Pochi giorni fa stavo parlando con la fidanzata del mio amico riguardo gli ultimi libri letti. Lei mi dice “non mi piacciono gli scrittori americani moderni”. Capisco, evito così di citargli l’ultimo libro letto, firmato da uno dei miei autori preferiti, e continuiamo a parlare di libri belli e libri brutti.
Quando mi ritrovo sul tragitto di casa comincio a ripercorrere le pagine di quel libro e, qualcosa di buffo ma incredibilmente inquietante mi sfiora l’immaginazione, sbuffo al pensiero immaginato e penso: “Chissà oggi Kurt Vonnegut cosa avrebbe detto a proposito del Coronavirus”?

Lo sappiamo fin troppo bene cosa è il Coronavirus, ma facciamo un piccolo ripasso: agli inizi di questo funesto 2020, dalla Cina, è nato, per poi espandersi in tutto il globo, il virus Covid-19; questo va ad attaccare le vie respiratorie e porta alla morte, in particolar modo gli anziani.
Dopo un periodo di satira riguardo la causa, siamo passati ai coprifuochi e poi al lockdown, chiusi nelle proprie abitazioni abbiamo pianto, sofferto, qualcuno ha pure suonato e cantato sul balcone per aggiungere qualcosa al suo profilo Instagram. Ne siamo poi usciti, portandoci sulle spalle numeri altissimi di vittime, quindi, per festeggiare siamo scappati tutti al mare, qualcuno pure in montagna e, persino, in Grecia, Spagna e altre mete allettanti per la calda estate che è stata.
Adesso siamo di nuovo sull’orlo del lockdown e le feste sono finite, i contagiati stanno nuovamente salendo di numero, ma anche i malumori e le polemiche e i miei pensieri non sono mai stati tanto confusi.
Come ci insegna la storia, un popolo non è mai del tutto coerente, ci sono sempre delle teste che pensano di propria iniziativa, infatti, non sono mancate teorie complottiste che hanno visto Bill Gates responsabile di questo genocidio, oppure la rete 5g, per non parlare dei cinesi, i quali avrebbero usato il Covid-19 come arma chimica per ucciderci tutti quanti!
Non critico (tutte) le teorie complottiste citate e non, poiché, come si suol dire, la verità sta sempre in mezzo e io, come Kurt Vonnegut, penso che il genere umano possa essere così meschino e folle da operare nell’ombra del potere per le peggiori intenzioni.
Cosa spingerebbe le persone a creare un’arma, allora?
Non una fionda o una molotov, ma un’arma che può eliminare l’intero genere umano. Ecco che parte “Ghiaccio-Nove”, uno dei libri più famosi di Vonnegut, che tenta di indagare su questa questione per arrivarne a una conclusione.
Vonnegut nasce ad Indianapolis nel 1922. Lavora come giornalista e scrittore di racconti fantascientifici di serie B; coincidenza che ha visto moltissimi autori della sua generazione. Poi, un evento cambia la sua vita: la seconda guerra mondiale. Tale evento, come nella maggior parte dei sopravvissuti, sconvolge il giovane Kurt, tanto da renderlo una delle tematiche più ricorrenti nella sua letteratura, e lo è pure in questo libro scritto nel 1963, il quale gli vale una nomination per il premio Hugo. Il romanzo si apre con il nostro protagonista, un giovane scrittore che vuole scrivere un libro su cosa stesse facendo l’inventore della bomba atomica durante l’esplosione a Hiroshima. Le sue indagini lo porteranno alla conoscenza di qualcosa di incredibile e spaventoso: lo stesso inventore del “little boy” era al lavoro su ciò che poteva facilmente diventare l’arma più mortale del nostro pianeta. Dopo varie lettere e conversazioni con parenti, amici e colleghi del defunto scienziato, il nostro protagonista arriva a parlare con un generale della marina militare che gli rivelerà il progetto del Ghiaccio-nove, una particella in grado di cristallizzare all’istante l’acqua. Nello specifico, il Ghiaccio-nove, viene inventato perché i marines sono stufi di sprofondare nel fango durante le missioni.
