Silvio Berlusconi, Romano Prodi e Massimo D'Alema al dibattito televisivo a "Linea Tre", il 12 aprile 1996 - Wikimedia Commons.

La politica nell’armadio

10 Febbraio 2023
“Non saper più parlare alla testa, all’anima, al cuore delle persone”.

Piazza Navona, Roma, febbraio 2002.

Maglione marrone, sciarpa a quadri intorno al collo: sul palco è salito Nanni Moretti, in pochi minuti rivolge una critica dura, sofferta, appassionata alla sinistra del tempo e alla sua classe dirigente.

È il loro mestiere, io non ci riesco a parlare con rifondazione comunista, non ci riesco, è più forte di me, ma il loro mestiere è fare politica, è cercare di presentarsi insieme a Di Pietro, insieme a Rifondazione comunista, insieme ad altri partiti, insomma facciamo che questa serata non sia stata proprio inutile

Nanni moretti

Agosto 2022.

Ormai è certa la non-alleanza tra i partiti di centro-sinistra. Nonostante la legge elettorale imporrebbe la formazione di una coalizione competitiva, la rottura nasce sotto il segno dell’Agenda Draghi. Alle elezioni andranno tutti separati.

Roma, Piazza Santi apostoli, 23 settembre 2022.

Le bandiere timide restano attorcigliate, senza sventolare. Macchie di militanti, anziani, fedeli ma ormai svuotati da alcuna passione, come in un amore che si esaurisce senza reclamare altro tempo. Sembrano tutti in attesa, in attesa che passi questa come altre elezioni in cui è sempre mancato qualcosa ma la sensazione è che ora manchi quasi tutto. Sicuramente la testa, il cuore e l’anima. Dal palco citazioni di Moro, Berlinguer, Don Milani, eco di una storia che nel presente fatica a tenersi viva.

Il 22 ottobre il Governo Meloni giurerà.

Gennaio 2023, elezioni regionali.

I partiti del centro sinistra sono di nuovo separati. All’orizzonte una nuova vittoria della destra.

I candidati alle elezioni regionali della Lombardia Letizia Moratti (Terzo Polo) e Pierfrancesco Majorino (centrosinistra e M5S)

C’è stato un tempo in cui la politica era sintesicompromessoaccordo. Un faticoso e incessante esercizio umano di incontri, pranzi, cene, interminabili ore di fitte conversazioni per trasformare le idee in politiche, i programmi in leggi, la distanza in punti di convergenza. I rappresentanti dei partiti cercavano di accompagnare il Paese nel tempo, nelle sue complessità contraddizioni, con la consapevolezza delle differenti sensibilità e rapporti di forza.

Perché il nostro sistema democratico ha le forme di un mosaico che solo unendo le tessere può prendere forma e funzionare. Il Parlamento non è il luogo della semplificazione, della vittoria maggioritaria ma è la rappresentazione politica e umana del Paese dove solo il dialogo, il confronto e il senso di responsabilità possono generare la direzione comune.

La politica non può ridursi ad esercizio burocraticodecisionismo tecnico, cinica aritmetica priva di calore umano, di pensiero e sentimento.

Abbiamo iniziato a pensare alla politica e ai partiti come unità singole prive della possibilità di accordarsi nel segno della purezza, della superiorità delle proprie idee e dell’inaccettabilità di quelle dell’altro.

Il dialogo è diventato “inciucio”, gli accordi trasformati in giochi di palazzo, i partiti ormai nipoti dei leader.

Si è diluita la territorialitàassottigliata la capacitàridotta la passione. Le campagne Elettorali sono sempre più prive di legame sentimentale e ideale con la società, con le persone. L’associazionismo, presidio di tutele per molti, è sempre più isolato. I sindacati resistono, ma faticano a ridefinirsi in un mercato del lavoro rivoluzionato dal digitale e da un dinamismo mai sperimentato. Le sezioni esistono, ma molte hanno smesso di resistere. Gli iscritti sono pochi e si fa strada la nuova idea di politica: l’impegno civico, privo di colore e connotazione politica.

Con timore si parla del proprio impegno in un partito, dei volantinaggi, del porta a porta, del simbolo, dei candidati. Di politica. L’impegno ai più sembra illusione, tempo sprecato.

La delusione si è unita alla convinta percezione di inutilità e immobilismo. Se la politica perde la sua centralità, altri poteri privi del consenso democratico prenderanno le decisioni, sceglieranno il presente e il futuro della nostra comunità.

A cambiare non è stata solo la politica ma la società nel suo insieme, nelle sue articolazioni, a partire dal modo di relazionarci con gli altri. Ma mentre tutto ha assunto una nuova forma la politica non è ancora riuscita a delinearsi nel presente, imponendoci l’urgenza di riposizionare l’esercizio politico, e quindi la rappresentanza, al centro della vita della nostra comunità.

La campagna elettorale per le regionali è fatta sottovoce. La maggior parte delle persone non sa che si vota e chi voterà lo farà non certo con convinzione e trasporto. La politica delle piazze passionali sembra finita o sicuramente in pausa.

La distanza tra candidati e persone non è solo politica, è fisica: mancano le strette di mano, gli abbracci, le pacche sulle spalle. Non si prendono appunti, non si incontrano i cittadini, a fatica si risolvono i problemi.

I candidati sembrano costruiti per leggere un copione noioso e impersonale. Tutti interpretano il ruolo senza averne compreso le responsabilità. Le vesti si fanno carne con i conseguenti protagonismi dove molti si percepiscono indispensabili e sovrapposti al ruolo che dovrebbero ricoprire ma che, per loro smania, impersonano.

Non manca solo una visione manca la creatività, la fantasia. La politica prima di essere impegno e responsabilità è un’attività intensa e bella. I candidati sembrano affaticati, si infastidiscono a parlare con le persone, sono concentrati a raccontarsi sui social ma faticano a trasformare 10 minuti di discorso in una piazza, in un bar, in una sezione, in 10 minuti di entusiasmo, di coinvolgimento.

I partiti si dividono ma non per fare le cose in modo diverso, solo per farle in proprio.

Si scontrano identitari e governisti come se la politica avesse il fine di essere coerente per un sentimento narcisista e compiacente, senza migliorare le cose, senza portare avanti il Paese. I partiti dovrebbero riorganizzarsi, ritrovare fiducia nell’Università, nelle associazioni, in tutte le articolazioni che hanno un contatto diretto con il territorio, con i cittadini, con la società, dovrebbero reinventare le sezioni non come luoghi passivi ma come centri di aggregazione, dovrebbero ricostituire scuole di formazione, promuovere discussioni, cultura, politica.

Non sarà un salvatore o una salvatrice a riformare un partito ma una classe dirigente che metterà al centro dei valori comuni e un metodo.

Il 12 e 13 febbraio si avvicina, le persone non voteranno e la politica è sempre più laterale ma gli elementi per immaginare, per costruire, ci sono. Testa, anima e cuore.

Restiamo ottimisti, facciamo che questa serata non sia stata proprio inutile.

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