Capsule di Amoxicillina - via Wikimedia Commons

Un passo avanti contro l’antibiotico-resistenza

9 Ottobre 2023

Esperimenti in Cuffia – Episodio 4

La scoperta della Penicillina da parte di Alexander Fleming alla fine degli anni 20 è stata una di quelle scoperte che hanno letteralmente rivoluzionato la medicina e che hanno contribuito a salvare innumerevoli vite.

Da quel giorno, abbiamo iniziato a sviluppare tantissimi antibiotici sempre più efficaci e in grado di colpire una grandissima varietà di specie batteriche. Questo ci ha dato enormi vantaggi, ma purtroppo abbiamo commesso anche un errore importante: ne abbiamo abusato.

Negli anni, l’utilizzo eccessivo, e soprattutto scorretto, degli antibiotici ha fatto sì che si formassero molti ceppi resistenti e che ci hanno costretto a entrare diciamo in gara con i batteri stessi.

Da un lato noi sviluppiamo nuovi antibiotici, dall’altra i batteri mutano il proprio DNA e diventano immuni a un numero sempre più grande di molecole, rendendo le cure sempre più difficili.

I ricercatori ora stanno un po’ esaurendo le armi a disposizione e l’antibiotico-resistenza è diventata nel frattempo una delle principali cause di morte nel mondo.

Un recente studio, però, ha scoperto una nuova molecola che potrebbe farci di nuovo guadagnare terreno in questa gara e magari anche limitare l’insorgere di nuove resistenze.

Il motivo principale per cui stiamo esaurendo le armi a disposizione è che gli antibiotici sviluppati finora derivano da un numero limitato di molecole, che vengono modificate di volta in volta per renderle più efficaci.

Il numero è limitato perché queste molecole non le inventiamo da zero, ma le “rubiamo” da alcuni tipi di batteri, che normalmente le producono non certo per noi, ma per sbarazzarsi di altri batteri di specie diverse presenti nelle vicinanze. Diciamo per far fuori la concorrenza.

Per darvi un’idea, i batteri usati finora per questo scopo sono circa l’1% delle specie conosciute, quindi davvero pochissimi, per cui gli autori dello studio hanno pensato che fosse una buona idea andare a studiare specie ancora inesplorate da questo punto di vista.

Se vi state chiedendo come mai nessuno ci avesse mai pensato prima, la domanda è ovviamente legittima, e la risposta è che in realtà qualcosa era già stato fatto, ma studiare batteri meno conosciuti non è così facile come sembra, per vari motivi tecnici che oggi però non affrontiamo.

Alcuni studi precedenti però avevano effettivamente trovato alcune molecole nuove derivate da batteri meno conosciuti, per cui gli autori hanno deciso di prendere un campione di terreno in North Carolina, far crescere i batteri presenti all’interno e vedere se c’era qualcosa di interessante.

Inoltre, a differenza di altri studi, hanno deciso di focalizzarsi su quei batteri che ci impiegano più tempo a crescere, e che di solito vengono scartati proprio per questo motivo (lavorare in laboratorio con cose molto lente rende il tutto più difficile e costoso).

Dopo aver isolato alcune di queste specie diciamo “lente”, le mettono in delle piastre a crescere insieme a un batterio molto comune, lo Stafilococco aureus, per vedere se erano in grado di eliminarlo.

Effettivamente, una di queste specie riusciva a distruggere lo Stafilococco, il che era un chiaro segnale della presenza di una molecola antibiotica prodotta da questi nuovi batteri. Il punto però è: di che molecola si tratta? È una molecola utile oppure no?

Per capirlo, gli autori mettono questi batteri a crescere in un terreno liquido, e, combinando tecniche di estrazione e di analisi, riescono a separare da tutto il resto una molecola sconosciuta e osservarne la struttura chimica, e le danno il nome di Clovibactina.

Oltre a risultare efficace nel primo test fatto contro lo Stafilococco, questa nuova molecola risulta anche molto efficace contro altri ceppi di batteri e supera persino i risultati ottenuti con la Vancomicina, un antibiotico molto potente già in uso in clinica come prima linea di difesa.

