tassa di successione Letta

LETTA RESTITUISCA AI GIOVANI UN FUTURO, NON 10MILA EURO

Nelle ultime settimane si è molto discusso della proposta del segretario del PD, Enrico Letta, di aumentare la tassa di successione per ricchi al fine di finanziare una dote di diecimila euro in favore dei diciottenni. Verrebbe mantenuta la franchigia di 1 milione di euro e l’aliquota massima di tassazione per le eredità e le donazioni tra genitori e figli superiori a 5 milioni di euro salirebbe dal 4% al 20%. La dote, invece, verrebbe assegnata in base all’ISEE, quindi non sarebbe una misura erga omnes. Un’iniziativa simile, anche se molto più dettagliata, è stata propugnata un anno e mezzo fa dal Forum Disuguaglianze Diversità di Fabrizio Barca. Letta cerca così di posizionarsi su un tema centrale per la sinistra internazionale, ben rappresentata dall’economista anticapitalista Thomas Piketty.

La replica di Draghi e i lavori della Commissione Finanze

In occasione della conferenza stampa del venti maggio, Draghi ha smentito la possibilità di accogliere la richiesta del Partito Democratico, che ha difeso come una falange il suo segretario.

La posizione di Draghi è giustificata dal fatto che la Commissione Finanze, presieduta da Luigi Marattin, sta lavorando a una riforma fiscale complessiva. Nel PNRR consegnato a Bruxelles, infatti, non si parla di un aumento della pressione fiscale, bensì di un riordino di uno dei sistemi fiscali più vessatori dell’eurozona.

L’economista di Italia Viva ha replicato al Foglio dicendo che “la maggior parte di coloro che hanno espresso perplessità abbia semplicemente trovato strano che si sia proposto di alzare una tassa, non solo senza dire quali altre si abbassano, tipo quelle sul lavoro, ma per finanziare un aumento di spesa”. L’obiettivo della Commissione, infatti, è di abbassare la pressione fiscale complessiva, quindi, pur nell’ipotesi di alzare la tassa di successione, il gettito non potrà aumentare. È ragionevole pensare che la tassazione sui patrimoni crescerà, allineandosi agli altri paesi europei, facendo dimuinire il peso delle tasse sul lavoro. Tuttavia, Letta ha specificato che la dote18 non dovrebbe essere finanziata a debito e non ha parlato di taglio di spese inutili, pertanto la sua proposta, almeno nell’attuale formulazione, non è inseribile nell’alveo della riforma fiscale.

Le coperture non sono un dettaglio

I neodiciottenni, come ha notato l’economista Sandro Brusco su Il Riformista, sono circa 560mila ogni anno e, se a metà di loro venissero dati 10mila euro, tale operazione peserebbe 2,8 miliardi alle casse dello Stato. Un altro economista, Salvatore Morelli, su Domani riporta che nel 2016 il gettito della tassa è stato di 420 milioni. Anche moltiplicando per 5 questa cifra si possono ottenere fino a 2,1 miliardi, che coprirerebbero solo il 75% della spesa (la moltiplicazione per 5 deriva dall’aumento sopracitato dell’aliquota dal 4% al 20%).

Brusco, inoltre, ravvisa anche un altro problema. È l’intero gettito a constare di 420 milioni, non quello prodotto dalle eredità superiori a 5 milioni, e Morelli riporta che “il gettito è concentrato sui lasciti inferiori al milione di euro”. In questo caso, le coperture risultano addirittura inferiori. L’economista della Stony Brook University osserva anche che “se gli immobili venissero valutati al valore di mercato, il gettito della tassa aumenterebbe sostanzialmente”. Ma dal Nazareno non sono arrivate indicazioni in merito. Il proposito di non coprire la proposta a debito, quindi, al momento sembra decisamente velleitario.

Iniziare oggi a finanziare un provvedimento di questo genere significherebbe, inoltre, discriminare i diciottenni di ieri. Tantissimi diciannovenni e ventenni, ad esempio, si vedrebbero beffati da un sistema tale per cui i ragazzi poco più giovani di loro riceverebbero questa dote, mentre loro no. L’unica loro colpa, magari anche con un ISEE molto basso, sarebbe quella di aver compiuto la maggiore età qualche anno prima degli altri. Se la misura sostenuta da Letta fatica a trovare le coperture, anche solo per destinare la dote non a debito a metà dei diciottenni, non osiamo immaginare quanto possa essere sostenibile un provvedimento meno iniquo, dal momento che quella attuale rischierebbe di creare ulteriori disuguaglianze per un mero criterio anagrafico.

Le tasse non sono una cosa bellissima

Brando Benifei, capodelegazione del Partito Democratico al Parlamento europeo dal 2019, ha inoltre rilanciato sui social l’idea di dote18 finanziata con la tassa di successione attraverso un manifesto con scritto “l’1% dei ricchi restituisca al 99% dei giovani”. A seguito della giustificata indignazione di molti utenti, Benifei ha ammesso di aver scritto in prima persona il testo, prendendosi la responsabilità del linguaggio utilizzato.

