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CORONAVIRUS E SALUTE INTELLETTUALE

23 Dicembre 2020

Ormai da quasi un anno il Covid-19 è il protagonista indiscusso dei media, ma quanto effettivamente si discute degli effetti sulla salute mentale, o per meglio dire, sulla salute intellettuale?

Covid-19, pandemia, lockdown, quarantena, isolamento, distanziamento, focolaio, ondata, positivo, negativo, sintomatico, asintomatico, mascherina, immunità, tampone, vaccino, economia, ristori, zona verde, gialla, arancione, rossa, blu, (“nuntereggae più”). Queste, tra le altre, sono le parole che ormai da quasi un anno sentiamo e leggiamo tutti i giorni. Quanto raramente si sentono, invece, parole quali: psiche, mente, intelletto? Proprio per questo, oggi, Anna Spadafora, psicanalista, cifrante e direttore editoriale della rivista “La città del secondo rinascimento”, ci parlerà  della salute intellettuale ai tempi del coronavirus.

Intervista ad Anna Spadafora

Nei media e nei talk show televisivi si parla continuamente degli effetti del Covid-19 sulla salute fisica, ma molto raramente delle ripercussioni sulla salute mentale delle persone che lo hanno avuto, che lo hanno trasmesso ai propri cari, ma anche di chi, pur non avendolo contratto, ne è angosciato. Dunque, quanto è minacciata la nostra salute mentale? Quali potrebbero essere i primi segnali di disturbi psichici?

Per rispondere alla tua domanda, devo fare una premessa: dire che possono intervenire “ripercussioni sulla salute mentale”, non soltanto di questa epidemia, ma di qualsiasi evento e accadimento, implica la credenza nella malattia mentale. Ora, già all’inizio degli anni sessanta, il padre dell’antipsichiatria Thomas Szasz (professore di psichiatria alla Siracuse University dal 1956) ha dimostrato l’inesistenza della cosiddetta malattia mentale. In seguito alla pubblicazione del suo libro rivoluzionario Il mito della malattia mentale, sono nati i movimenti contro gli abusi della psichiatria che hanno portato alla chiusura dei manicomi in molti paesi civilizzati, compresa l’Italia, che approvò la legge Basaglia, dal nome del promotore della riforma psichiatrica nel nostro paese. Purtroppo, la psichiatria come strumento di coercizione, usato anche a fini politici, come in tutti i regimi, non ha mai rinunciato al TSO (trattamento sanitario obbligatorio), praticato non più attraverso la reclusione nei manicomi, ma il ricovero nei reparti di psichiatria degli ospedali e la supervisione dei servizi di igiene mentale distribuiti su tutto il territorio nazionale. Questa premessa per dire che le parole non sono indifferenti e chi coltiva la lingua, la letteratura, la lettura e la scrittura ha il compito di cercare parole che non contengano insidie ideologiche e luoghi comuni privi di proprietà scientifica. La malattia mentale, dice Szasz, è una metafora: se qualcuno ha la tubercolosi, è accertabile in qualsiasi paese del mondo attraverso esami obiettivi, mentre la diagnosi di malattia mentale dipende dall’opinione dello psichiatra di turno ed è stata creata a partire dal concetto di anima (anima è la traduzione latina del greco psyché). Come può definirsi malata l’anima, se non a partire da un contesto religioso, che porta con sé i concetti di colpa, di punizione, di pena e di salvezza? Ma lascio a te e ai lettori di questo interessante blog la curiosità di leggere direttamente le pagine scritte dall’Autore.

Allora, è vero che il Covid-19 ha minacciato la nostra salute, soprattutto nella prima ondata, quando la medicina era del tutto impreparata e andava a tentoni. Oggi si possono somministrare alcune terapie che si sono rivelate molto efficaci e, se ciascuno si attenesse alle norme di sicurezza sanitaria, il pericolo sarebbe notevolmente ridimensionato. Purtroppo, i media non hanno reso un bel servizio agli italiani: anziché trasmettere le informazioni utili per affrontare in modo logico e maturo l’epidemia, diffondono panico e terrore, limitandosi ai bollettini dei contagi e dei decessi. A questo si aggiungono le divisioni interne alla comunità scientifica, in cui prevalgono le invidie, le gelosie e la sete di protagonismo rispetto alla comunicazione pacata e disinteressata dei risultati della ricerca e della clinica. Da qui le angosce di chi ha contratto il virus e lo ha trasmesso ai propri cari o addirittura non lo ha contratto affatto, ma ne è angosciato lo stesso. Non è un segnale di “disturbo psichico” essere angosciati in un clima di panico generalizzato, in cui chi ci governa genera una confusione costante, che poi gli organi di stampa riflettono e amplificano senza ritegno. In Psicologia delle folle e analisi dell’io, Freud notava che, quando manca la direzione, le folle impazziscono. Anche se noi non crediamo nelle folle che si suggestionano e compiono i peggiori misfatti quando sono lasciate senza una guida – perché ciascuno è responsabile –, tuttavia, non possiamo negare che il livello culturale della politica oggi è ai minimi storici nella storia della nostra repubblica, e non solo: da qualche anno i populismi imperversano in ogni angolo del pianeta.

