che li rende tanto simpatici.
Ma veramente vi fanno ridere gli “aoh!” o gli “ammazza!”?
Siamo quasi alla fine dell’elenco, un altro dei concorrenti è Elio, frontman del gruppo “Elio & le storie tese”. Una band che cavalca i palcoscenici da tantissimi anni, armata di musicisti incredibili e testi con strutture e tematiche goliardiche e davvero geniali! Però lo ammetto, a me non fanno impazzire.
E poi c’è lui, quello che commentava Takeshi’s Castle, pure lui romano e che qualche volta lo si è visto nei film con Paolo Ruffini…come si chiama? “So’ Lillo!”. Ah ecco, è Lillo!
Questi sono i dieci partecipanti di LOL, osservati perennemente dagli occhi e dai commenti di Fedez e Mara Maionchi, palesemente recitati. La Maionchi recita con la grazia di una nonna che si presta agli sperimenti cinematografici del nipotino cineasta.
Ok bimbi, la gara ha inizio, i concorrenti si immedesimano in loro stessi per cercare la massima vena comica ed eliminarsi a vicenda. Ne rimarrà uno solo.
Comunque vince quello dei Jackall, Ciro.
Prossimo episodio tra tre, due, uno…
Non esiste un piacere più soddisfacente e terapeutico che una risata, a volte pure un sorriso.
Chiunque possieda un personale sense of humor è un eroe, in questo caso un comico; un artista nell’arte di far ridere.
Si parla di comicità sin dai tempi di Ippocrate, definito semplicemente umorismo, divenuto poi un ideologia del divertimento, e non un parametro di salute.
Il saggista Ralph Waldo Emerson (nulla a che vedere col Waldo di “Where is Waldo?”), già nella metà dell’800 arriva a formula come l’umorismo sia la sottile capacità di rappresentare l’aspetto comico della vita stessa e della realtà che ci circonda. Nascono così i comici.
Ma questo mio monologo non cerca una risposta alla natura della comicità, ma di analizzarla per creare un disegno più definitivo del comico e delle sue responsabilità in quanto tale.
Il lavoro del comico comincia nell’utilizzare la propria cultura e le proprie origini per creare situazioni grottesche, o quanto meno diverse dalla monotonia della vita, anche quando si tratta di replicare la stessa monotonia della vita!
In modo che il suo pubblico entri in empatia con ciò che è narrato.
E’ un esercizio, un processo lungo, difficoltoso, ingegnoso ma a volte anche libero, stupido e privo di senso ma rimane un arte, poi un mestiere.
Mi seguite?
Parlando di comici e del programma LOL, una cosa interessante viene a galla: la sfida tra la vecchia scuola e la nuova scuola di comici.
Da una prefazione così arrogante e polemica ci si aspetta una sorta di favoreggiamento nei confronti della old comedy school e un cieco pregiudizio su quella nuova; questi new kids on the block.
Ma ammetto invece che sono rimasto piacevolmente sorpreso nello scoprire come ancora oggi ci siano comici che strutturano un personaggio, una situazione o una gag; è l’esempio di Ciro che, sebbene non mi abbia neppure strappato un sorriso e non ci riesca sopratutto con i Jackall, è arrivato al termine delle sei ore tentando di diversificare molto spesso i suoi sketch, cercando di ripetersi il meno possibile.
Bisogna essere consapevoli che stuzzicarsi con battute e gag per sei ore consecutive e trattenere la risata non è un gioco così semplice. Diventa uno sforzo esasperato, ed è giustificabile che qualcuno si arrendi a smorzare il tempo o la tensione con sciocchezze non-sense, tipo “Mignottone Pazzo”.
Ma, guardandomi attorno, noto che l’idea di comicità è cambiata e la gente ride sui nuovi linguaggi tecnologici e social, basta ricordare le throll face, “pedo bear” oppure il “doomer”, l’animazione di Shreak in 3d o un frame di Mike su “Monster & Co.”.
Qualcuno mi spiega che cazzo di arcana comicità ci sia dietro?
Come ho introdotto, saper far ridere è un arte e, si dice che proprio l’arte sia lo specchio dei tempi storici. Ne è un esempio l’architettura Bauhaus nella Germania degli anni ’20 dello scorso secolo, il cinema italiano neorealista degli anni ’40 o la letteratura inglese, in un’ottica più distorta, con “1984” di Orwell.
