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QUELLI CHE GIUSTIFICANO PUTIN

1 Marzo 2022

All’alba di giovedì 24 febbraio l’esercito russo, su decisione del presidente Vladimir Putin, ha invaso l’Ucraina, scatenando una guerra in piena Europa. Di fronte a un fatto di così straordinaria gravità, i governi dell’Occidente si sono uniti, deplorando l’aggressione russa ed esprimendo vicinanza al popolo ucraino. Lo stesso hanno fatto i cittadini, che hanno riempito le piazze delle grandi città con imponenti manifestazioni. Si sono trovati sulla stessa linea anche la gran parte dei commentatori, sui giornali e in televisione. Insomma, tutti hanno condannato fortemente Putin e l’attacco della Russia a uno Stato sovrano, ma questa è solo la superficie della questione.

Infatti, benché sembri regnare una generale concordia, scavando un po’ più a fondo emergono tutte le ambiguità di coloro che apparentemente condannano Putin ma, implicitamente, lo giustificano, perché fanno propria la sua stessa e distorta narrativa.

Lo scoppio della guerra in Ucraina da un lato ha compattato, contro il nemico russo, un Occidente spesso diviso; dall’altro ha fatto riaffiorare prepotentemente quella novecentesca visione del mondo, antioccidentale e antiamericana, che è stata sconfitta dalla storia ma che, evidentemente, scalda ancora i cuori di molti nostalgici.

La strategia più diffusa per giustificare Putin è quella di mostrare l’espansione della Nato a Est come una provocazione nei confronti della Russia e sostenere che la Nato si sia spinta troppo oltre. Tuttavia, quella che chiamano «provocazione» è una libera scelta compiuta da governi di Stati sovrani e democratici. Gli Stati hanno liberamente scelto di stare dalla parte della democrazia e della libertà, non è stata la Nato a costringerli con la forza a farne parte. Parlare della Nato come di un attore che si muove sulla scena internazionale in modo aggressivo e predatorio è sbagliato, perché si tratta di un’associazione volontaria, le cui decisioni sono prese all’unanimità dagli Stati aderenti.

Il professor Lionel Page (Università del Queensland) fa notare come fossero proprio i Paesi membri della Nato a essere poco entusiasti di fronte alle richieste di adesione dei Paesi dell’Est Europa. Infatti, quegli stessi Paesi, a dicembre 2008, avevano rifiutato l’adesione di Ucraina e Georgia. Inoltre, l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica, che è stato raccontato come un evento imminente prima dell’attacco russo, non era minimamente all’ordine del giorno.

Un’altra giustificazione implicita al comportamento di Putin la troviamo in quella parte di sinistra pacifista che condanna la guerra in generale e che scende in piazza con le bandiere della pace, quelle arcobaleno che oggi vanno molto di moda. Stigmatizzare la guerra in generale significa non fare distinzioni tra l’aggressore e l’aggredito, è come dire a due bambini di smetterla di litigare, senza prendere le parti, perché hanno torto entrambi. Qui abbiamo un dittatore che manda l’esercito a bombardare le città di un altro Stato, e protestare contro una generica guerra, avvolti in una bandiera della pace, è tremendamente ipocrita. Ho letto uno striscione che recitava «No alle guerre sulla nostra pelle: né con la Nato né con la Russia»: una terza via verso l’imbecillità che, in questo caso, porta esattamente a stare dalla parte della Russia.

Il sondaggista James Johnson, riportando i risultati di un sondaggio condotto da Kekst CNC, ha mostrato come l’opinione pubblica italiana, prima dell’invasione dell’Ucraina, fosse nettamente la più filo-russa tra quelle dei principali Paesi occidentali. Non è un caso che anche il sistema dell’informazione italiana rispecchi questa tendenza.

La giornalista ucraina Olga Tokariuk ha denunciato la presenza di giornalisti della Rai (Marc Innaro e Alessandro Cassieri) che diffondevano disinformazione, parlando di nazisti ucraini e giustificando Putin, mentre la Russia bombardava le città ucraine uccidendone i civili.

Sabato, su SkyTg24, l’ospite Sandro Teti rilanciava la falsa propaganda russa e smentiva i bombardamenti civili alle città (da segnalare la perfetta reazione degli ottimi giornalisti di Sky). Domenica pomeriggio, l’Ambasciata russa in Italia condivideva un articolo di Barbara Spinelli del Fatto Quotidiano dal titolo «Una guerra nata dalle troppe bugie», articolo in cui si accusano di cecità gli Stati Uniti e l’Unione Europea e si spiegano le ragioni del conflitto. Lo stesso Fatto Quotidiano, il cui direttore, Marco Travaglio, sbeffeggiava gli americani che parlavano di imminente invasione, bollandola come «fake news americana».

E poi domenica sera, Massimo Giletti apriva la sua trasmissione sostenendo che «se raccontiamo che la colpa è solo di Putin facciamo un passo non chiaro e bisogna avere il coraggio di vedere tutto quello che c’è intorno a questa storia». Sicuramente mi sarò perso qualcosa, non che ne senta la mancanza.