Si è aggravata la condizione di chi, da prima ancora del Covid-19, convive con problemi psichici? Come valuteresti l’esperienza della terapia a distanza? È stata d’aiuto?

Chi non aveva interlocutori, chi non aveva un progetto e un programma prima dell’epidemia potrebbe sentirsene travolto e non vedere via d’uscita. Ma non è scontato: a volte, un evento cosiddetto traumatico può divenire occasione per una svolta e per inventare nuovi modi di vivere e di lavorare. Se il disagio viene convertito in disturbo da osservare e da tenere sotto controllo, la vita diventa penitenziaria, limitata al minimo sforzo e al male minore o all’antidoto, rappresentato dall’assunzione di droghe o psicofarmaci, sostanze proibite o prescritte per sedare il disagio. Ma se il disagio è estremo e non può essere addomesticato – come accade quando intervengono cause di forza maggiore – allora, può trasformarsi in un’opportunità per inventare e per incominciare a vivere, anziché accontentarsi della sopravvivenza. Le circostanze considerate sfavorevoli non mancano nella vita e non sono circoscritte a una pandemia, a un terremoto o a una qualsiasi catastrofe naturale. Occorre trovare interlocutori e avviare dispositivi di parola, di ricerca e d’impresa, perché nulla sia lasciato nel suo presunto realismo. Ciò che è chiamato realtà è la realtà convenzionale. Importa come ciascuna cosa, ciascun accadimento, diviene occasione per l’arte e l’invenzione, per un processo di astrazione che produce la realtà intellettuale. La stessa salute è intellettuale, in questo senso, perché procede dal processo di astrazione che s’instaura parlando, raccontando, facendo, scrivendo, sognando e dimenticando, anziché rimanere ancorati ai ricordi e al loro peso. Il Covid-19 può essere l’occasione per mettere in discussione l’idea che ognuno ha di sé e dell’Altro.

Credi che il modo di comportarsi dei negazionisti possa essere una risposta e una reazione alla paura del virus?

Certo. Negare un problema è un modo per esorcizzarlo, è una via di fuga, un tentativo di trovare subito la soluzione a un problema complesso, che non ha una sola causa e potrebbe richiedere tanto tempo per essere analizzato. Chi ha paura perde lucidità e vede il nemico dappertutto. Forse, tra cinquant’anni, riusciremo a sapere con certezza le cause della diffusione planetaria di questo virus, ma nessuno può negare che esista. Certamente, come dicevo, non possiamo negare, a nostra volta, un’amplificazione esagerata dei suoi effetti da parte dei media e un uso strumentale della pandemia da parte del potere politico, che ha tutti i vantaggi del governare cittadini spaventati, isolati e chiusi nelle proprie abitazioni.

È stato istituito il portale gratuito “Italia ti ascolto” al fine di dare supporto psicologico a chi ne sente il bisogno. Credi che il governo dovrebbe investire in altri progetti simili, creando un piano d’intervento su larga scala?

Rispetto all’attività svolta attraverso questo portale ho letto un articolo su “The submarine”, in cui si dice che è stata “scelta la terapia di gruppo” non a caso, ma per consentire ai partecipanti di “trovare conforto attraverso la possibilità di scambiare opinioni con i propri pari, con quelle persone che, insieme a loro in quella stanza virtuale, stanno vivendo la stessa situazione”, con la speranza che questo “possa essere un aiuto anche nel fare eventualmente un passo successivo nel maturare una domanda più strutturata di supporto psicologico, anche al di fuori dell’applicazione”. In pratica, ci sono otto psicoterapeuti attivi sulle App, che gestiscono le stanze virtuali tematiche alle quali chi si prenota può partecipare (fino a otto per stanza), collegandosi all’ora stabilita in calendario. Se poi i partecipanti desiderano incontrare un professionista, sono indirizzati attraverso link che compaiono sullo stesso portale. Il portale, nato con il sostegno della Fondazione Cariplo, adesso cerca finanziamenti per proseguire l’attività. Certamente, è un’opera meritoria, ma rimane nell’ambito dell’assistenza a chi non ha un progetto e un programma di vita.

Mi chiedi se il governo dovrebbe investire in progetti simili? Come vedi, non mancano le fondazioni che si danno da fare con attività di welfare: la sola Fondazione Cariplo, per esempio, ha istituito una rete di ben sedici Fondazioni di Comunità come quella da cui è nato il progetto “Italia ti ascolto”. Il governo dovrebbe invece alimentare i sogni degli italiani, ovvero la libertà d’intrapresa nell’arte, nella cultura e nei settori che hanno reso i prodotti made in Italy famosi nel mondo, riducendo la burocrazia e gli oneri fiscali, sbloccando le infrastrutture e incentivando l’apertura di attività da parte dei giovani. Al contrario, ciò che è davanti ai nostri occhi ciascun giorno sempre di più è la distruzione del ceto medio, la vera ricchezza dell’Italia. I governi degli ultimi anni non hanno fatto che penalizzare le piccole e medie imprese, gli artigiani e i professionisti, come se dovessero rincorrere il modello tedesco o francese, dove l’economia è in mano a poche famiglie industriali e alle oligarchie finanziarie. Allora, il governo dovrebbe alimentare le attività che danno soddisfazione agli italiani, che non hanno mai accettato di essere omologati e, speriamo, mai lo accetteranno.