Il manifesto in questione è stato oggetto di critiche principalmente per tre motivazioni. Innanzitutto per la reiterazione nell’uso – e abuso – della retorica dell’ “1% più ricco”, che sarebbe colpevole dei problemi del resto della popolazione e si arricchirebbe alle spalle dei più poveri. Costoro non sembrano considerare, in un’ottica puramente marxista, il fatto che il guadagno non è necessariamente una sottrazione di plusvalore nei confronti dei lavoratori. In secondo luogo è stato contestato l’utilizzo del verbo “restituire“, che presuppone un appropriazione indebita o , almeno, moralmente riprovevole. Infine, non è chiara la questione del 99% dei giovani. In quest’ottica l’erogazione della dote sarebbe inibita a pochissimi, magari i figli dei ricchi stessi. Eppure, come già ribadito, la proposta di Letta riguarderebbe unicamente i 18enni sotto una determinata soglia ISEE. Benifei ha deliberatamente scelto di fare propaganda erronea usando un linguaggio che è più eccitante per l’elettorato più a sinistra.

L’uso del verbo “restituire” è un sintomo del background ideologico dei proponenti. Per la sinistra, almeno quella italiana, le tasse sarebbero “una cosa meravigliosa”, citando Padoa Schioppa. Invece, le tasse sono un male necessario, una rinuncia che i cittadini fanno in cambio di servizi e di una maggiore coesione sociale. La redistribuzione non è un fatto buono in sè, dev’essere utile ai fini del raggiungimento degli obiettivi citati. Altrimenti la tassazione diventa una mera modalità con cui i politici provano a conquistare delle fette di elettori sulla pelle di altri.

E allora Hayek ed Einaudi?

In queste settimane sono state numerosissime le corrette citazioni di celebri passi di due punti di riferimento del liberalismo, Friedrich von Hayek e Luigi Einaudi. I due erano tendenzialmente favorevoli alla presenza di una tassa di successione, ma in contesti ben diversi dall’Italia del 2021. Ciò che sfugge ai socialisti, convinti che il mondo sia immutevole, è che il liberalismo è un metodo, non un’ideologia. Significa che è opportuno analizzare ogni contesto singolarmente e intervenire, coerentemente con i valori liberali, nel modo più adatto a tale contesto. Ovviamente esistono anche liberali fortemente ideologizzati, ma rappresentano la minoranza di una minoranza.

Parlare per citazioni è spesso stucchevole, farlo con autori simili diventa proprio un errore. Siamo sicuri che Einaudi sarebbe favorevole ad aumentare la pressione fiscale hic et nunc? Siamo certi che Hayek avrebbe visto di buon occhio l’erogazione di un sussidio senza le coperture opportune? No, anzi. Chi scrive non è ostile alla tassa di successione in sé, lo è in questo contesto. A maggior ragione visto che è in cantiere una riforma complessiva del fisco, che potrebbe renderlo veramente più equo.

E allora Biden?

Letta ha anche dichiarato che “a Cleveland, Joe Biden ha chiesto all’1% più ricco del suo paese di aiutare di più la parte più in difficoltà. Nessuno, lì, ha gridato allo scandalo.” Prima che i lettori sobbalzino e diano ragione alla propaganda del segretario del PD, e bene riportare qualche dato in proposito. Biden propone di riportare l’aliquota sui redditi più alti, il tanto vituperato 1% della popolazione, dal 37% attuale al 39.6%. Tale aliquota negli Stati Uniti si applica ai redditi annuali sopra i $523,000, da noi, invece, l’IRPEF al 38% si paga dai €28,000-55,000. Suggeriamo ai lettori di sobbalzare adesso e, possibilmente, di essere d’ora in poi diffidenti nei confronti di chi vuole mistificare la realtà per raccattare qualche voto.

E allora, caro Letta, restituiscici un futuro

Una delle frasi più abusate dall’opinione pubblica e dalla politica è “l’Italia non è un paese per giovani”. Anche Letta recentemente si è unito al coro. E allora, sommessamente, facciamo qualche domanda per provare a capire chi è dalla parte dei giovani.

Chi ha completamente ignorato i disagi psicologici subiti dai giovani a causa del lockdown? Quali partiti hanno contribuito a definire i giovani come untori durante la pandemia e hanno tenuto chiuso scuole e università ben oltre l’accettabile? Chi ha contribuito ad aumentare a dismisura la spesa pubblica, privilegiando i più anziani? Chi ha contribuito a costruire un fisco vessatorio che rende impossibile fare impresa per i giovani? Quale partito ha governato negli ultimi trent’anni quando la famosa “fuga dei cervelli” è diventata patologica? Chi ha reso la scuola un’agenzia di collocamento per i docenti, anziché renderla il vero baluardo per abbattere le disuguaglianze? Chi non si è curato del numero crescente di giovani NEET nel nostro paese? Potremmo andare avanti per ore, ma confidiamo che i lettori abbiano capito l’antifona.

Questa proposta è la tipica bandierina da piantare in un governo di larghe intese, per prendere posizione e rimarcare la propria distanza dagli avversari tradizionali. Come non è bastato essere contro a Berlusconi per fare buona politica, non basterà essere contro a Salvini e Meloni. Aggiungere una tassa dal gettito incerto, al di fuori della riforma che tutto il Parlamento si sta impegnando a realizzare, per dare un bonus ai diciottenni è un modo subdolo per fare populismo. Nessuno crede, infine, che metà dei diciotenni, ovvero i destinatari del bonus, siano assimilabili alla totalità dei giovani. L’ennesimo dettaglio della proposta di Letta che suona come una presa in giro. Dopo decenni in cui la politica, PD incluso, ha preso a picconate il nostro futuro, non saranno diecimila euro, nemmeno destinati a tutti i giovani, a cambiare alcunché.

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