Non dobbiamo dimenticare che anche l’attuale legislatura italiana è la più filo-russa della storia della Repubblica e, come riporta Luciano Capone (giornalista del Foglio), la prima che dal 1948 ha messo in discussione il posto dell’Italia nel mondo. Tutti i partiti italiani hanno condannato l’aggressione russa e si sono schierati con gli alleati occidentali, ma non era così scontato.

Lo stesso Luciano Capone rammenta che M5s e Lega hanno individuato per molto tempo i «nemici» dell’Italia in Europa e a Occidente e i nuovi «amici» a Mosca e Pechino. Il leader della Lega Matteo Salvini si è fatto fotografare, con indosso una maglietta di Putin, davanti al Cremlino e all’interno del Parlamento Europeo, dichiarando «Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin».

Nel 2017, il suo partito ha firmato un accordo politico con Russia Unita (il partito di Putin). Inoltre, a luglio 2019, prima di un viaggio a Roma, Putin ha affermato di avere «contatti costanti con la Lega di Salvini» e che i loro «punti di vista coincidono». Dopo averlo incontrato, Salvini ha risposto così al Tg2: «Putin è uno dei più lucidi leader mondiali, con una visione del mondo fondata sulla pace e sul rispetto».

È facile, però, prendersela solo con il sovranista di turno: il M5s ha rilanciato per anni le bugie e la propaganda antioccidentale del Cremlino, pubblicando sul Blog delle Stelle articoli di Sputnik e Russia Today, i due canali di informazione che questa domenica l’Ue ha messo al bando.

Un esponente di spicco del Movimento come Manlio Di Stefano (sottosegretario agli Esteri nei due governi Conte e nel governo Draghi), nel 2015, giudicava l’accordo di libero scambio tra Ue e Ucraina come «un complotto della Nato e della Monsanto per attaccare la Russia» e le manifestazioni pro-Europa di Euromaidan come «un colpo di stato finanziato dall’Occidente, che ha portato al governo convinti neonazisti». Sempre Di Stefano, come riportato dal Foglio, al congresso di Russia Unita nel 2016 parlava di un «golpe dell’Ue e degli Usa in Ucraina, finalizzato a portare la Nato ai confini con la Russia». Ancora l’attuale sottosegretario, nel 2017, sosteneva che «siamo ostaggio della strategia della tensione della Nato contro Mosca» e chiedeva di ridiscutere la presenza dell’Italia nell’Alleanza atlantica.

Molti pensano che queste cose facciano parte del M5s del passato, ma solo l’anno scorso, in piena pandemia, il secondo governo Conte ha permesso una sfilata propagandistica di mezzi militari russi, che hanno scorazzato per l’Italia e sono stati rilanciati dai media vicini alla Russia, con delle musichette celebrative sovietiche in sottofondo. Lo stesso Conte, descritto da molti come l’anima moderata del M5s, nel 2018, in accordo con Trump, si dichiarava favorevole al rientro della Russia nel G8 (da cui era stata espulsa in seguito all’annessione illegittima della Crimea, nel 2014).

Detto questo, non ci soffermiamo abbastanza su quanto sia importante avere Mario Draghi a Palazzo Chigi in questo momento. Il presidente del Consiglio ha chiarito subito nel suo primo discorso al Senato che il suo governo sarebbe stato convintamente europeista e atlantista, in linea con gli ancoraggi storici dell’Italia. Tutti i partiti, anche quelli più aggressivi che ruggivano contro l’Europa e la Nato, si sono ammansiti e riallineati, dopo tre anni di ubriacatura dei governi guidati da Giuseppe Conte. Ora affrontiamo una guerra in piena Europa con un presidente del Consiglio autorevole, rispettato in tutto il mondo e con rapporti internazionali consolidati.

Accogliamo positivamente la sostanziale compattezza dell’Italia, dell’Unione Europea e della Nato nella condanna alla Russia e nelle sanzioni adottate, ma registriamo come sia riaffiorata nell’opinione pubblica quella mentalità antioccidentale da Guerra Fredda, e come ad alcuni non paia vero di poter di nuovo tornare a prendersela con quei cattivoni degli americani, come si faceva una volta. Come ricorda Oscar Giannino si sta tornando indietro persino rispetto a Berlinguer, che da segretario del Pci, nel 1976 diceva di sentirsi più sicuro sotto l’ombrello della Nato.

I vecchi comunisti li capisco pure: certe fedi politiche si mantengono per tutta la vita. Mi stupisco, però, del fatto che alcuni di quegli slogan novecenteschi vengano ripetuti da dei ventenni che sono nati e cresciuti nel benessere di quell’Occidente contro cui imprecano.

Il punto è che la realtà della Guerra Fredda non esiste più. Quella divisione tra blocchi contrapposti, che un tempo era reale, oggi è solo una scorciatoia cognitiva di chi non riesce ad afferrare le complessità. La narrazione di Putin, ripresa da molti commentatori occidentali, è falsa. Non si tratta di Putin contro la Nato, bensì delle manie imperiali di un dittatore contro i liberi cittadini, la democrazia e l’autodeterminazione di uno Stato sovrano. Il suo obiettivo è quello di rovesciare l’ordine internazionale. L’aggressione al popolo ucraino è una violenza contro tutti noi. Giustificazioni anche no, grazie.

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