In attesa di capire come evolverà la delicata situazione sul fronte, cerchiamo di conoscere le cause culturali e politiche che hanno portato a questa guerra: lo facciamo intervistando Aldo Ferrari, docente di Lingua e Letteratura Armena, Storia della Cultura Russa e Storia del Caucaso e dell’Asia Centrale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e direttore del Programma di Ricerca su Russia, Caucaso e Asia Centrale per l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) di Milano.
Innanzitutto: perché la Russia ha attaccato l’Ucraina? Come siamo arrivati a questo punto?
Siamo arrivati a questo punto, esponendo il punto di vista di Mosca, perché la Federazione Russa ha da decenni chiesto con forza all’Occidente di bloccare formalmente l’espansione verso Est della NATO attraverso accordi scritti, dato che le promesse orali fatte a Gorbaciov nel periodo della fine dell’Unione Sovietica non vennero mai rispettate. L’Occidente ha risposto in maniera negativa, affermando che dal punto di vista del diritto internazionale, giustamente, i paesi indipendenti e sovrani possono entrare in qualsiasi organizzazione vogliano, comprese quelle militari; per la Russia però non si tratta di princìpi ma di sicurezza nazionale, sulla quale come detto più volte non si transige. Noi chiaramente non accettiamo questo tipo di impostazione, ma il Cremlino, dopo aver chiesto da mesi di soddisfare la sua richiesta di sicurezza, ha ritenuto opportuno e necessario agire diversamente, attaccando l’Ucraina, partendo da Nord attraverso la Bielorussia e da Est e Sud attraverso le Repubbliche di Donetsk e Luhansk e la Crimea. Non conoscendo i piani militari e strategici russi possiamo solo avanzare ipotesi, ma presumibilmente non si dovrebbe configurare una annessione dell’intera Ucraina: sarebbe uno scenario difficilissimo da gestire per Mosca, se non impossibile. Però questa è materia del futuro, non del presente.
C’è stato un punto molto discusso del discorso di Vladimir Putin in cui ha affermato testualmente che “l’Ucraina non è una nazione e non lo è mai stata”. Essendo un esperto di slavistica, se la sente di contestare queste dichiarazioni o si possono individuare degli elementi per sostenere la tesi di Putin?
L’affermazione di Putin è molto forte e molto poco diplomatica che dal punto di vista storico-culturale può essere contestata, ma io non me la sento di dire che sia completamente falsa: è un dato di fatto che l’Ucraina abbia iniziato a esistere come stato indipendente nel 1991. Non è un dato casuale: nei secoli precedenti il paese era un territorio che è stato sotto dominazioni russe o ungheresi, lituane e polacche. Questo non vuol dire che l’Ucraina non abbia diritto ad esistere, ma è un paese che solo di recente stava completando (e rimane ancora incompiuta) la sua definizione culturale, statale, politica e persino linguistica: la maggior parte degli ucraini parla russo, e lo parlava fino alle recenti crisi; l’ultima volta che mi sono recato nella capitale Kiev, nel 2016, il russo era la lingua dominante, ed era quasi esclusiva in territori come la Crimea o Odessa. Inoltre i legami tra Russia e Ucraina sono fortissimi: il primo stato russo nasce nel 862 a Kiev, l’attuale capitale; il nome Ucraina (derivante dal toponimo “U krajina”, la frontiera) non compare prima del XV/XVI secolo. Insomma, le dichiarazioni di Putin possono e devono essere affrontate, non sono la verità storica, ma dire, come sento fare assai spesso, che si tratti di una totale falsificazione per alimentare la propaganda mi sembra esagerato: Putin ha espresso in maniera politicamente forte l’interpretazione tradizionale che il Cremlino a dà dei propri rapporti con Kiev; sicuramente gli ucraini vedono il loro rapporto con la Russia in tutt’altro modo e ciò deve essere accettato (anche se i russi faticano moltissimo a farlo), ma si tratta di questioni che storicamente e culturalmente possono essere discusse. Usare questa rivendicazione storico-culturale in questo contesto serve sostanzialmente a legittimare l’invasione di un paese indipendente, riconosciuto come tale dalla comunità internazionale.
Come è giustificabile la nascita delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Luhansk e, nel 2015, della Repubblica di Crimea? Ci sono cause culturali o è sono un espediente politico?
