Volodymyr Zelenskyy, Wikimedia Commons
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VOLODYMYR ZELENSKYY, “SERVO DEL POPOLO”

Volodymyr Zelenskyy è l’uomo sulla bocca di tutti: il presidente ucraino sta resistendo, con grande coraggio, all’invasione russa, rimanendo tra la sua gente a Kiev. Ritratto di un presidente atipico, che da attore è diventato un vero e proprio “Servo del Popolo”.

“Sluha Narodu” in ucraino significa Servo del Popolo, e a partire dal 2015 questa espressione è entrata sempre più nei discorsi e nelle vite dei cittadini ucraini. Tutto nasce da una serie prodotta dallo studio privato Kvartal 95 a Kyiv: narra di un professore, tale Vasyl Holoborodko, che viene eletto presidente del paese a seguito di un video, diffuso dai suoi alunni, in cui attacca il sistema politico della sua nazione. L’uomo si ritrova quindi catapultato a governare uno stato stretto tra oligarchi che controllano ogni aspetto della vita dei cittadini e tensioni con l’estero che impediscono lo sviluppo della nazione. La fiction televisiva ottiene un successo inaspettato, ed è la ricetta perfetta per la satira politica: parla al cuore della gente, ed ha un protagonista in cui la maggioranza degli ucraini si rivede.

Il personaggio principale della serie viene interpretato da Volodymyr Zelenskyy, un attore di origine ebrea (perse alcuni parenti nell’Olocausto) e nativo della zona di Kryvyi Rih, nell’est del paese, a maggioranza russofona. Oggi lo conosciamo tutti: è l’eroico presidente che si rifiuta di lasciare la capitale del paese, Kyiv, e chiede a gran voce più garanzie per l’Ucraina. Seguitissimo sui social (ha 2 milioni di followers su Twitter e 11 milioni su Instagram, che rimane il suo social preferito, poi vedremo il perché), la sua storia è quasi surreale: è passato da essere un comico di successo a guidare la sua nazione nell’ora più buia.

La trasformazione del paese dal 2014

Torniamo un attimo indietro nel tempo, al 2014, un anno prima della pubblicazione di “Servo del Popolo”: è l’anno di Euromaidan, la protesta contro il presidente Viktor Yanukovich di estrazione filorussa, (che aveva mandato a monte gli accordi con l’UE sotto pressione del Cremlino), in cui si chiedeva a gran voce un avvicinamento all’Occidente e la liberazione dell’ex primo ministro Yulia Tymoshenko (salita al potere dopo la cosiddetta Rivoluzione Arancione del 2004). È anche l’anno dell’occupazione della Crimea e della guerra nel Donbass, la regione ad est che ancora oggi è occupata dai separatisti russofoni: insomma, è uno spartiacque tra una vecchia e una nuova Ucraina.

Quell’anno viene ricordato anche per la vittoria alle elezioni presidenziali di Petro Poroshenko: ex magnate del cioccolato e della televisione, fu tra i politici che si schierarono con più forza contro il Cremlino e nei suoi 5 anni governo ha portato avanti una politica di promozione del “brand” Ucraina, con uno slogan che è diventato emblematico sia per i suoi sostenitori che per i suoi oppositori: Armiia, Mova, Vira (армія, мова, віра; Esercito, Lingua, Religione). In altre parole: potenziamento delle forze armate del paese, più azione per rendere l’ucraino la lingua principale del paese, spodestando il russo, e infine un aiuto alla formazione della Chiesa Ortodossa Ucraina, fondata nel 2018 per distaccarsi ancora di più dagli ortodossi russi.

Petro Poroshenko nel 2016, Wikimedia Commons

Il governo di Poroshenko, partito con un altissimo consenso, ben presto diventa impopolare: le sue misure di distacco da Mosca sono mal percepite soprattutto nell’est del paese a maggioranza russofona, e l’opinione pubblica crede che stia facendo fin troppo poco sul fronte della corruzione e del contenimento degli oligarchi, l’elite che possiede i media e le principali aziende del paese: ovvero quelli che decidono tutto in Ucraina. Anzi, è considerato lui stesso espressione del problema dei ricchi magnati miliardari, e questo dà il colpo di grazia alle sue flebili chances di essere rieletto.

Un nuovo fenomeno politico

È proprio in questo contesto di disaffezione nei confronti della classe politica che nel 2018 lo studio Kvartal 95 decide di cogliere la palla al balzo: crea un vero e proprio “prodotto politico”, Servo del Popolo, che viene quindi fondato nel maggio dello stesso anno da membri dello studio di produzione dell’omonima serie. A capo del movimento viene messo proprio Zelenskyy, il volto dell’Ucraina onesta e umana, una faccia amichevole e riconoscibile da tutti i cittadini del paese, da Lviv ad ovest fino a Kharkiv ad est.

Il partito non sembra avere un’ideologia chiara: si dicono anticorruzione e anti-establishment (ricordando per certi versi il Movimento 5 Stelle delle origini), per la democrazia diretta e per un legame più stretto con l’Unione Europea e la NATO. Zelenskyy, oltre all’attenzione dei media, sembra riscuotere un ampio successo anche in politica, con i sondaggi che lo danno sempre più vicino alla presidenza del paese. Nonostante l’avversità nei suoi confronti da parte degli oligarchi del paese (solo il gruppo 1+1 di Ihor Kolomoisky, per cui Zelenskyy ha lavorato in passato, lo sostiene), riesce ad arrivare al ballottaggio con Poroshenko, vincendo il run-off con addirittura il 73% delle preferenze.

