IL SOFAGATE TRA LE DEBOLEZZE EUROPEE

23 Aprile 2021

I fatti sono noti all’opinione pubblica: hanno ricevuto una prevedibile ed elevata attenzione mediatica e riempito le prime pagine dei giornali, ma mi pare conveniente accennarli. Lunedì 6 aprile, la Presidente della Commissione Europea Von Der Leyen e il Presidente del Consiglio Europeo Michel sono stati ad Ankara, dove hanno incontrato il Presidente turco Erdoğan per parlare di migranti, donne e cambiamento climatico.

Un video, immediatamente diventato virale, mostra l’imbarazzo della Von Der Leyen quando si rende conto che le sedie nella stanza sono due, per Michel ed Erdoğan, mentre lei dovrà accomodarsi su un divano, di fronte al Ministro degli Esteri turco. Prontamente ribattezzato come sofagate, l’episodio ha scatenato valanghe di critiche, da ogni parte e in ogni direzione, con un unico comune denominatore: il sessismo del Capo di Stato turco. Ma non parlerò di questo.

Voglio partire, invece, da un incontestabile dato di fatto: i ruoli svolti dai Presidenti della Commissione e del Consiglio Europeo sono definiti nel Trattato istitutivo dell’Unione (TUE), e le disposizioni non lasciano molto spazio a interpretazioni. È il Presidente del Consiglio Europeo ad essere il titolare della rappresentanza esterna dell’Unione per le materie di politica estera e sicurezza comune, e non il Presidente della Commissione. La superiorità gerarchica in questo ambito è ribadita anche nel Manuale della Presidenza del Consiglio dell’UE in cui, appunto, la Commissione occupa solo il secondo posto.

Ora, è necessario aprire una parentesi per discutere delle ragioni alla base di una tale gerarchia rappresentativa.

Il Consiglio Europeo è un’istituzione particolare, ed ha subìto un’evoluzione storica che appare indicativa di certe volontà politiche nazionali. Brevemente, è nato come riunione dei Capi (di Stato) e di Governo esterna alle allora Comunità Europee, durante gli anni ’60. Soltanto con l’Atto Unico dell’86 fu inserito nel panorama organico comunitario, e, ancora, con il Trattato di Lisbona divenne un’istituzione a tutti gli effetti. Al di là di differenze terminologiche che risulterebbero molto poco interessanti, il suo ruolo è sempre stato eminentemente politico, e infatti ancora oggi non ha un potere generico di adottare atti vincolanti. È piuttosto l’espressione delle intenzioni degli Stati, che hanno sempre dimostrato un forte legame con le proprie prerogative sovrane, sulla cui convenienza si può discutere, ma che rimane estremamente fattuale. In sostanza, il Consiglio Europeo è quello che definisce gli orientamenti politici dell’Unione, ai quali le altre istituzioni tendono a conformarsi, sebbene non esista quasi mai un’obbligatorietà giuridica.

D’altro canto, la Commissione è considerata come uno dei due esecutivi di Bruxelles, dotata di molti poteri normativi e importanti poteri di vigilanza. Ricordiamo che è la Commissione ad avviare le celebri (e a volte temute) procedure d’infrazione nei confronti degli Stati inadempienti, ed è sempre lei che controlla il livello dei deficit e debiti pubblici dei 27. E l’attribuzione di una precedenza di rappresentanza a un’istituzione la cui volontà dipende solo ed esclusivamente da quella degli Stati rispetto all’istituzione che è, per definizione, indipendente dalla volontà nazionali è l’ennesima dimostrazione di quanto incompleto sia il cammino di integrazione europea.

Questo è ciò che la forma richiede, e se ne deve tenere conto. Ma esiste anche una prassi, una sostanza che non si può ignorare. In effetti, in altri incontri tra Capi dell’Unione e Capi di Stato, uno dei quali sempre in Turchia, le sedie previste sono state tre. C’è, però, da sottolineare come questo tipo di comportamento non possa essere considerato aprioristicamente rappresentativo di tutta la prassi, che evidentemente non appare univoca. Si è espresso in termini simili anche l’ex Presidente della Commissione Juncker in un’intervista a Politico, attraverso la quale ricorda come il protocollo sia piuttosto chiaro. È pur vero che pensare ad una matrice sessista come base dell’incidente diplomatico sia più che naturale, considerando anche il recente ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul, che si pone proprio l’obiettivo di prevenire e combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica. Però, se bisogna indignarsi, che lo si faccia con la consapevolezza di quel che è stato e dei limiti di quel che potrebbe essere.

Molti giornali evidenziano una mancanza di coordinamento tra le stesse istituzioni europee, che dovrebbero essere a conoscenza quantomeno dell’organizzazione degli incontri, per poter rispondere congiuntamente e coerentemente a imbarazzanti episodi come questo. E invece, Consiglio e Commissione si attribuiscono vicendevolmente le responsabilità dell’accaduto.

Alcuni si sono spinti a sostenere che l’incidente è “la perfetta allegoria della politica estera dell’UE”.

Per amor di chiarezza, l’autore del tweet è un consulente politico per Renew Europe, il gruppo dei liberali al Parlamento Europeo, da sempre forte sostenitore di una maggiore integrazione in termini politici. E la PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune) è davvero uno degli ambiti in cui la Commissione e il Parlamento hanno ben pochi poteri; sono gli Stati, soprattutto a livello di Ministri degli Esteri, a determinare la politica estera comune, sulla base delle indicazioni del Consiglio Europeo. E come se questo non vanificasse abbastanza le possibilità di avere un’Unione forte e rispettata a livello internazionale, quasi tutte le decisioni in tale settore sono prese all’unanimità, limitando tanto la formazione di una volontà propria quanto il ruolo dell’Alto Rappresentante. Se ne individuano facilmente i motivi: le politiche estera e di difesa sono espressioni fondamentali della sovranità nazionale, e difficilmente un’organizzazione internazionale se le vedrà cedere, almeno nel breve-medio termine. Discorso, questo, che può essere esteso all’intero (o quasi) panorama delle organizzazioni intergovernative.

Il design, scelto con un sondaggio, di una nuova moneta da € 2 commemorativa dei 35 anni del programma Erasmus+

Che sia comunque chiaro: dai Trattati di Roma ad oggi gli Stati membri sono stati il motore di importantissimi passi avanti, da un Parlamento eletto dai cittadini ad una Corte di Giustizia che tende a tutelare anche i soggetti privati, dalla moneta unica alla Carta dei diritti fondamentali, dall’apprezzato programma Erasmus+ al Fondo Sociale Europeo. E probabilmente l’evoluzione è stata talmente distinta da quella di qualsiasi altra organizzazione internazionale, talmente peculiare e, per certi versi, affascinante, che si è finiti per accostare l’Unione alle altre potenze mondiali, assumendo che fosse in grado di agire come queste ultime: nulla di più falso. Una parte di responsabilità ce l’hanno i media, cartacei, televisivi e radiofonici, che, spesso incapaci di dare spiegazioni sui complessi meccanismi di funzionamento dell’UE, hanno insinuato nella memoria collettiva una distorta rappresentazione del reale.

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