Quelli sono territori locati ad Est, e più in Ucraina si va verso Oriente e più aumenta la percentuale di russi etnici e di russofoni, che vennero inseriti in epoca sovietica nel paese. Quando nel 2014 ci fu la grande crisi che vide l’annessione della Crimea alla Russia, nelle regioni del Donbass emersero movimenti spontanei o eterodiretti (legati a Mosca, difficile dirlo con sicurezza) che chiedevano, di fronte al cambiamento di regime avvenuto a Kiev in maniera discutibile, con alcune caratteristiche definite da alcuni più da “colpo di stato” che da cambiamento democratico, di rendersi indipendenti. Dire che questo giustifichi l’indipendenza mi sembra eccessivo, soprattutto dal punto di vista del diritto internazionale che non riconosce alle regioni autonome il diritto alla secessione. Mosca ha appoggiato in maniera strumentale le richieste separatiste in Donbass per rendere più difficile l’ingresso dell’Ucraina nella NATO, che tra l’altro non può accogliere al suo interno paesi che abbiano contenziosi territoriali. Quando Putin ha riconosciuto l’indipendenza di queste due repubbliche sembrava possibile che si formasse uno stallo simile a quello che si produsse dopo che Mosca riconobbe la sovranità delle repubbliche secessioniste in Georgia, vale a dire l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud, ma invece la Russia è andata avanti con l’invasione completa dell’Ucraina.
Conoscendo la Russia e l’Ucraina, come può evolvere questo conflitto? Si può estendere anche ai paesi confinanti con la Russia come ad esempio i Baltici e la Finlandia?
Francamente non credo che il conflitto si estenderà, la Russia teme la NATO e non attaccherà mai un paese sapendo che in questo modo scatenerà la Terza Guerra Mondiale; se la NATO non reagirà militarmente (e non lo farà perché Kiev non fa parte dell’alleanza), il conflitto si limiterà all’Ucraina con il coinvolgimento parziale della Bielorussia che è alleata con Mosca.
Dalla rivoluzione arancione del 2004, fino agli eventi di questi giorni, passando per l’Euromaidan e la crisi in Crimea: quali sono le cause politiche e culturali che hanno portato l’Ucraina a cambiare così tanto in solo 20 anni?
L’Ucraina è un paese giovane e non perfettamente costituito, derivante dalla fusione di regioni storicamente e culturalmente diverse, che anche per colpa della resistenza russa ad accettarla come uno stato indipendente non è riuscita a compiere un passo deciso verso uno sviluppo economico e politico. È un paese dominato da alcuni personaggi ricchissimi, i cosiddetti “oligarchi”, che controllano sia l’economia che la politica del paese, e che vive sotto la spada di Damocle della Russia che non accetta sostanzialmente la sua autonomia e ne rifiuta ogni prospettiva di ingresso nella NATO. L’Ucraina si trova in una situazione piuttosto complessa: noi ce la immaginiamo come un paese completamente formato in stile occidentale, ma è difficile affermarla come tale; se si va ad esempio in città come Odessa, si può osservare che la stragrande maggioranza degli abitanti è di lingua russa, e lo stesso avviene in molte altre regioni. L’elemento linguistico non è l’unica discriminante, però è un dato estremamente significativo; inoltre l’economia di Kiev è estremamente dipendente da Mosca, e la scelta occidentale che hanno fatto i dirigenti dal 2014 (anno della rivoluzione pro-occidentale di Euromaidan, ndr) è spiegabile e legittima dal punto di vista politico-culturale ma trascura un dato strutturale e molto chiaro, storico: la Russia e l’Ucraina sono state per secoli, sia sotto l’Impero Russo che in Epoca Sovietica, parte dello stesso sistema politico culturale ed economico. L’Ucraina, come la Georgia, può aspirare ad entrare nella NATO, ma concretamente è legata allo spazio storico, culturale e politico russo: non è in grado, e ancor meno lo sarà adesso, di fare ciò che desidererebbe, ovvero entrare completamente nella sfera europea. Può dispiacere a noi occidentali e agli ucraini, ma la realtà è questa, e fare politica trascurando la realtà è un grave errore che porta a conseguenze molto negative e anche tragiche, come in questo caso.