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Referendum cannabis: “un sogno, forse una favola”

17 Febbraio 2022

Ma quindi, in Italia, è possibile o no legalizzare la cannabis tramite referendum? E il referendum presentato nel 2021 a tal fine, sul quale da poco la Corte costituzionale si è espressa negandone l’ammissibilità, avrebbe potuto realizzare quella che sempre di più ci sembra un’utopia in questa disgraziata Repubblica?

Cominciamo con il fissare per punti quanto il quesito referendario sottoposto al vaglio dei giudici delle leggi prevedeva:

  • abrogazione articolo 73, comma 1 del Testo Unico sugli stupefacenti limitatamente all’inciso «coltiva»;
  • abrogazione articolo 73, comma 4 del Testo Unico sugli stupefacenti limitatamente alle parole «la reclusione da due a 6 anni e»;
  • abrogazione articolo 75, del Testo Unico sugli stupefacenti limitatamente alle parole «a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni»;

Premesso che il fine principale del comitato promotore, a detta del comitato stesso, era quello di depenalizzare la coltivazione della cannabis per uso personale, entriamo nel merito della questione facendo particolare riferimento al primo punto del quesito, sul quale si è consumata la controversia più accesa.

Si riporta di seguito il dispositivo attuale dell’articolo 73, comma 1 del Testo Unico sugli Stupefacenti:

  1. Chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall’articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000.

La Tabella I, cui questo articolo rimanda, è prevista dall’art. 14 dello stesso Testo Unico, predisposta dal Ministero della Salute, aggiornata l’ultima volta con d.m. del 10 gennaio 2022. Alle voci 259 e 260 include il cosiddetto tetraidrocannabinolo, vale a dire il principio attivo della sostanza comunemente nota come cannabis (nello specifico, vi sono annoverate la delta-8 THC e la delta-9 THC, due molecole ricavabili tramite sintesi, fattispecie esclusa dall’intento referendario in quanto tale procedimento esula dalla mera e semplice coltivazione domestica).

Perché ne discutiamo? Perché per il Presidente della Corte costituzionale, presentatosi in conferenza stampa al termine delle procedure di esame dei quesiti referendari ad opera della Corte, il quesito non sarebbe stato ammissibile in quanto (fra gli altri motivi) avrebbe interessato il comma 1 dell’art. 73 del Testo Unico sugli stupefacenti, e quindi la Tabella I ivi menzionata, la quale, “non si occuperebbe di cannabis”, essendo invece quest’ultima annoverata all’interno della Tabella II.

Si è visto, tuttavia, che così non è: la Tabella I del Ministero della Salute, in realtà si occupa della cannabis, includendone, come già detto, al proprio interno il principio attivo (voci 259 e 260).

Ma allora, se il Presidente Amato si è sbagliato, significa che il referendum (che si occupava del comma 1 dell’art. 73 e quindi della Tabella I) avrebbe dovuto essere ammesso!

In realtà, la questione della inammissibilità rimarrebbe in piedi, perché nonostante si voglia legalizzare la sola coltivazione di cannabis, pronunciarsi con un referendum sul tema, legalizzando “indirettamente” la coltivazione anche delle droghe “pesanti”, che verrebbero investite automaticamente e per forza di cose mettendo le mani nel comma 1, vorrebbe dire intervenire in una legislazione interessata dal diritto internazionale pattizio (pratica vietata dall’art. 75 Cost.: «non è ammesso il referendum per le leggi […] di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.»).

Quindi come mai il comitato promotore ha presentato un quesito simile e non si è adoperato, ad esempio, nel presentare una proposta di referendum abrogativo relativa all’art. 73, comma 4 del Testo Unico sugli stupefacenti, che è la vera norma responsabile della punibilità delle condotte legate alle sostanze di cui alla Tabella II (sola cannabis)?

Si riporta di seguito l’art. 73, comma 4 del Testo unico sugli stupefacenti vigente a seguito della declaratoria di incostituzionalità del comma 4 previsto dalla legge Fini-Giovanardi (qui per saperne di più):

«Se taluno dei fatti previsti dai commi 1, 2 e 3 riguarda sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle II e IV previste dall’articolo 14, si applicano la reclusione da due a sei anni e la multa da euro 5.164 (lire dieci milioni) a euro 77.468 (lire centocinquanta milioni)»

Teniamo presente che il comma 4 dell’art. 73 del Testo Unico sugli Stupefacenti non fa altro che estendere per relationem la punibilità delle condotte del comma 1 (e successivi) anche quando queste siano legate alle sostanze della Tabella II (e quindi alla cannabis) e della Tabella IV, seppurele pene previste siano minori.

E allora i promotori non hanno voluto abrogare interamente il comma 4 dell’art. 73, perché il loro intento era quello, ribadiamolo, di depenalizzare la sola condotta relativa alla coltivazione per uso personale.

Essi, quindi, non potendo fare altrimenti, sono dovuti intervenire sul comma 1 (richiamato per relationem dal comma 4!), al fine di escludere la punibilità non di tutta la lunga serie di condotte punite dal comma 1, fatto che avrebbe comportato non pochi problemi in termini di ordine pubblico, ma solo quella della condotta relativa al «coltiva». Un fatto che, sostengono dal comitato, in ogni caso non sarebbe stato problematico dal momento che solo la cannabis è una pianta che è possibile consumare come stupefacente (le altre hanno bisogno di raffinazione e di altri procedimenti che rimarrebbero comunque sanzionabili dal comma 1).

Né si può dire che, eliminando il verbo «coltiva» dal comma 1, la condotta di coltivazione della cannabis sarebbe stata punita ai sensi degli artt. 26 e 28 del Testo Unico (come invece Amato ha avuto da obiettare, in contraddizione con quanto esposto da lui stesso precedentemente, riguardo l’inammissibilità del referendum in ordine al fatto che la Tabella I non includerebbe la cannabis), i quali invece fanno espresso riferimento alla punibilità della coltivazione massiva e non rudimentale (non avendo queste ultime norme nulla da eccepire riguardo la coltivazione domestica per uso personale, cui i promotori miravano).

In conclusione, tenendo sempre presente che in questa sede non si è voluto entrare nel merito dell’ammissibilità del referendum con riferimento al discorso sugli obblighi internazionali (aspetto che è opportuno lasciare ai rilievi mossi dalla Corte, i quali verranno resi pubblici al deposito della motivazioni), non si può nascondere come le argomentazioni addotte dal Presidente Amato in conferenza stampa, specificamente sui punti dolenti delle tabelle ministeriali e della punibilità “ad oltranza” della coltivazione di cannabis, risultino alquanto deboli e contraddittorie alla luce di una più approfondita analisi delle disposizioni normative.

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