Cartina Ucraina - via Wikimedia Commons

Problemi di vicinato: dalla Rus di Kiev all’Ucraina indipendente

2 Marzo 2022

Lunedì 21 febbraio 2022, mentre firma l’atto di riconoscimento delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, Putin tiene un lungo comizio avente come oggetto la storia, durante il quale espone la sua teoria sull’Ucraina. Essa, a suo dire, sarebbe stata inventata da Lenin. Putin, infatti, non le riconosce una storia propria ma la integra in maniera totale ed assoluta all’interno di quella russa. Vediamo, dunque, come si sono articolati nei secoli i rapporti tra questi due stati, ora in guerra l’uno con l’altro.

Come nota Giulia Lami, professoressa dell’Università degli Studi di Milano ed esperta di storia dell’Europa orientale, «pensare all’Ucraina del passato richiede un grande sforzo di immaginazione, per chi è abituato a pensare in termini di Stati nazionali». Ed è con questo atteggiamento che, per comprendere le radici più profonde di ciò che sta succedendo, cerchiamo di risalire al IX sec. d.C. Questo non perché la storia precedente – fatta di scambi e di contatti anche con il mondo greco e con quello romano – non sia importante, ma perché è proprio nell’Alto Medioevo che iniziano a emergere temi che tengono banco ancora oggi.

Il IX sec., dicevamo. Attorno all’800 delle genti provenienti da Nord, quelli che siamo abituati a chiamare “Vichinghi”, si spostano verso Sud, attorno all’area dove oggi sorge Novgorod. A capitanarli è Rjurik, capo della dinastia dei Rjurikidi. Si forma qui uno stato monarchico composto da più principati, la Rus di Kiev, poiché in questa città fu poi spostata la capitale, dove gli uomini venuti da Nord governano su tribù slave più o meno stanziali, con le quali finiscono poi per mescolarsi. Il territorio della Rus andava dal mar Bianco al mar Nero, comprendendo terre baltiche, polacco-orientali, bielorusse, ucraine e russo-occidentali. I Rjurikidi si slavizzarono ed abbracciarono la religione ortodossa sul finire del X sec.

La Rus di Kiev – via LimesOnline.com

Il combinato disposto formato dalle faide interne che si registrarono nella Rus kieviana e dalla pressione esterna di altri popoli, specie i mongoli, ne determinò la prematura fine. I principati che componevano la Rus andarono incontro ad un periodo di crisi. Tra questi, gradualmente, emerse la Moscovia che, liberatasi poi dal controllo mongolo attorno alla metà del XV sec., iniziò a reclamare l’eredità delle terre che erano state della Rus di Kiev. Russi, ucraini e bielorussi sarebbero in questo senso uno stesso popolo per le radici che li tengono insieme.

Su quelle stesse terre, però, si era nel frattempo stanziato un pernicioso vicino: il Granducato di Lituania, che, nel 1569, formò un’entità statuale insieme al Regno di Polonia, nota come Commonwealth – o Confederazione, anche se il termine è discusso – polacco-lituano.

Per complicare ancora di più il quadro, si consideri che la parte più occidentale di quella che è oggi l’Ucraina, la Rutenia Transcarpatica, era già in questo periodo parte del Regno d’Ungheria mentre la parte a Sud Ovest, che si affaccia sul Mar Nero, era sotto l’Impero Ottomano. Sono terre di incontri e scontri, di genti sottoposte, di volta in volta, alla sovranità di stati stranieri.

Alla metà del Seicento accadde qualcosa di molto importante: nel già intricato quadro che caratterizza la storia di queste terre, fanno la loro gloriosa comparsa i cosacchi. In realtà, sono situati qui già da diverso tempo. Definirli è complesso: si tratta di comunità militari per lo più slave, non stanziali, che si offrono a chi abbia bisogno di loro, in cambio del riconoscimento di privilegi di varia natura. Ciò che importa per il nostro discorso è che sono stanziati nelle steppe ucraine, in vicinanza del fiume Dnepr, dando parecchio fastidio tanto alla Moscovia quanto alla Polonia Lituania. Nel 1648, infatti, il nobile cosacco Bohdan Chmel’nyc’kyj dà il via ad una imponente rivolta con cui si dà vita ad uno stato semi-autonomo, che possiamo definire “ucraino”, cioè l’Etmanato, collocato sulla riva sinistra del Dnepr. Quello che Chmel’nyc’kyj ambiva ad essere era una sorta di “terza componente” della Polonia-Lituania. Invano attese il riconoscimento, che non arrivò.

Nel 1654, così, pose la neonata entità statuale sotto la protezione dei russi, con una decisione davvero importante e che cambiò la traiettoria della storia. Le terre ucraine orientali entrarono, così, sotto il controllo di quello che sarebbe poi divenuto l’Impero russo, perdendo via via quell’autonomia che era stata loro promessa. Per comprendere la portata di questo evento, si può ricordare come, nel 1954, Nikita Kruscev “regalò” la Crimea all’Ucraina, come gesto di gratitudine per l’unione avvenuta 300 anni prima. Dato che l’Ucraina faceva parte dell’URSS quel dono era di poco conto, poiché l’importante penisola proiettata nel Mar Nero rimaneva comunque sotto stretto controllo di Mosca. I problemi sarebbero sorti molti anni dopo, una volta disintegratasi l’URSS.

