Negli ultimi tempi si è riaccesa la discussione pubblica sul nucleare, probabilmente a seguito delle parole del Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani che ha affermato di “non voler escludere nessuna fonte energetica, nemmeno il nucleare di nuova generazione”.
Questo tema così polarizzante ha però una valenza importantissima: al Parlamento Europeo si discute infatti di inserire l’energia atomica tra le fonti di energia pulita, e ciò avrebbe non pochi effetti sul Green Deal, la strategia europea per arrivare a zero emissioni nel 2050.
Vediamo quindi cosa ne pensano gli esperti: oggi intervistiamo l’Avvocato dell’atomo, una pagina fondata da Luca Romano di divulgazione pro-nucleare.
C’è chi ritiene che, alla luce del fatto che l’Italia abbia ampie disponibilità di energia eolica e solare, l’energia nucleare non sia necessaria nel “mix energetico”: è vero? Se é così, allora il nucleare è davvero necessario per la transizione ecologica?
Innanzitutto va detto che il presupposto di partenza è falso: l’Italia potrebbe produrre un discreto quantitativo di energia solare, vista la sua insolazione elevata (soprattutto al sud), ma per quanto riguarda l’eolico le possibilità sono molto limitate. Le due catene montuose del nostro paese bloccano infatti la circolazione delle correnti continentali, cosa che rende il nostro paese assai poco ventoso (fanno eccezione la Sardegna e la Sicilia): una conseguenza collaterale è tra l’altro l’elevato tasso di inquinamento in pianura padana, dovuto proprio al ristagnamento dell’aria.
Ma se anche fossimo un paese ventoso come l’Irlanda, che è costantemente esposta alle correnti atlantiche, non riusciremmo comunque ad arrivare alla decarbonizzazione completa (il famoso net-zero) con le sole energie rinnovabili. Resta infatti il problema dell’intermittenza delle fonti eolica e solare: il sole c’è solo di giorno, il vento non soffia sempre e non disponiamo di sistemi di accumulo sufficientemente potenti da consentirci di stoccare l’eccesso di energia prodotto nelle ore di vento e di sole per poi sfruttarlo di notte e quando il vento non soffia.
Se all’intermittenza giornaliera aggiungiamo poi quella dovuta ai cicli stagionali (d’inverno ci sono meno ore di luce e il sole è più basso sull’orizzonte) il problema si complica enormemente.
Per questo occorre affiancare alle rinnovabili una sorgente di energia a basse emissioni in grado di funzionare 24/7: ad oggi, questa può essere solo il nucleare.
Perché le persone sono spaventate dal nucleare? È possibile rispondere a questa paura semplicemente con i dati?
Nell’immaginario collettivo la parola “nucleare” è tipicamente associata a “bomba” e a “guerra”, in parte per colpa della guerra fredda e in parte perché il catastrofismo atomico è un tema che ritorna spesso nella cinematografia occidentale. A questo si aggiungono una generale diffidenza verso le tecnologie nuove (come possiamo vedere anche dalle proteste contro i vaccini e il 5G) e sconosciute (il nucleare, a differenza delle altre forme di energia, ha un funzionamento molto meno intuitivo) e un importante lavoro di propaganda svolto nei decenni da partiti e associazioni spesso finanziati (direttamente o indirettamente) dalle compagnie petrolifere.
Sicuramente per sconfiggere la paura i dati sono fondamentali, ma altrettanto sicuramente non sono sufficienti: anche questo lo abbiamo visto bene con le campagne vaccinali in corso. Le persone tendono ad essere più emotive che razionali, per questo è importante aiutarle ad affrontare le loro paure anche facendo leva sull’emozione opposta: la speranza.
È stato annunciato un aumento delle bollette del 30-45% nei prossimi mesi. Il nucleare in Italia avrebbe potuto prevenirlo o ridurlo?
Se avessimo mantenuto in attività le nostre centrali certamente avremmo subito meno gli effetti della crescita repentina del prezzo del gas e se avessimo un mix energetico simile a quello francese (70% nucleare, 25% rinnovabili, 5% gas) il rincaro sarebbe stato minimo (in Francia è stato appena del 4%).
D’altra parte la Francia ha scelto di puntare forte sul nucleare in seguito alla crisi petrolifera successiva alla guerra del Kippur (1973), proprio nell’ottica di smettere di coltivare la dipendenza da una materia prima dal prezzo fortemente instabile. Questa crisi energetica potrebbe essere lo spunto per altri paesi per seguire la stessa strada.
Una centrale nucleare potrebbe richiedere diversi anni per essere costruita, come riportano diversi paper e ricerche; in vista degli obiettivi di riduzione delle emissioni, l’Italia farebbe in tempo a costruire eventuali centrali nucleari?
Attualmente le centrali che hanno richiesto tempi più lunghi per la loro costruzione hanno impiegato 17 anni. Anche prendendo come modello questo caso estremo, avremmo decisamente tutto il tempo da qui al 2050 per dotarci di numerosi reattori.
Se poi consideriamo i tempi medi di costruzione vediamo che in realtà sono intorno ai sette anni; in Cina, Giappone e Corea lo standard è addirittura inferiore a cinque anni. Ovviamente è improbabile che l’Italia riesca a raggiungere quei livelli di efficienza, non foss’altro perché derivano dal fatto di avere moltissimi progetti in cantiere tutti molto simili, che portano ad una standardizzazione delle procedure e dei lavori, ma anche ipotizzando tempi un po’ più lunghi la decarbonizzazione al 2050 resta decisamente alla nostra portata.

È vero che il nucleare costa di più di altre forme di produzione di energia pulita? È una comparazione sensata?
Non è una comparazione sensata, per tre motivi: il primo è il fatto che, come ho spiegato prima, il nucleare non compete direttamente con le altre forme di energia pulita, in quanto queste ultime sono solitamente intermittenti (solare, eolico) o non sono disponibili ovunque (idroelettrico, geotermico).
Il secondo è che il grafico in considerazione parla esplicitamente di prezzo dell’elettricità da nuovi impianti, e i costi del nucleare sono concentrati all’inizio: se si va a vedere il costo attualizzato su tutta la vita dell’impianto il nucleare ha dei costi confrontabili con le altre forme di energia; se si guarda solo alle Long Term Operations, il nucleare è la fonte di energia più conveniente di tutte.
Il terzo motivo è che il costo di generazione dell’energia non coincide coi costi in bolletta: il kWh rinnovabile tende a costare molto poco, ma gli incentivi alle rinnovabili alzano i costi fissi della bolletta senza incidere sul kWh. Il costo di generazione del kWh tedesco non è molto diverso da quello francese, ma una volta applicate le tasse (che servono soprattutto a pagare gli incentivi e le quote per le emissioni) l’elettricità tedesca diventa tra le più care al mondo, mentre quella francese resta sotto la media europea.
Nonostante la tua posizione, ritieni che la produzione di Energia Nucleare presenti dei difetti? Quali?
Il primo difetto che mi viene in mente è che il costo attualizzato di produzione dell’energia nucleare è dominato dalla componente fissa dovuta ai costi iniziali (CAPEX): questo fa sì che sia molto poco conveniente modulare la potenza di un reattore, il che rende nucleare ideale per coprire il carico di base, ma non ottimale per coprire i picchi di consumo.
Un altro problema è che la capacità mondiale di implementare potenza nucleare installata è limitata, e non sarebbe in grado di far fronte ad una drastica impennata della domanda di reattori. C’è da dire che l’avvento dei reattori modulari di piccola taglia potrebbe risolvere entrambe queste problematiche.