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DA NO-VAX A FILO-PUTIN: UNA CHIACCHIERATA IN TRENO

18 Marzo 2022

Mi trovo sulla carrozza di un treno e sui sedili di fronte a me c’è un signore. Un signore normalissimo, sulla cinquantina, con il computer sul tavolo e una mascherina di un arancio così sgargiante che sembra voler marcare con arroganza il naso scoperto: lo chiameremo Mario.

Mario mi saluta, mi chiede dove abito, cosa studio, cosa ne penso dell’Ucraina. Le solite cose. Io sono stanco, non ho tutta questa voglia di intavolare un dibattito con uno sconosciuto. Così, alla domanda sulla guerra, glisso con tono svogliato: «È una tragedia». Mario alza il sopracciglio e rimane in silenzio: la mia risposta non gli è piaciuta. Ecco, sono sempre il solito idiota, ma cosa significa tragedia, pure la lavastoviglie che si rompe è una tragedia, che figuraccia!

Passano cinque minuti, Mario si riprende dalla mia ignobile risposta e, con una frase, fa crollare all’istante tutti i miei sensi di colpa: «Dovresti smettere di studiare l’Europa, con questa “situazione geopolitica” l’Europa non esisterà più». Non parla né di guerra né di invasione russa, profetizza, con un sorrisetto celato dall’arancione della Ffp2 (che la bocca, a differenza del naso, gliela copre), la fine dell’Europa: sembra il portavoce di Lavrov. Mi sorge il dubbio che sia davvero a libro paga del ministro degli Esteri russo quando, un attimo dopo, afferma che «la Russia ha una classe dirigente eccezionale, Lavrov su tutti».

Non pensavo che queste persone esistessero davvero fuori dai social, invece è proprio qui, di fronte a me, posso toccarlo, e allora continuo a chiacchierare incuriosito. Gli faccio notare che Lavrov ha dichiarato che la Russia non ha mai attaccato l’Ucraina; mi risponde che quel passaggio se lo è perso. Gli ricordo che Putin sta massacrando i civili ucraini e ha pure bombardato un ospedale pediatrico; mi ribatte che quella è una messinscena e che è risaputo che le donne incinte riprese dalle telecamere sono attrici.

Poi, come per magia, tira fuori dal cilindro tutti i comandamenti tratti dal manuale del buon putiniano. Mi parla del battaglione Azov e di come gli ucraini siano governati da dei conclamati nazisti; obietto che quel battaglione rappresenta una piccolissima minoranza delle forze armate ucraine e che il partito di estrema destra alle elezioni ha preso il 2%. Inoltre, se la narrazione della “de-nazificazione” fosse corretta, gli ucraini dovrebbero accogliere a braccia aperte i democratici liberatori russi, no?

No, non è convinto, mi pone prima una domanda penetrante: «Ma se il Canada e il Messico si alleassero con la Russia, con tanto di armi nucleari, gli Stati Uniti che farebbero?»; poi conclude la sua raffinata analisi sostenendo che «se la Nato tira troppo la corda, poi la corda si spezza». E se mia nonna avesse le ruote, invece? Gli rispondo che sono gli Stati sovrani e democratici a scegliere di aderire alla Nato (ragionevolmente, direi) e non la Nato a inglobarli con la forza, e che comunque l’adesione dell’Ucraina all’Alleanza atlantica non era all’ordine del giorno. Mi dice che l’allargamento a Est della Nato ha violato gli accordi di Minsk; replico che gli accordi di Minsk riguardavano tutt’altro e che la Nato non la menzionavano nemmeno.

Gli rammento anche che la Russia confina già con Paesi della Nato: Estonia, Lettonia e, tramite l’exclave di Kaliningrad (dove ha dei missili nucleari puntati verso il cuore dell’Europa) con Lituania e Polonia. Ribatte dicendo che «Estonia e Lettonia sono un’altra questione». Questa risposta mi raggela: avrà mica una soffiata dal suo eccezionale datore di lavoro su una futura invasione?

Poi ripenso che in fondo Mario è un semplice passeggero di Trenitalia, mi tranquillizzo un po’ e mi ricompongo. Ma Mario no, Mario è scatenato: gli chiedo se preferirebbe vivere in Russia piuttosto che qui; mi risponde che «l’unico problema della Russia è il clima». Ma come? Un intrepido combattente per la libertà che si arresta di fronte al freddo? Se lo sentisse Lavrov!

Quando gli ricordo che la Russia è un’autocrazia che sopprime le libertà dei propri cittadini, Mario sfodera il colpo di genio, e io ho come un mancamento: «Perché l’obbligo di green pass su questo treno è libertà?».

Giusto il tempo di ripigliarmi un attimo, di capire che non è un brutto sogno, e gli faccio notare che qualcosa non torna: Mario, il green pass, lo aveva mostrato cinque minuti prima al controllore. Mi dice che lui non si è vaccinato, che quella robaccia non se la fa iniettare. Gli chiedo di chi sia allora quel green pass, mascalzone di un Mario. «Di Topolino», risponde lui. Sono inorridito, gli estremi per una denuncia ci sono tutti, sto per farlo, lo faccio, anzi, gli chiedo prima se è guarito dal Covid. Mi risponde di sì, ma con un riso beffardo.

