le proposte di Calenda per i giovani
Foto di Alessandro T. per AlterThink

CALENDA: “5,5 MILIARDI PER TAGLIARE LE TASSE AI GIOVANI, DA ALTRI PARTITI SOLO RETORICA”

16 Novembre 2021

In Italia giovani sono i grandi assenti nel dibattuto pubblico dei partiti, così come i liberali sono i grandi assenti tra i partiti. Carlo Calenda, grazie alle ultime proposte sui giovani e all’adesione a Renew Europe, sta provando a invertire la tendenza.

Come Azione avete lanciato una campagna sui social a favore dei giovani, quali sono le proposte caratterizzanti?

Le proposte sono molto nutrite. Sul PNRR, per esempio, riguardano giovani, donne e bambini che riteniamo essere i gruppi sociali più fragili presenti in Italia. Le proposte vanno dalla riforma dei cicli scolastici alla questione della formazione, passando per gli ITS.

Inoltre, abbiamo formulato una proposta molto specifica sul fisco. Oggi i giovani italiani fino ai 25 anni guadagnano in media 9.900 € lordi all’anno. Questo significa che il 60% dei giovani in quella fascia di età avrebbe più convenienza a prendere il Reddito di Cittadinanza. Nella fascia fino ai 30 anni, invece,  guadagnando 15.000 € lordi l’anno, il 40% avrebbe vantaggio a prendere il RdC.

Quello che noi proponiamo è azzerare le tasse sui giovani fino ai 25 anni e dimezzarle fino ai 30.

Per questo emendamento avete stimato una spesa di 5,5 miliardi, quali coperture avete individuato?

Nella manovra è previsto un taglio del cuneo fiscale di 8 miliardi e si sta discutendo su come ripartirlo. Noi proponiamo di concentrare queste risorse a favore dei giovani, anziché fare operazioni trasversali che poi rendono molto modesto il taglio delle tasse. In questo modo si può dare un fortissimo boost, non solo per questa categoria, ma anche per l’economia in generale. I giovani, infatti, hanno una propensione alla spesa più alta, dovendo sistemarsi, rispetto agli adulti.

Ne fate anche una questione di equità intergenerazionale o solo di sviluppo economico?

L’idea è di incidere da entrambi i punti di vista, non è una proposta che avvantaggerebbe solo i giovani. Ci sono due problemi: innanzitutto, se non li fai guadagnare di più se ne vanno. I numeri ci parlano di circa 131mila ogni anno. Con questo trend la società non può sostenersi. Dall’altro lato è necessaria perché i genitori oggi pagano il delta che serve ai giovani per vivere. Con questa proposta possiamo incentivare anche la sostenibilità delle famiglie.

Sempre al Festival de Linkiesta ha detto “nessuno voterà quest’emendamento perché i giovani sono risorse scarse” (min 44:25), quindi sta dicendo che tutti i partiti in Parlamento, PD incluso, sono nemici dei giovani?

No, non sono nemici dei giovani. Ma quando si tratta di non fare retorica e compiere degli atti si guarda la consistenza dei bacini elettorali. Purtroppo i giovani sono relativamente pochi rispetto alla popolazione più adulta e spesso si cerca di dare un pochino a tutti, anziché prendere di petto un problema. Questa è la storia della politica italiana degli ultimi anni.

Eppure il PD di Letta ha come cavallo di battaglia Dote18, perché un giovane dovrebbe preferire la vostra proposta?

Io penso che il modo in cui si aiutano i giovani in una fase della vita dove è più complicato fare, ad esempio, scelte di tipo imprenditoriale, sia distribuire il vantaggio che avranno nel corso degli anni con l’aumento della retribuzione. È più pericoloso a mio avviso dare una lump sum (una somma di denaro in una botta sola n.d.r). Il rischio sarebbe che fosse predata da chi giovane non è. Inoltre, ciò che è importante è sapere che il tuo reddito costante aumenta ogni mese, perché ti consente di pianificare meglio.

Molti dicono che sull’istruzione si debba spendere di più, pochi lo fanno, ma il tema vero potrebbe essere la qualità della spesa piuttosto che la quantità?

Certamente lo è, in particolare nella scuola secondaria. Il nostro delta di spesa è soprattutto sull’università. Detto questo, serve sostanzialmente, a mio avviso, un provvedimento che reimmagini la funzione della scuola: in particolare  la scuola dovrebbe garantire il tempo pieno. Le famiglie sono sempre meno in grado di  stare con i figli, soprattutto nel pomeriggio, e aiutarli all’avvio alla lettura, all’insegnamento delle lingue, allo sport. Quindi inevitabilmente si crea una frattura sociale: le famiglie che lo fanno sono solo quelle che hanno disponibilità di reddito elevata, mentre invece questa è la prima cosa che lo Stato dovrebbe assicurare.