Il dato più interessante della campagna elettorale di Zelenskyy è che è stata condotta quasi esclusivamente sui social network, soprattutto su Instagram, che come detto all’inizio è il suo canale di comunicazione preferito: il candidato antisistema non ha infatti rilasciato alcun discorso o comunicato stampa, e nemmeno organizzato raduni, ma ha invece usato in maniera massiccia i social media per raggiungere gli elettori, attraverso video brevi e concisi e dirette che sono diventate vere e proprie sessioni di Q&A con i giornalisti.

L’inizio della presidenza Zelenskyy

Definito da molti impreparato a governare una nazione, Zelenskyy ha fin da subito lasciato il segno: ha chiesto di non appendere sue foto nei luoghi pubblici, ha spesso manifestato la volontà di attuare una legge per diminuire la corruzione e il potere degli oligarchi (e proprio per questo Poroshenko, l’ex presidente magnate, si è trovato costretto a vendere le sue proprietà per rimanere in politica) e si è impegnato affinché la lingua ucraina trovasse il suo spazio, andando anche a completare il processo di “decomunistizzazione”, eliminando i richiami al passato sovietico, già iniziato nel 2014 dopo l’Euromaidan.

Manifesto del partito Sluha Narodu con scritto “L’Ucraina sei tu”, Wikimedia Commons

Zelenskyy non è stato certo esente da critiche: prima fra tutte, quella di aver piazzato diversi membri di Kvartal 95, lo studio che ha prodotto la sua serie, in posti chiave nel proprio governo. Inoltre, è stato accusato di voler monopolizzare la politica ucraina con il suo partito: dopo aver vinto contro Poroshenko, il neo-presidente aveva infatti indetto elezioni parlamentari anticipate per rinnovare la Verkhovna Rada (il parlamento del paese), in quanto non era possibile far passare le riforme elettorali. La sua scommessa lo ripagò, facendogli vincere 234 seggi su 450 e potendo contare su una maggioranza ampia. 

Nonostante ciò, anche il “Servo del Popolo”, che sembrava invincibile, cadde in una spirale di impopolarità, dato che la percezione dello stato da parte dei cittadini non era cambiata, e quindi era questione di tempo prima che anche lui diventasse un politico come tutti gli altri. Zelenskyy secondo i sondaggi commissionati nel 2021 avrebbe sì vinto le prossime elezioni, ma con un margine molto più scarso rispetto al plebiscito per lui del 2019, rischiando addirittura di perdere con il rivale Poroshenko o contro i filorussi eredi della politica di Yanukovich. Solo un aspetto lo ancorava ancora al successo: la sua ambizione europea e pro-NATO.

La svolta del 2022 

In questi 3 anni, è stato proprio il desiderio di Zelensky di avvicinarsi di più all’Occidente il terreno di scontro più grande con il Cremlino, che auspica da tempi non sospetti un’Ucraina neutrale che faccia da stato-cuscinetto con l’UE (o da frontiera se vogliamo, riprendendo proprio il toponimo sul quale è costruito il nome del paese, “U Krajina”, letteralmente “il confine”, segnato dal fiume Dnipro). Vedere l’Ucraina così vicina alla NATO era davvero troppo per Putin, e così il Cremlino ha cominciato a minacciare sempre di più di un’invasione, con un escalation che è avvenuta a inizio di questo anno.

Zelenskyy durante questa fase ha invitato i suoi concittadini a mantenere la calma, e quando le voci dell’invasione si sono fatte sempre più concrete (complice una guerra di informazioni tra Washington e Mosca), il presidente ha indetto una giornata dedicata all’Unità della Nazione proprio nel giorno in cui si vociferava che i russi avrebbero attaccato il suo paese. Come sappiamo, subito dopo aver riconosciuto l’indipendenza delle Repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk, Putin ha annunciato, alle prime ore del mattino di giovedì 24 febbraio, un’azione militare contro l’Ucraina.

Da quel giorno, la vita di Volodymyr Zelenskyy non è più la stessa. Suo malgrado è diventato il personaggio più seguito di tutto il mondo, capace di attirare l’attenzione dei media del globo con le sue dichiarazioni forti contro la Russia, invitando a sanzioni più pesanti e a maggiore aiuto da parte dell’Occidente. Il suo discorso rivolto ai cittadini ucraini e russi (due popoli storicamente legati, come afferma anche un esperto come Aldo Ferrari in questa intervista) è destinato a entrare nella storia, ed è la migliore risposta alle spaventose e raccapriccianti dichiarazioni di Vladimir Putin che ha recentemente sostenuto che “l’Ucraina non ha diritto di esistere, non è una nazione e non lo è mai stata”. 

Un passo emblematico del discorso di Zelenskyy è il seguente: “la guerra priverà delle garanzie a tutti. Chi soffrirà di più? Il popolo. Chi non vuole la guerra? Il popolo. Chi può fermare la guerra? Il popolo”. E ormai il presidente è diventato l’emblema di quel popolo che rappresenta: ha un tasso di approvazione del 94%, continua nella sua missione di far entrare il suo paese nell’Unione Europea (attraverso una richiesta formale) e tiene il punto sui negoziati per la pace. Ora è difficilissimo prevedere quello che succederà in futuro e quanto l’esercito ucraino potrà resistere, ma quel che è certo è che Volodymyr Zelenskyy è diventato, a tutti gli effetti, un vero e proprio “Servo del Popolo”.

P.S: le pronunce sono tutte derivate dall’ucraino e non dal russo (per questo è Kyiv e non Kiev), mentre il nome di Volodymyr Zelenskyy è riportato sotto la denominazione ufficiale del suo passaporto.

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