Denuncia scampata, torniamo a chiacchierare. Sul tema dei vaccini mi chiede: «E allora Montagnier?». Parliamo dello scienziato vincitore del premio Nobel, deceduto un mese fa, che sosteneva l’inefficacia dei vaccini. Gli dico che la scienza non si basa sull’opinione di uno scienziato e che anche un premio Nobel può sostenere delle colossali stupidaggini. Mi risponde che ci vuole più rispetto.

Intanto, tra una sparata e l’altra sull’imperialismo americano, Mario afferma che il ritiro degli Usa dall’Afghanistan sia stata una meravigliosa operazione politica di Donald Trump e che non siamo noi occidentali a poter decidere il modo in cui gli altri popoli debbano essere governati. Gli obietto che non mi pare che la popolazione afghana fosse entusiasta di tornare sotto il regime talebano, al punto che alcuni sono morti aggrappandosi a degli aerei in corsa pur di scappare.

Mario parla con disprezzo del modello americano e osanna quello russo, però vive nella libertà e nel benessere che solo uno di quei due modelli può garantirgli. Le parole migliori per descrivere il paradosso sono quelle del politologo Angelo Panebianco, il quale scrive che «i putiniani nostrani ricordano un po’ i filosovietici europei al tempo della Guerra fredda: contrapponevano il paradiso comunista all’inferno capitalista, ma preferivano vivere all’inferno».

Dopo un minuto di silenzio, così, dal nulla, Mario mi chiede se sono iscritto al Pd: è l’accusa più straziante che abbia mai ricevuto in vita mia.

Poi arriviamo a discutere di fonti di informazione: con l’aria di chi la sa più lunga di tutti, Mario si fa bello del fatto che lui non si informa sul Corriere della Sera o su Repubblica, no, lui ha delle «fonti alternative su Telegram» e l’unico quotidiano che legge – raramente, ci tiene a precisare – è la Verità. David Parenzo, alla Zanzara, direbbe: «Non ho altre domande».

A un certo punto della chiacchierata, arriviamo a questa conclusione: potremmo continuare all’infinito e non arriveremmo comunque a un punto di accordo. Perciò decidiamo di smettere e di tornare alle nostre cose, fino a quando lui si alza, ci salutiamo, mi augura buona fortuna per gli studi e scende dal treno.

Terminato il racconto della surreale vicenda, è arrivato il momento di riflettere su un tema in particolare: la correlazione tra le posizioni no-vax e filo-Putin. Non è certo un caso che molti di quelli che inveivano contro la dittatura sanitaria, ora siano degli irriducibili sostenitori del dittatore russo. Ciò che accomuna le due teorie è il fatto di credere a una visione alternativa della realtà e di vedere trame oscure e burattinai dietro ogni fenomeno della vita, vantandosi di essere gli unici a non cadere in quell’inesistente tranello che hanno in testa.

Un’altra questione da rilevare è quella dei danni provocati in questi anni dalla disinformazione russa, rilanciata sfrontatamente da partiti sovranisti e populisti, tra cui spiccano il Movimento 5 stelle e la Lega, alleati nel governo Conte I, in quella che è stata la maggioranza  di governo più filo-russa della storia della Repubblica italiana.

Quei canali Telegram e quelle «fonti di informazione alternative» di cui parlava il signor Mario spesso sono gestite da società che hanno sede in Russia e spargono falsità in giro per l’Occidente, con il fine di indebolire quest’ultimo dall’interno. Per esempio, sono note le interferenze russe nelle elezioni americane del 2016 che portarono alla vittoria di Donald Trump, oppure le ingerenze a favore della Brexit, o ancora il sostegno a partiti con programmi di stampo anti-europeista. Non solo: la Russia, in piena pandemia, ha compiuto delle campagne di propaganda e disinformazione per screditare il vaccino Pfizer, con l’obiettivo di destabilizzare i Paesi europei e diffondere scetticismo e paura tra la popolazione.

Un’interessante analisi di Reputation Science, basata sul monitoraggio dei contenuti online, mostra come tra gli utenti con posizioni filo-Putin ci sia una convergenza di idee anche su altri temi: in particolare sono contro il governo Draghi, le norme anti-Covid e l’obbligo vaccinale; sono no-vax e no-Green pass, parlano di «dittatura sanitaria» e mostrano l’intenzione di combattere per riottenere la libertà di cui si sentono privati; sono contro gli Stati Uniti, che condannano per le guerre del passato, e rivendicano la libertà di ogni Stato da quella che chiamano ingerenza statunitense; sono contro l’élite, l’establishment mondiale e l’Unione Europea e sono tendenzialmente complottisti.

Mi sono sempre immaginato queste persone come dei reietti della società, degli emarginati che se ne stanno chiusi in uno stanzino a twittare fesserie in modo compulsivo. Ebbene, mi sbagliavo. Queste persone sono tra noi, le incontriamo nella vita di tutti i giorni, al supermercato, al bancone di un bar o nella carrozza di un treno: sono i normalissimi signor Mario.

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