Peraltro la proposta che abbiamo fatto è anche quella di identificare delle zone dove il disagio educativo è particolarmente forte e lì prestare un’attenzione particolare, investendo più risorse in modo da colmare questo gap che diventa di vita.

L’impostazione gentiliana che la scuola italiana ha mantenuto è limitante? É un modello da superare?

Sì. La questione non è solo relativa all’insegnamento frontale, è un discorso più profondo.

C’è una dote di conoscenze di base da rafforzare fino alla scuola secondaria superiore, dopodiché devi essere in grado di insegnare la metodologia per imparare. Quello che è chiaro oggi è che le tue competenze pagheranno nel tempo. La metodologia rispetto al concetto prevale nelle scuole più avanzate.

Come valuta l’introduzione dell’educazione civica come materia obbligatoria introdotta dal governo Conte I?

L’educazione civica inserita dal Conte aveva due limiti: la poca preparazione degli insegnanti e, soprattutto, la vastità delle materia, che copre ogni cosa dello scibile umano.

Invece servirebbe fare educazione istituzionale. Secondo me servirebbe concentrarsi sul meccanismo della rappresentanza, cosa è la democrazia, come funziona, quali sono le istituzioni del nostro paese e quali sono le loro competenze: Comuni, Regioni, Stato Centrale ed Europa. Altrimenti il voto diventa inconsapevole, tutto questo con livelli di profondità crescente a partire dalla scuola secondaria superiore.

In settimana ha deciso di fare richiesta di adesione a Renew Europe, il gruppo liberaldemocratico al Parlamento Europeo. Precedentemente aveva dichiarato di restare nel gruppo S&D per coerenza rispetto alle promesse elettorali del 2019. Il probabile ingresso del M5S è una condizione sufficiente per venir meno a tali promesse?

Sì, ho sempre detto così: io ero rimasto in Europa nel gruppo PD-Siamo Europei perché non c’erano i 5 Stelle, a differenza dell’alleanza che è nata in Italia. Ho sempre detto che il giorno in cui sarebbero entrati i 5 Stelle me ne sarei andato.

Stare in un gruppo insieme è molto più che un’alleanza tra partiti, vuol dire esprimere le proprie idee dopo averle discusse con qualcuno che è quasi all’interno del tuo partito. Come Azione abbiamo una situazione simile nel Parlamento italiano insieme a Più Europa, con cui c’è una grande identità di vedute. Adesso, averlo con Giarrusso e compagni mi sembra oggettivamente un po’ arduo. E credo anche per molti altri che sono nel PD…

Quindi lei dà per certo che i 5 Stelle entreranno in S&D?

Sì, assolutamente per certo. 

E allo stesso tempo rifugge l’idea che il Movimento 5 Stelle abbia moderato le proprie posizioni e si sia effettivamente avvicinato ai valori socialdemocratici?

No, io non rifuggo questo. Penso che abbia moderato le proprie posizioni. Il problema è la duttilità del Movimento 5 Stelle: il fatto che oggi vota questo senza aver mai spiegato perché ha votato quell’altro.

In una legislatura è passato da Farage ai socialdemocratici dopo aver bussato a tutti i gruppi del Parlamento Europeo. Non mi sembra una gran convinzione socialdemocratica, mi sembra che lo facciano, come tutte le cose che fanno, per ragioni di opportunismo politico. 

In questo momento, del resto, è molto difficile dire cosa sia il Movimento 5 Stelle. La linea del M5S è quella attuale di Conte, del Conte precedente, di Grillo attuale o della Raggi che non appoggia Gualtieri? Che cacchio è il Movimento 5 Stelle? Non è che si capisca molto.

Dal PD dicono che Conte è cambiato…

Io dico di andarci coi piedi di piombo. Non è che non si apprezzi il fatto che Conte si sia pentito dei Decreti Sicurezza, il problema è che non dice di essersi pentito. Dice che li ha fatti Salvini, che è una presa per i fondelli.

Possiamo pure far finta che “il nemico del mio nemico” va sempre bene, però attenzione: quelli ci mettono sette secondi a fare un voltafaccia e ricominciare da capo se c’è l’opportunità di salvare la poltrona.

L’ingresso nei Socialisti e Democratici, però, presuppone un accordo non solo con il PD, sbagliano anche tutti gli altri a suo avviso?