Nella seconda parte del libro, lo scrittore si dirige sull’isola tropicale di San Lorenzo per intervistare il figlio dello scienziato tanto bramato e tanto misterioso. Quest’ultimo è diventato ministro della scienza e braccio destro di “Papa” Monzano, il dittatore dell’isola. Non che suo futuro genero, dato che avrà modo di sposarsi la bellissima Mona, figlia di “Papa” e sogno proibito del nostro protagonista.
Un ulteriore elemento si aggiunge alla storia, qualcosa di estraniante alla linea narrativa finora percorsa, ma che con grande eleganza, ci riporta ad una dimensione tanto vicino alla nostra quanto simile.
Nell’isola di San Lorenzo è segretamente in voga una religione perseguita, quella del Bokononismo, ovvero una fede eretta dallo stesso Bokonon; un santone che predica solo bugie a fin di bene, poiché chi crede in esse può vivere una vita felice.
Infatti, uno dei primi libri del Bokononismo recita: “Tutte le verità che sto per dirvi sono spudorate menzogne”.
Il nostro protagonista si ritroverà immerso in una realtà caotica e forviante, episodi e ulteriori personaggi si aggiungeranno al mosaico per giungere alla conclusione più distopica e irragionevole, proprio come è la guerra, proprio come è l’essere umano.
E’ interessante come Vonnegut riesca a cucire ciò che sono viste come le minacce più evidenti della nostra epoca, ovvero la guerra e la religione e, in mezzo, un gregge di umani in balia del caos e delle bugie.
Non mi soffermerei solamente su questo punto di vista, dopotutto, oggi giorno, può risultare banale e ridondante una simile critica, ma analizzerei il metodo con cui Kurt Vonnegut scrive di queste idee, ciò che di fatti lo ha reso lo scrittore che è stato.
In tutta la sua letteratura le pagine sono pregne di un umorismo drammatico, le scene sono asciutte e le descrizioni dei luoghi e delle situazioni sono lasciate in balia dei personaggi. Questi sono sempre dei personaggi fuori dal comune, o per il loro passato o semplicemente per ciò che fanno e pensano.
Hitchcock diceva che gli eventi di una storia guidano il personaggio. Vonnegut dimostra che un determinato personaggio (che sia una ex spia americana nelle SS o un sempliciotto di campagna che riesce a viaggiare nel tempo durante la seconda guerra mondiale) è in grado di modellare la storia, poiché sono proprio le sue scelte e, soprattutto, la sua natura a renderglielo possibile. Ed ecco che noi lettori ci troviamo davanti un libro (ma anche gli altri) che con semplicità riesce a trasmettere un’atmosfera ironica, buffa ma allo stesso tempo amara e malinconica; sottolineando così il grottesco, la stupidità e l’inutilità del senso della vita.
Se pensavate che gli esistenzialisti fossero vissuti solamente in Francia, a fumar sigarette e a domandarsi se chiamare lo spleen Nausea, vi sbagliavate. Anche gli esistenzialisti sognano la fantasia, ed è proprio questa fantasia ricercata che permette ad un libro come “Ghiaccio-Nove” di poterci illustrare gli orrori del genere umano e delle sue intenzioni scellerate per raggiungere il potere.
Così eccomi davanti casa, la passeggiata da casa del mio amico alla mia è stata molto riflessiva e mi domando perché la sua ragazza non apprezzi certi scrittori americani; non tutti ma almeno qualcuno che sia valido!
Prima di lasciarmi abbracciare dalle calde e comode braccia di Morfeo, torno a riflettere sulle poche pagine del romanzo di “Ghiaccio-Nove” e penso: E se fosse davvero il Covid-19 un’arma chimica destinata a ucciderci tutti quanti? Se le teorie complottiste fossero vere, e quindi noi solamente un ulteriore formicaio in balia di qualche cinico e perverso potere?
Cosa mai potremmo fare? A volte certe realtà sono talmente al di sopra di noi che l’unica cosa intelligente da fare è sistemare il cuscino e provare a dormirci sopra. Buonanotte.