Sebbene sotto l’Impero russo, la coscienza ucraina non si addormentò mai del tutto: sotto lo zar Pietro, ad inizio Settecento, un altro cosacco, Ivan Mazeppa, riuscì a riguadagnare una certa autonomia, schierandosi poi al fianco della Svezia, contro la Russia, in occasione della Grande guerra del Nord. Sconfitto, rimase per sempre un’icona ucraina.

Proseguendo con la storia, un tornante cruciale è costituito dalle spartizioni della Polonia-Lituania di fine Settecento, che portarono sotto il controllo russo anche le genti ucraine che vivevano a destra del Dnepr. Si trattava soprattutto di contadini: l’Ucraina aveva da sempre la nomea di granaio del mondo. Sotto i russi, gli ucraini subirono diverse vessazioni: in virtù del passato che li accomunava, ad essi non venne riconosciuta alcuna autonomia e l’uso dell’ucraino fu scoraggiato. Erano definiti solamente come “piccoli russi”, parlanti una variante della lingua russa solo a causa della permanenza di questi all’interno della Polonia-Lituania.

Non bisogna però dimenticare che la parte orientale rimaneva altro. Leopoli, oggi Lviv in Ucraina, grande centro famoso per la scienza e per la matematica, era nello stesso stato di Trieste: l’Impero Asburgico. Si tratta delle terre della Galizia, entrata in ottica austriaca con le spartizioni polacche. Qui gli ucraini venivano chiamati “ruteni”, nonostante non ci fossero differenze di tipo etnico o linguistico con gli ucraini dell’Impero russo.

Nell’Ottocento, gli ucraini si trovano così spaccati e sottoposti ad élite altre: nell’Impero asburgico, soprattutto alla nobiltà polacca e a quella magiara; in Russia, nemmeno nominati nei censimenti perché considerati solo come “piccoli russi”. Questo spiega anche la difficoltà della ricerca di una identità nazionale, che però, a fatica, si sviluppa ricollegandosi, per esempio, alle gloriose epopee cosacche. La storia ci parla di un popolo da sempre sottoposto al controllo di ingombranti vicini, in continuo cambiamento, che ne hanno reso complicata l’emersione a livello nazionale.

Se la situazione era già intricata, dopo la Prima guerra mondiale e la Rivoluzione russa lo divenne ancor di più. Sul territorio ucraino nacquero ben tre repubbliche e la guerra civile tra bianchi e rossi (e verdi, l’esercito anarchico-contadino di Machno) fu durissima. In Ucraina emerse allora una forte volontà di indipendenza. Seguire queste vicende nel dettaglio ci allontanerebbe dalla questione di lungo periodo su cui si stiamo concentrando. Basti ricordare che, con la Pace di Riga del 1921, si assegnò praticamente la quasi totalità (tolta la Galizia, che divenne parte della Polonia) delle terre ucraine all’URSS.

La storia che segue lega l’Ucraina a doppio filo con l’Unione Sovietica. Negli anni ’30, la terribile carestia, nota con il nome di Holomodor, decimò la popolazione ucraina. Durante la Seconda guerra mondiale, queste terre furono invase dai nazisti con l’operazione Barbarossa, che prese il via nel giugno del 1941. Non pochi saranno gli ucraini che, in funzione anti-russa, sceglieranno la strada del collaborazionismo, aprendo una ferita nella storia di questo popolo. Sin dai tempi più antichi qui erano stanziati molti ebrei, che patirono terribilmente le conseguenze della presenza nazista e del collaborazionismo. Tra le città con una più alta presenza ebraica, soffrì particolarmente Drohobycz, la città dello scrittore Bruno Schulz, che divenne sede di un importante ghetto, poi liquidato.

Dopo la Seconda guerra mondiale e la sconfitta del nazismo, anche le terre più occidentali, l’area di Leopoli e della Galizia, entrarono sotto il controllo dell’Unione Sovietica, di cui l’Ucraina fu una delle repubbliche più forti. Solo nel 1991, contestualmente al crollo dell’URSS, l’Ucraina ottiene la tanto anelata indipendenza.

Le sue terre sono state, di volta in volta, controllate da qualcuno. Una nazione ucraina, però, esiste e, anche se solo a fine Novecento, è riuscita a far corrispondere ad essa uno Stato indipendente.

Putin non lo ha ancora accettato: l’Ucraina è roba loro, il giardino di casa. Questo è solo in parte vero: queste terre hanno una storia dopo la Rus di Kiev che non coincide solo con l’Impero russo. Terre difficili, di una complessità che deve essere compresa, rispettata e difesa.

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