Atac Roma - Irisbus Citelis via WikimediaCommons

Atac è bellissima: trasporti ed elezioni a Roma

5 Ottobre 2021

“La voce secondo cui vorrei privatizzare ATAC? È una calunnia” sentenzia Roberto Gualtieri. Il candidato sindaco del centrosinistra alle elezioni comunali di Roma risponde così alle accuse mosse in primis dal Sindaco uscente Virginia Raggi. Affermazione tanto paradossale quanto poco originale quella di Gualtieri, che subito dopo si vanta di esser stato protagonista, in qualità di Ministro dell’Economia e delle Finanze, di ben 5 nazionalizzazioni.

Erano note da tempo le intenzioni sue e della sua squadra riguardo l’infausta condizione dei trasporti romani e della società che ne gestisce una larga parte. Sintetizzando il programma fino ad arrivarne al nocciolo potremmo giungere a qualcosa come “ATAC è bellissima”. Volendo essere più generosi si potrebbe riportare la frase secondo cui l’azienda dovrebbe essere rivitalizzata “per farne un volano di sviluppo della città”. È sufficiente chiudere gli occhi e fantasticare. Riaprendoli, però, la realtà è un’altra, e più che di rivitalizzazione si potrebbe parlare di devitalizzazione.

Un recente report dell’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma Capitale mostra come l’offerta di TPL soddisfi le esigenze del solo 23% degli intervistati e sia drasticamente diminuita (per quanto riguarda il trasporto di superficie) negli ultimi 6 anni, con un servizio effettuato nettamente inferiore (del 17% nel 2019) a quello previsto dal contratto che ATAC stipula con il Comune e puntualmente non rispetta, nonché un’affidabilità (sempre riferita alla rete di superficie) che si aggira intorno ad un misero 50%. Pochi dati ma sufficienti a confermare uno scenario ormai usuale per l’utente (occasionale o routinario) di tram, filobus (oggi prevalentemente fermi in deposito per problematiche contrattuali relative alla manutenzione) e autobus della capitale.

Ecco allora che Gualtieri, dopo “un bel giro (ma insolito, ndr) prendendo bus e metro”, dichiara di voler rilanciare la municipalizzata. Come? Non è molto chiaro, ma sicuramente con altri soldi del contribuente. Tra 2009 e 2019 le perdite di ATAC sono state complessivamente di 1,4 mld di euro, a cui si sommano gli 8 mld di contributi pubblici, con costi di vettura chilometro non indifferenti e percentuali di assenteismo dei dipendenti che si attestano (nel 2019) al 12,5% (a Milano ATM <8%). Un mostro di efficienza, un pozzo senza fondo.

Emblematico come sull’ultimo dato citato (percentuali di assenteismo) nessuno dei 4 più importanti candidati si sia soffermato. Nemmeno Carlo Calenda, l’unico a proporre una soluzione che quantomeno si prospetta diversa e si scontra con la roccaforte del TPL capitolino. La riserva di voti insita in ATAC (così come nelle altre società direttamente controllate da Roma Capitale, vedasi AMA) è troppo preziosa per chiunque miri al governo della città (la sola ATAC conta più di 11.000 dipendenti). È un circolo vizioso che causa le accuse di Raggi a Gualtieri e le dichiarazioni di Gualtieri stesso nonché le cards di Michetti. Tutto ciò ignorando, al contempo, gli esiti di un referendum (messi subdolamente sotto il tappeto dal Sindaco uscente) in cui i romani si sono espressi a favore della messa a gara del servizio di trasporto pubblico.

È proprio il referendum di tre anni fa promosso dai Radicali (ora grottescamente alleati di Gualtieri) a centrare il punto, in uno scenario dove la narrazione apocalittica delle privatizzazioni si pone come unica alternativa ad una (disastrosa) gestione pubblica e soggiogata alla politica. Le possibili soluzioni si trovano, come sempre, nel mezzo. Quella proposta da Andrea Giuricin (Istituto Bruno Leoni) auspica una messa a gara del servizio che concretizzi una forma di “concorrenza per il mercato”, con gare realmente contendibili tra diversi operatori (privati ma anche pubblici) e una regolazione indipendente dalla politica (tramite un’Agenzia).

Il cammino verso una soluzione ottimale e realmente efficiente è lungo e tortuoso, forse la destinazione utopica. Eppure stride con la realtà dei fatti il mantra “pubblico è meglio” urlato dalla politica (romana ma non solo). I velleitari programmi di risanamento aziendale nascondono ipocritamente l’interesse immenso che i partiti hanno a mantenere il controllo di grandi fucine di voti quali le municipalizzate sono. È un peccato (ma non sorprende) che si sia persa un’altra potenziale occasione per cambiare lo stato delle cose (fatta parziale eccezione per il programma di Calenda) verso una prospettiva di maggior efficienza, laddove la situazione si presenta già particolarmente problematica in termini di efficacia, anche percepita. “Continuiamo così, facciamoci del male”.

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