Ma spesso mi sono fermato a riflettere come la natura della televisione sia la vera natura di un’epoca e di una generazione.
Non starò ad innalzare polemiche pasoliniane; per quanto quelle osservazioni del grande Pierpaolo erano tristemente reali all’epoca e drammaticamente constatate oggi giorno.
Ma il pensiero mi porta più addietro, in tempi ancora più antecedenti, meno umanistici e più scientifici.
l’Italia è fatta di falsi sciovinisti e falsi internazionalisti, troppo influenzata dall’estero e ancora ammaliata da un passato, talmente passato da essere ricordato solamente dai libri di storia scolastici.
La stessa selezione darwiniana avviene anche nel concept mediatico: la necessità di riciclare idee e programmi da paesi esteri è una tendenza di adattamento.
Chi ha più forza e possibilità ce la fa’, chi ne ha di meno o ne è assente, puo’ solamente seguire/adeguarsi a chi ha più forze, o arrendersi e morire.
Realtà poco incoraggiante ma anche giudicata troppo male; non facciamo una colpa ai programmi televisivi italiani, la verità è che non c’è nulla di male nel riproporre una buona idea che non ci appartiene.
Scusate la parentesi di inchiesta un po’ severa, ma soffro di una rabbia passiva e repressa e ogni tanto ho bisogno di ruttarla fuori con toni paternali e spocchiosi!
Torniamo a noi …
L’idea di comicità (e non della comicità) è scaduta, quasi morta.
Sì è vero: è un cambiamento, qualcuno lo puo’ chiamare progresso.
Ma dal momento che la nuova comicità si basa su questi stereotipi dell’internet (nati da chi e dove non lo si sa, cosa che, ai miei occhi, li rende quasi inquietanti) come si evolverà la stand-up comedian? Quale sarà la natura della comicità e su cosa si aggrapperà il pubblico per ridere di un/con un comico?
Fatemi infamare qualcuno o scoppio!
Voi siete il problema. Rifletteteci, e vi spiego il perchè: avete un deficit di attenzione che non vi porta a immagazzinare qualsiasi cosa che superi i 60 secondi.
Vi siete abituati alla semplicità immediata di un prodotto (che sia un video, un audio o altro che rientri nell’intrattenimento). Ciò che vi serve per determinare se è divertente o meno è la sua immediatezza, qualcosa che vi faccia intuire se è simpatico o meno come una parolaccia, un’esclamazione, un riferimento a qualcosa che avete già visto e che avete già sospettato come simpatico. La realtà divertente è che “TikTok” è il suono dei miei testicoli che sbattono tra loro.
La comicità, o meglio ancora l’arte, non è fruibile al 100% come la semplicità illustrativa mediatica.
Di conseguenza, una qualsiasi espressione artistica della comicità è calda e potente solo un numero limitato di volte. Solo il tempo deciderà se questa fa ridere o no; provate a riguardare “Una pallottola spuntata” che è uscito 33 anni fa. E sto parlando di uno dei titoli caposaldi della comicità demenziale, neanche quella più fine e ingegnosa.
Ora riprendo fiato…
Quindi, fermatevi di aggiungere ovunque lo slogan “So’ Lillo !”, non fa ridere.
Come mi diceva mia madre quando da bambino tentavo di farla ridere: “Già la prima volta non era divertente, figurati la seconda, per non parlare dell’ottava volta…”
Qualcuno ricorda il seguito del “Ragazzo – Non sono stato!”?
Che sia ben chiaro, io sono uno che ride quando qualcuno scivola su una buccia di banana ma non mi fanno ridere i telegiornalisti che sbagliano a dire una parola in diretta…
Ridete per ciò che rido io e il mondo sarà un posto migliore.
Concludo e taglio la corda.
LOL è un format valido, copiato benissimo da altri format già esistenti (tra cui la stessa gag del mago Lioz interpretata da Lillo o il costume da Monnalisa di Elio). Questo primo esperimento è stato un po’ fiacco, dato che dopo il terzo episodio tutti erano privi di ingegno ed energie per continuare; ecco che poi accresce questa nuova comicità virtuale e di poco spessore, mondiè!
La comicità è un modo per liberarsi dalle tante futili frustrazioni di questa vita, non essere legati a qualcosa che diviene frustrante.