Questa grande efficacia contro i batteri è sicuramente una buona notizia, ma da sola non basta. Infatti, anche la candeggina ha un’ottima efficacia, ma ha un problemino che la rende non molto valida come antibiotico: è estremamente tossica. Quindi gli autori dello studio hanno cercato di capire se la Clovibactina, oltre a essere efficace, fosse anche tossica o meno.

Essendo uno studio volto solo a isolare e caratterizzare una nuova molecola, i test di tossicità fatti dagli autori sono molto limitati, diciamo giusto per avere un’idea di massima. I veri studi sulla tossicità, quelli proprio approfonditi e dettagliati, verranno fatti sicuramente in futuro quando i ricercatori inizieranno a sviluppare delle formulazioni per uso sugli esseri umani.

In questo caso gli autori dello studio fanno due test principali. Nel primo, mettono delle cellule umane in una piastra e aggiungono una certa quantità di Clovibactina al terreno di coltura, ovvero quel mix di acqua e nutrienti in cui vengono cresciute le cellule. Nel secondo, somministrano della Clovibactina a dei topi infetti da Stafilococco.

In entrambi i casi, non viene rilevata alcuna tossicità e, nel caso dei topi, l’infezione migliora significativamente, cosa che lascia ottime speranze per future applicazioni sugli organismi viventi.

Dopo aver testato l’efficacia e la tossicità della Clovibactina, gli autori hanno voluto capire come funzionasse questa nuova molecola, ovvero quali fossero i meccanismi biologici che le permettevano di sbarazzarsi dei batteri.

Prima ancora di osservarne gli effetti molecolari però, notano una cosa decisamente inaspettata: trattando i batteri con questo antibiotico non si formava nessuna popolazione di batteri resistenti, una cosa che normalmente invece si osserva con altri antibiotici.

Gli autori analizzano quindi vari processi biologici in presenza di Clovibactina e notano che i batteri non riescono a produrre e incorporare una particolare molecola che serve a generare la propria parete cellulare.

Una cosa molto interessante che scoprono è che questo problema non è causato dal blocco di un enzima specifico, come capita spesso con gli antibiotici, ma dal fatto che la Clovibactina si lega chimicamente agli ingredienti che servono per creare quella molecola fondamentale, bloccando di fatto tutti i passaggi della sintesi.

Per semplificare, immaginate i batteri come cuochi che devono fare una ricetta. Un antibiotico classico andrebbe a rompere un singolo macchinario, un frullatore per esempio, mentre la Clovibactina va a “rovinare” tutti gli ingredienti.

Questo è molto importante perché quando si blocca un singolo passaggio, trovare una via alternativa per quanto difficile è comunque possibile, e quando ciò avviene, i batteri diventano resistenti e quindi insensibili al farmaco. Bloccando invece tutti i passaggi è molto più complicato trovare un’alternativa per ognuno, rendendo quindi difficilissimo sviluppare una resistenza.

Ricordiamoci che le mutazioni del DNA che rendono i batteri resistenti sono mutazioni casuali. Quindi è come giocare a una lotteria, in cui la maggior parte delle volte si perde. Vincere una volta è fattibile, ma vincere magari 3 o 4 volte inizia a diventare estremamente difficile. Il che è un’ottima spiegazione per la mancata formazione di batteri resistenti durante l’esperimento precedente.

Gli autori proseguono poi caratterizzando questo meccanismo in maniera molto dettagliata a livello chimico, ma purtroppo qua entriamo in un ambito di chimica estremamente avanzata che non è il mio campo e che quindi non riuscirei a spiegarvi in maniera corretta e soddisfacente.

Per cui possiamo riassumere questo studio dicendo che potremmo aver trovato un nuovo antibiotico molto efficace e con poco rischio di antibiotico-resistenza, ma che non ci deve far dimenticare una cosa fondamentale: ovvero, gli antibiotici che già abbiamo vanno usati con attenzione e sempre seguendo le indicazioni del medico.

Mai prendere antibiotici “a sentimento” e nemmeno interromperli prima o dopo quanto prescritto, perché questi sono i modi migliori per creare ceppi resistenti come quelli che ora causano enormi problemi in tutto il mondo.

Fonte: https://www.cell.com/cell/pdf/S0092-8674(23)00853-X.pdf

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