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IL MERAVIGLIOSO MONDO DEL PALIO DI SIENA

23 Giugno 2020

Parte 3 – “Fantini, a cavallo!”

Il silenzio nel cortile interno del Palazzo del Comune è totale. I barbareschi coccolano per l’ultima volta I cavalli, e sbrigano le ultime preparazioni. I fantini stanno ognuno per sè. Chi prega, chi pensa, chi parla con la dirigenza per le raccomandazioni finali. All’improvviso il brusio viene rotto da un vigile urbano, con tre parole, semplici e ben chiare. “Fantini, a cavallo!”. Sono finiti I convenevoli. Ora non si scherza più. Il Palio di Siena sta per avere finalmente inizio.

Dirigenti e barbareschi abbandonano il cortile, e raggiungono I palchi situati accanto alla Mossa. La piazza freme, e allo stesso modo le comparse accomodatesi sul rettilineo, proprio sotto alle trifore di Palazzo. Nessuno vede l’ora di entrare nel vivo della questione. La tensione si taglia con un coltello.

BOOOM!! Uno scoppio del mortaretto, il cannoncino posto vicino alla linea di partenza, accoglie I protagonisti della corsa in pista. Ogni fantino è tenuto a salutare le proprie comparse prima di avviarsi alla Mossa. Queste cercano di infondere più carica possibile, sia a lui che al cavallo.

Cento metri di piccolo trotto ed eccoci ai canapi, le due funi che segnano la zona di partenza. La prima è tesa da parte a parte della pista, per intero, la seconda invece lascia un metro di spazio dal muro esterno. Su un palchetto munito di microfono, chiamato verrocchio, attende il Mossiere, giudice unico di gara. Non è facile spiegare la procedura di partenza del Palio di Siena, perchè all’atto pratico è molto più facile che al discorso. Ma ci arriveremo.

Stoppiamo il tempo per un attimo. I cavalli si stanno avvicinando alla Mossa e la Piazza fa gli ultimi scongiuri, o trattiene il respiro. Nel mentre però, in alto, vicino al punto dove è issato il Drappellone, si sta svolgendo un processo fondamentale per l’esito dela corsa: l’estrazione dell’ordine d’ingresso ai canapi. Attraverso un congegno apposito, nove delle dieci contrade che corrono vengono sorteggiate, in un certo ordine, e in quel preciso ordine devono entrare tra I canapi. Naturalmente l’ordine ha un’importanza notevole, perchè prima si viene chiamati meno strada si percorre, e quindi le possibilità di vittoria aumentano sensibilmente. La decima, chiamata d’ora in avanti “rincorsa”, invece, attenderà fuori, e quando riterrà che sia arrivato il momento migliore, entrerà di slancio nelle funi. Il Mossiere, proprio in quel momento, attraverso una leva, farà cadere il primo canape a terra, dando inizio alla carriera.

Così come ci siamo fermati poco fa, premiamo di nuovo “play”. Dai palchi scende un Vigile Urbano di Siena, tenendo in mano la famosa “Busta” che contiene l’ordine d’ingresso, di cui abbiamo parlato poco fa. Ne consegna una copia al Sindaco, una al suo Comandante, e la terza la consegna al Mossiere. Mentre compie il breve tragitto verso il verrocchio il silenzio è clamoroso. Di sessantamila persone in Piazza del Campo non una muove un muscolo. Man mano che vengono chiamate le contrade nei canapi esplode la gioia dei popoli, specialmente di quelli nelle prime posizioni, ed esplode anche il disappunto della rincorsa.

Ed ora succede un fatto piuttosto curioso. Il Mossiere spedisce tutte le contrade fuori dai canapi. E’ un procedimento che avviene spesso alla Mossa, perchè alla lunga la compressione all’interno dei cordami innervosisce I cavalli, e si rischiano incidenti e brutti infortuni. La prima volta in cui questo succede però, parte il cosiddetto “corteggiamento della rincorsa”. E’ risaputo ormai infatti che ogni dirigenza, per ogni Palio, metta a disposizione del fantino una grossa somma di denaro, che egli possa usare per comprare favori da altri fantini, per porre ostruzioni alla rivale o fatti similari, tra cui ovviamente “comprare” la rincorsa.

A Siena succedono molti fatti strani, ormai dopo tre articoli ne avrete convenuto. Ma il più strano di questi, forse, è che il Palio sia l’unica corsa del mondo in cui chi vince paga, e chi perde incassa. Gli accordi presi in pista infatti sono sacri, e I Capitani si scambiano quanto dovuto la sera stessa della carriera.

I tempi della procedura di partenza sono indefiniti. Tutto dipende dalla rincorsa, dal fatto che abbia o non abbia l’avversaria in piazza, dalla qualità dei cavalli delle contrade e da molte altre variabili. Si è assistito a Palii corsi praticamente al buio, dopo più di un’ora passata alla Mossa, a corse rimandate al giorno dopo per i continui rifiuti di entrare della rincorsa, così come di Mosse velocissime, anche di pochi minuti. Va da sè che più si rimane fermi al canape e più I cavalli si scaldano, e allo stesso modo la piazza, e anche il Mossiere.

Tutto quello di cui abbiamo parlato fin’ora svanisce però quando, alla fine, la rincorsa entra davvero. Se non si è mai stati a vedere la corsa dal vivo non si può capire il magone che si vive là in mezzo, le scene che passano davanti agli occhi. Gente che entra a prendere posto la mattina prestissimo e poi non guarda nemmeno la corsa, gente che la salta proprio a piè pari e corre direttamente in basilica, sperando di veder arrivare I propri compagni contradaioli in festa, persone che incitano contrade diverse dalla propria affinchè raggiungano la propria rivale in testa.

Tre giri di pista al massimo dello sforzo fisico, sei curve terribili e in contropendenza. L’inferno. In quel minuto e mezzo succede veramente di tutto, e si scoprono capacità sconosciute del genere umano.

E lo stesso avviene all’arrivo. Pianti dovunque, alcuni di gioia totale, altri di disperazione assoluta. Baci, abbracci forsennati, i contradaioli vittoriosi che strappano letteralmente il cencio dal suo scranno, per portarlo in trionfo in cattedrale, assieme al cavallo e al fantino, e dare sfogo a tutto il loro spirito cantando il Te Deum. Un fiume di gente che intona il suo grazie alla Madonna e al Signore.

A proposito, questo è forse il momento più sottovalutato dell’esperienza. Ha una carica emotiva incredibile, e fa salire una pelle d’oca e dei brividi davvero evidenti. Probabilmente, dovessi consigliare a qualcuno che voglia vivere a fondo l’esperienza del Palio un qualcosa in particolare da non perdersi, sceglierei proprio questo. Vale da solo il prezzo del biglietto (che, tra parentesi, è zero, se escludiamo la benzina).

Abbiamo narrato l’atto supremo, l’asse attorno a cui ruota tutta la vita dei senesi, il suo contorno, le sue curiosità. Ma per quanto se ne possa parlare, viverlo è naturalmente un’altra cosa. Entrare a Siena vuol dire entrare in una bolla che esula da tempo e spazio, dove valori di comportamento che una volta venivano considerati fondamentali, ma che ora si sono rarefatti dovunque, qui continuano a scandire ogni giornata. Bisogna essere ben predisposti a vivere un avventura, per visitare questa città. Ma ultimamente non credo che ciò rappresenti troppo un problema. Da qualche parte bisogna pur cominciare. Io la butto là.

E per il futuro, prego, non c’è di che.

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