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Polveri sottili e cancro al polmone

Esperimenti in Cuffia – Episodio 2

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Da moltissimo tempo sappiamo ormai che inquinamento e polveri sottili sono dannosi per la nostra salute, e che sono collegati per esempio al peggioramento delle allergie, all’insorgenza di malattie cardiovascolari ma anche soprattutto all’aumento del rischio di cancro, in particolare del tumore ai polmoni.

Nonostante questa conoscenza però, i dettagli molecolari non sempre sono chiari ed è molto importante studiarli per poter magari trovare dei rimedi. Oggi, per fortuna, possiamo finalmente dire di aver capito qualcosa in più, grazie a un recente studio che ha fatto un’importante scoperta sul legame tra le PM2.5, un tipo di polveri sottili, e l’insorgenza di adenocarcinoma polmonare. Vediamo che cos’hanno scoperto.

Sicuramente qualche volta avrete sentito parlare di PM10, PM2.5 o altre PM. Questi numeri stanno a indicare la dimensione delle particelle che compongono queste polveri sottili ed è un dettaglio importante perché più il numero è piccolo, più le particelle sono piccole e di conseguenza più in grado di penetrare all’interno dei nostri tessuti, cosa che anticipiamo senza stupore, non è una cosa positiva.

Per oggi le polveri che ci interessano sono le PM2.5, che sono già abbastanza piccole per arrivare all’interno dei nostri polmoni. In questo studio ma anche in altri, si è visto che la loro concentrazione in varie aree geografiche è correlata discretamente bene con l’insorgenza di cancro al polmone, e cosa importante, anche fra i non fumatori, che è un dettaglio che ci fa capire come questa relazione non riguardi solo coloro che hanno già dei polmoni compromessi dal fumo.

Parlando poi di sostanze tossiche correlate all’insorgenza di tumori, normalmente siamo portati a pensare che abbiano proprietà genotossiche, ovvero che siano in grado di mutare il DNA all’interno delle nostre cellule, cosa che sappiamo essere alla base dello sviluppo di un tumore. Infatti, per semplificare, possiamo dire che un tumore nasce da cellule che accumulano mutazioni che le portano a proliferare in maniera incontrollata, con tutte le conseguenze che conosciamo.

In questo caso però, gli autori dello studio hanno notato che anche in aree ad alta concentrazione di PM2.5, non c’era traccia di mutazioni aggiuntive nei DNA analizzati e hanno pensato che alcune sostanze potrebbero favorire lo sviluppo tumorale andando ad agire su cellule già prone a diventare cellule tumorali, ma senza modificarne il DNA in maniera diretta.

Per testare questa possibilità, hanno deciso di utilizzare un mix di esperimenti sia su modelli animali, in particolare di topo, sia su cellule piastrate in coltura. Prima di raccontarvi questi esperimenti, vorrei fare un appunto sull’utilizzo di queste tecniche. La scelta di usare modelli animali oppure cellule in una piastra è guidata da motivazioni molto specifiche. Soprattutto quando si tratta di usare animali, la motivazione deve essere ben chiara e sufficiente a giustificarne l’impiego. In questo caso, la motivazione è l’enorme complessità del sistema in esame, che a oggi non può in alcun modo essere simulata in una piastra o al computer.

Partiamo da una cosa molto importante: vedere una correlazione, in questo caso fra PM2.5 e tumore al polmone, non significa automaticamente che esista un nesso di causa. Quindi gli autori hanno cercato di capire se le PM2.5 potevano effettivamente promuovere l’insorgenza del tumore.

Siccome l’ipotesi degli autori è che negli esseri umani ci siano mutazioni genetiche che ci predispongono al cancro e che le PM2.5 ne favoriscano poi l’insorgenza, hanno preso dei topi particolari, che sono topi che hanno la stessa mutazione genetica che si trova nei non fumatori che sviluppano cancro al polmone e li hanno esposti per un certo periodo alle PM2.5. Facendo questo, hanno visto che più PM2.5 era presente, più nei polmoni si trovavano cellule con crescita eccessiva e incontrollata, quindi dimostrando che queste polveri sottili hanno un effetto causale sulle lesioni al polmone.

Non solo, dopo questa esposizione, hanno visto che nei polmoni aumenta la presenza di macrofagi, che sono cellule del sistema immunitario coinvolte nel processo di infiammazione. Ma cosa c’entrano questi macrofagi con lo sviluppo del tumore? Per capirlo, gli autori hanno guardato che effetto ha la loro presenza sulle cellule del polmone e hanno visto una cosa molto interessante: i macrofagi, una volta arrivati nel polmone, iniziano a produrre una molecola che serve a mandare dei segnali ad altre cellule. Con quali conseguenze?

A questo punto, alcune cellule del polmone iniziano a modificare l’espressione di alcuni geni e si trasformano quindi leggermente in uno stato chiamato “progenitore”. Senza andare nel dettaglio, possiamo dire che questo stato le porta a essere un po’ meno specializzate e solitamente le cellule meno specializzate sono quelle col potenziale maggiore di diventare cellule tumorali. La cosa interessante è che nei pazienti con adenocarcinoma polmonare, si è visto che la maggior parte delle volte sono proprio queste cellule a dare il via al tumore.

E in effetti, prendendo queste cellule diciamo un po’ diverse dal normale e mettendole in coltura in una piastra, hanno visto che sono effettivamente in grado di proliferare in maniera molto simile a un tumore.

Per riassumere il tutto, quindi, le PM2.5 finiscono nei polmoni e attirano alcune cellule del sistema immunitario, in questo caso i macrofagi, che una volta lì iniziano a produrre una molecola di segnalazione. Se questo accade in presenza di mutazioni genetiche in alcune cellule del polmone, queste iniziano a trasformarsi e raggiungono uno stato in cui possono dare luogo più facilmente alla formazione di un tumore, dimostrando infine il collegamento fra PM2.5 e tumore al polmone.

Per concludere, quindi, possiamo dire che questo studio ci rivela finalmente un collegamento molecolare fra l’esposizione alle polveri sottili, in particolare alle PM2.5, e l’insorgenza di cancro al polmone, dimostrando che questo tipo di inquinamento aumenta notevolmente il rischio in persone portatrici di alcune mutazioni.

Questo significa da un lato che va fatto tutto il possibile per ridurre la concentrazione di queste polveri nell’aria, la cui origine è molto spesso antropica, e dall’altro che sono assolutamente necessari altri studi per poter definire in maniera sempre più precisa chi è a rischio e quindi come agire per diminuire gli effetti di questi composti tossici su queste persone.

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