Ognuno di noi, in un modo o nell’altro, è venuto a contatto con persone con disabilità. Difficile comprendere a pieno cosa significhi senza viverlo sulla propria pelle, o senza stare abitualmente insieme a una persona con disabilità. Nella mia esperienza personale si tratta di una possibilità preziosa, che permette di vedere la realtà sotto prospettive semplicemente diverse dalle nostre. D’altro canto, però, notiamo come ci sia ancora molto da fare sulla tematica e non sia mai abbastanza l’attenzione posta da cittadini e istituzioni in merito a diritti e opportunità delle persone con disabilità – che, come vedremo nell’intervista, in fondo sono diritti di tutti. Tra le storie di persone con disabilità non mancano naturalmente tante esperienze di successo, felicità, piccoli traguardi realizzati e grandi gioie.
Per la Giornata internazionale delle persone con disabilità abbiamo intervistato il giornalista e politico Iacopo Melio, che con la sua storia di attivismo ha sensibilizzato molti italiani con la speranza di poter abbattere le barriere fisiche e mentali che ancora oggi si oppongono alla piena valorizzazione e realizzazione delle persone con disabilità. Uno degli ultimi, grandi traguardi di Melio è stata l’elezione a consigliere regionale in Toscana nel 2020 con oltre 11mila voti.
Declinare il tema della disabilità anche a livello locale è certamente fondamentale. Da consigliere della regione Toscana in questi mesi è riuscito ad intervenire in merito?
La prima cosa che ho voluto fare, una volta entrato in Consiglio regionale, è stata un’interrogazione riguardante il tema della Vita Indipendente all’assessora al sociale: volevo conoscere lo stato dell’arte in merito a questo tema fondamentale e, al tempo stesso, stimolare la Regione a una riflessione per migliorare il progetto. In questi mesi mi sto poi occupando di cannabis terapeutica affinché i medici della Regione Toscana diventino tra i più informati – e formati – del nostro Paese. Per non dimenticare, poi, la mia PDL depositata affinché le persone senza fissa dimora possano essere iscritte ai registri delle ASL per poter avere, tra i vari servizi, il medico di base assegnato: una manovra che ho ripreso dall’Emilia Romagna, ampliandola ulteriormente, e che non riguarda la disabilità in senso stretto ma la salute di tutte e di tutti, e soprattutto i diritti umani, civili e sociali, che poi è il motivo per il quale ho scelto di fare politica, senza auto-ghettizzarmi.
Cosa crede servirebbe in ogni regione per migliorare le condizioni delle persone con disabilità?
Una maggiore consapevolezza di cosa sia veramente la disabilità: non un tema di nicchia, che riguarda un gruppo ristretto di persone, ma un argomento trasversale e universale. Costruire un Paese più accessibile significa aiutare chiunque, non solo chi ha una ridotta mobilità.
Negli ultimi anni cosa si è fatto per quanto concerne l’abbattimento delle barriere architettoniche in Italia? Dalla campagna che ha lanciato nel 2014, #vorreiprendereiltreno, ci sono stati progressi nelle possibilità di mobilità?
Sei anni sono pochi per vedere dei cambiamenti concreti e tangibili: acquistare treni nuovi, abbattere barriere in tutti i palazzi pubblici, migliorare le città storiche… Richiede soldi, risorse umane e tempo. Con la pandemia, poi, l’attenzione si è comprensibilmente spostata tutta o quasi sull’aspetto sanitario, sottraendo spazio ad altro. Di sicuro, ci sono stati dei progressi culturali: grazie anche ai social e alla sensibilizzazione online, le persone si stanno dimostrando più attente e consapevoli, più partecipi nel mettersi in gioco facendo la propria parte, rispetto a qualche anno fa quando c’era maggiore indifferenza o una buona dose di pregiudizi, stereotipi e luoghi comuni oggi sfatati.
A livello scolastico, invece, qual è lo stato dell’arte per quanto riguarda le persone con disabilità? Quanto impatta sulla situazione il Decreto 182/2020, con cui tra l’altro il Gruppo di lavoro operativo (famiglia, tutto il consiglio di classe, operatori e terapisti) è diventato obbligatorio e tramite il quale si considera maggiormente la Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute?
È presto per esprimermi sul decreto. Posso dire, però, che trovo inutile creare una “squadra” operativa se poi i membri di quella squadra continuano a non essere formati a dovere: soltanto negli ultimi tempi, ma non sempre, vedo uscire dalle università persone veramente preparate sul sostegno. Per il resto, continua ad esserci una formazione un po’ a caso, troppo generica e poco selettiva, dove la docenza del sostegno viene ancora sfruttata per ottenere punteggi in graduatoria utili per poi entrare in un secondo momento su altre materie.
Per favorire l’inclusività delle persone con disabilità reputa sia meglio rafforzare gli strumenti penali a disposizione oppure operare soprattutto dal punto di vista culturale?
Entrambi gli aspetti sono fondamentali e si alimentano a vicenda. Alla base di tutto, però, c’è la cultura, con le idee e i valori, per questo la mentalità delle persone deve assolutamente cambiare in positivo, in modo da cambiare anche gli approcci all’inclusione e all’accessibilità: a questo punto, potranno cambiare anche gli strumenti sociali, politici e legislativi, che dipendono dalle persone e quindi dai loro cambiamenti, affinché i diritti dei disabili siano sempre più tutelati.
Qual è il suo parere in merito alle campagne a favore dell’assistenza all’emotività, all’affettività e alla sessualità portate avanti, tra gli altri, da Maximiliano Ulivieri con “LoveGiver”? Figure analoghe sono già largamente diffuse in altri Paesi e hanno una valenza molto importante.
Credo che sia una battaglia fondamentale tanto quanto le altre. Il fatto che una figura professionale legata all’emotività sia riconosciuta in molti altri Paesi è un segnale che non possiamo ignorare, e il lavoro di Ulivieri è prezioso nel far riflettere proprio su questo. La scoperta di se stessi, del proprio corpo e del proprio piacere, è un diritto sacrosanto. Credo anche, però, che si debba lavorare a una proposta di legge più profonda, che sia in grado di sviscerare temi delicati come, ad esempio, quello della sicurezza: in un Paese dove la maggior parte delle donne con disabilità ha subito almeno una molestia, non possiamo non pensare a come poter rendere questa figura professionale “sicura” per loro. Inoltre, c’è da chiedersi “chi” dovrebbe usufruire di questa figura: concederla ad ogni persona con disabilità lo troverei controproducente e discriminatorio, se non si tiene conto della sua situazione e del contesto. Insomma, credo sia un tema sul quale si debba assolutamente lavorare, ma con un criterio ulteriore. Anche di questo, in Regione, vorrei parlare molto presto.