L’Istituto Superiore della Sanità ha segnalato i disturbi dell’alimentazione e della nutrizione nel corso di questa pandemia da Covid-19 come “un problema di sanità pubblica di crescente importanza”. Quali sono le dinamiche che portano, in simili circostanze, a identificare il cibo come nemico?

Le fobie sono forme di paura. Se dilaga la paura d’introdurre il “nemico” virus per via orale, interviene la fobia di qualsiasi cosa che possa esserne veicolo per tale via, come il cibo. Poi però occorre indagare con ciascuno quali sono le fantasmatiche che intervengono a proposito del cibo; per esempio, può esserci un’idea di cannibalismo a proposito del virus come nemico: mangiare il nemico era un’usanza cannibalica per assimilarne le qualità. Ma è possibile “mangiare il virus”? Di quale virus si tratta in questa fantasmatica? Sono note le connessioni che il cibo può avere con la madre in quanto nutrice, per esempio. Oppure le fantasmatiche sessuali connesse al mangiare.

Ossessionati dalla paura di ammalarci, sta cambiando il nostro rapporto con il corpo?

Questa è una domanda che richiede un intero capitolo. Ne parleremo

Come il virus sta influenzando i nostri sogni?

I nostri sogni? Non c’è nulla di meno universale dei sogni. Freud diceva che ciascuno vive nell’altra scena dei sogni, quindi occorrerebbe chiedere a ciascuno di raccontarci i propri sogni: non ne troveremmo uno uguale a un altro. Così, il virus non è uno, non è uguale a se stesso, è differente da sé, come ciascuna cosa, soprattutto quando entra nei sogni.

La giornalista scientifica Pam Belluck ha scritto sul NYT una serie di articoli che sottolineano la necessità di fare attenzione ai possibili disagi psicologici a lungo termine della malattia da Covid-19. Tra questi cita il cosiddetto “brain fog”. A differenza dei classici sintomi che vengono affrontati tramite ospedalizzazione, i sintomi a lungo termine non sono immediatamente visibili e di conseguenza presi in considerazione. Il coronavirus verrà completamente debellato con il vaccino oppure lo ritroveremo in altre forme?

Come dicevo rispondendo a una domanda precedente, le circostanze considerate sfavorevoli non mancano nella vita e, se non sarà il coronavirus, sarà qualche altro evento a fare irruzione nelle nostre giornate e a costringerci a rimescolare le carte: la vita non si sceglie, altrimenti che vita è? Un videogioco? Sta a ciascuno di noi non abbandonarsi, non abbattersi, ma proseguire e rilanciare, perché ciascuna circostanza è favorevole all’elaborazione, all’ingegno, all’arte e alla cultura. Soltanto dall’elaborazione intellettuale procede la trasformazione, non dalle rivoluzioni politiche o economiche.

Il virus come un fulmine a ciel sereno ha sospeso e stravolto le nostre vite, gettandoci nel mare aperto dell’incertezza. Spesso tendiamo a percepire il senso di insicurezza e incertezza come un qualcosa di negativo. Non è di questo parere il poeta austriaco Rainer Maria Rilke che in una lettera scrive: “Accogliere la vastità dell’insicurezza: in un’infinita insicurezza anche la sicurezza diviene infinita”.

Concordo pienamente con Rilke.

Boccaccio nel Decameron individua nella forza rigeneratrice del riso la strada per fronteggiare le angosce causate dalla peste del Trecento. Possiamo considerare l’invito di Boccaccio ancora valido? Un antico motto anarchico diceva: “Una risata vi seppellirà”. Possiamo dire oggi: “Una risata vi aiuterà”?

È proprio così: l’umorismo, il motto di spirito e il riso sono essenziali nella nostra vita. Pensiamo agli ebrei: la loro ricchezza era nella parola, nelle storielle e nelle barzellette che si raccontavano e che contribuivano ai loro commerci, ai loro affari, ma soprattutto alla loro felicità. E non possiamo certo affermare che gli ebrei non avessero problemi seri, come quelli provocati da una peste o da una pandemia. Ma vivevano secondo l’inconscio. Vivere secondo l’inconscio, secondo la logica particolare a ciascuno, giova alla felicità. È curioso che Freud, quando si reca negli Stati Uniti, dica agli americani: “Vi ho portato la peste”, intendendo l’inconscio come la logica particolare, che non si può padroneggiare né negare a vantaggio della logica comune, del conformismo e del pensiero unico, che stanno alla base dell’idea di impero e di dominio.

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