Gli altri sono tutti contenti, non sbagliano. Semplicemente si prendono 8 deputati in più prima del “mid-term”, che ridefinisce tutte le cariche. Il ragionamento è abbastanza spregiudicato, non è un caso che questo ragionamento si faccia adesso e non dopo. Avendo 8 deputati in più, possono ambire ad ottenere più cariche.

Poi diciamo che, in questi casi qui, decide il gruppo di appartenenza dello Stato.

A Renew Europe sono affiliati due partiti europei: avete già scelto se aderire ad Alde o al Partito Democratico Europeo?

No, ma è un po’ irrilevante.

Al Parlamento Europeo lei votava come il Partito Democratico…

No, io al Parlamento Europeo facevo parte della componente PD-Siamo Europei: un simbolo che il Partito Democratico ha condiviso con il movimento d’opinione che avevo costruito.

Ad ogni modo votava in assonanza con quel gruppo, adesso voterà come Renew Europe?

Dentro Renew Europe trovo che ci sia assoluta libertà, a parte che sono tantissime le volte in cui socialdemocratici e liberali votano insieme. Io considero che la libertà e l’assenza di vincolo di mandato dei rappresentanti sia uno dei fondamenti della democrazia liberale.

Poi, al di là di questo, addirittura nella delegazione italiana dell’S&D spesso c’erano discrepanze. Il Partito Democratico stesso, fino a Renzi, non aveva scelto uno dei due gruppi. Non è che sia questo gran strappo.

A Renew Europe sono già affiliate Più Europa, Radicali Italiani e Italia Viva, dopo il suo annuncio si è iniziato a parlare convulsamente di costruire una “Renew Europe italiana”…

Io non credo a queste operazioni che partono dall’UE e si costruiscono in Italia: le realtà sono diverse. Con Più Europa siamo di fatto nello stesso gruppo in Camera e Senato, lavoriamo costantemente insieme. Tra l’altro abbiamo deciso che io darò voce anche alle istanze di Più Europa al Parlamento Europeo.

Con Italia Viva la storia è diversa: delle volte siamo stati alleati e delle altre io non capisco la linea politica. Per me, nel rinnovamento della politica italiana, un grande movimento riformista in Sicilia non può stare con Micciché (anche Più Europa lo fa n.d.r) e, aggiungo, non può prendere soldi dall’Arabia Saudita. Altrimenti fai il riformista in Europa e in Italia il non si sa che.

Perché avete deciso di cambiare simbolo dopo la campagna elettorale a Roma?

Perché noi avevamo in pipeline da un po’ di tempo un’analisi sul PNRR e sulla politica ambientale molto approfondita. Io non volevo dare una pennellata di verde così a caso, ma di sostanziarla con delle proposte concrete. Solo dopo aver presentato il piano ambientale abbiamo deciso di mettere in evidenza quello che un partito riformista dovrebbe fare oggi, lavorare sulla doppia transizione.

Nel simbolo ora ci sono i colori della doppia transizione: il blu di quella digitale e il verde di quella ambientale.

Sia il cambio del simbolo che il cambio di appartenenza al gruppo europeo sono decisioni che, solitamente, prende un Congresso o una Direzione eletta da un Congresso. Azione non ne ha fatti per ora, lo avete in programma finalmente?

Abbiamo chiuso oggi (ieri n.d.r.) il regolamento congressuale: i congressi regionali e provinciali si terranno entro il 18 dicembre e faremo il congresso nazionale appena eletto il Presidente della Repubblica. Non ho voluto fare il congresso virtualmente, non avrebbe veramente avuto nessun senso. Ma tengo a precisare un fatto.

Mi dica…

Tutte le decisioni oggi sono prese dal Direttivo, per cui non è che io ho deciso il cambio di simbolo o il modo di  regolarsi in Europa. Il direttivo nazionale è molto ampio, consta di una cinquantina di persone tra cui tutti i responsabili territoriali, come previsto dallo Statuto in fase transitoria.

3 Comments LASCIA UN COMMENTO

  1. Concordo con Elvio Cecchini. Apprezzo molto anche, come insegnante, la proposta sulla scuola. Credo tuttavia che una organizzazione interna del partito più democratica e trasparente sia necessaria e urgente e penso anche che se aspettiamo che tutti i liberaldemocratici riformisti siano d’accordo su tutto non sarà possibile dare vita a quel partito libdem unitario che è oggi a mio parere indispensabile per combattere il bipopulismo.

  2. Condivido la linea sui giovani, sull’ambiente e sui 5S, ma serve organizzare rapidamente la base del partito per alimentare il bacino elettorale con azioni politiche coordinate su tutto il territorio nazionale e formare una consapevolezza condivisa sulle tematiche comuni

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