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RALLY ‘ROUND THE FLAG EFFECT, GRADIMENTO DEI LEADER E CORONAVIRUS

20 Maggio 2020

Nella scienza delle relazioni internazionali ormai da quasi mezzo secolo si studia come in periodi di crisi esogene personalità di spicco a capo delle proprie nazioni vedano un forte incremento del loro tasso di gradimento da parte della popolazioneIl momento di dissesto sociale ed economico dovuto all’odierna pandemia causata dal COVID-19 non fa certo eccezione.

Il concetto di rally ‘round the flag effect, usato dai politologi per esemplificare un aumento di gradimento nei confronti di un capo di stato o di governo in tempi di crisi, è stato utilizzato per la prima volta negli anni ’70 dallo scienziato politico statunitense John E. Mueller. Nel suo articolo Presidential Popularity from Truman to Johnson (J.E. Mueller – American Political Science Review, Vol. 64, No. 1, 1970) riferiva tale fenomeno all’incremento a breve termine del supporto verso i presidenti americani durante periodi di guerra o di crisi internazionali particolarmente drammatici ed estesi a tutta la nazione. Secondo alcune correnti di pensiero successive, tale comportamento sarebbe dovuto ad una temporanea mancanza di dissenso da parte dell’opposizione politica nei confronti dell’operato del presidente; secondo altri invece, la causa dell’aumento di popolarità è da ricercarsi nella concezione che la popolazione viene ad avere riguardo alla figura del suo leader, visto come la personificazione dell’unità nazionale.

Quale che sia l’analisi corretta, è indubbio che il concetto in questo periodo possa essere esteso in termini spaziali e di oggetto, lasciando i confini statunitensi per arrivare a comprendere gli aumenti di gradimento dovuti alla situazione odierna riscontrati in queste settimane dai leader di molti altri Paesi del mondo.

Storicamente si sono susseguite varie situazioni in cui questo fenomeno ha dato prova di essere uno strumento adeguato all’analisi del comportamento della popolazione di una nazione in momenti di difficoltà. Ne è un esempio l’uccisione di Osama bin Laden, fondatore del gruppo terroristico  Al-Qaeda, ad opera dell’amministrazione Obama. Grazie al successo dell’operazione Neptune Spear che ebbe luogo in Pakistan nel 2011, il gradimento nei confronti del Presidente USA salì tra i 6 e gli 11 punti in tempi brevissimi. Anche in Francia l’allora Presidente della Repubblica François Hollande poté godere di un rialzo del tasso di gradimento nel 2015, subito dopo i tragici eventi accaduti nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo, quando dodici persone persero la vita a seguito di una sparatoria nella sede della redazione di Parigi. Hollande, nei giorni seguenti, vide crescere la propria popolarità circa del 20%.

Nonostante questi risultati possano sembrare impressionanti, uno dei casi più eclatanti di rally ‘round the flag effect si ebbe nel 2001, a seguito degli attentati terroristici dell’11 settembre ai due grattacieli del World Trade Center e al Pentagono. Come riportato in A Defining Presidential Moment: 9/11 and the Rally Effect (Schubert, Stewart e Curran – Political Psychology, Vol. 23, No. 3, 2002), il rating di gradimento rispetto all’operato del Presidente George W. Bush raggiunse il 90%. Rimane il più alto mai ottenuto da qualsiasi presidente, con un guadagno di punti percentuali che andò dai 35 ai 40 a seconda delle stime. Inoltre, per i mesi successivi la sua percentuale di gradimento rimase intorno a quota 80%, sempre un livello mediamente molto alto.

Vi sono stati anche altri avvenimenti storici che hanno dimostrato la ricorrenza di questo effetto, come l’operazione Desert Storm degli anni ‘90, la crisi degli ostaggi in Iran del ’79 e la famosa crisi dei missili di Cuba del ’62. In tutti questi casi i presidenti statunitensi in carica hanno visto il loro gradimento da parte dei cittadini salire rapidamente, anche se per alcuni più di altri. Tali capi di stato hanno potuto godere di questa aumentata fiducia per alcuni mesi, per poi ridiscendere più o meno rapidamente ai livelli pre-crisi.

Risulta facile ed evidente intendere che l’elemento caratterizzante di tutti questi momenti fino ad ora elencati è una situazione di conflitto o di guerra. Tuttavia, oggi non stiamo attraversando simili eventualità, o meglio, il nostro nemico non è un soldato di un esercito straniero ma un virus che non fa distinzioni rispetto ad orientamento politico, provenienza etnica o reputazione a livello internazionale.

Ciò nonostante quella che il mondo sta affrontando in questi mesi è una vera e propria battaglia, che vede l’impiego di truppe di medici, paramedici e  volontari. Ed è anche una corsa agli armamenti, gli strumenti per curare e contenere la pandemia, che poche altre volte abbiamo potuto vivere nella storia. Questi fatti comportano la possibilità di trasporre il rally ‘round the flag effect anche alla situazione odierna, e non solo nei confronti del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ma anche al di qua dell’oceano per analizzare il comportamento dell’opinione pubblica rispetto ai leader delle maggiori nazioni europee.

È necessario premettere che, come all’interno dei vari paesi il virus non ha colpito in modo analogo le varie regioni, anche a livello internazionale i danni dovuti al COVID-19 non si sono rivelati omogenei ed equilibrati in tutte le zone del globo. Tuttavia, la generalizzata gravità della situazione e la sua simmetria sono tali da poter permettere una comparazione sullo stesso piano dei vari capi di stato che si sono trovati loro malgrado ad affrontarla. 

Partendo dal nostro Paese, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è visto sollevare fino ad un vertiginoso tasso di gradimento che oscilla tra il 60% e il 70% dopo queste drammatiche settimane. Il Premier, che tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 aveva visto la sua popolarità calare molto (forse a seguito delle vicissitudini dovute al passaggio di testimone tra il governo Conte I e il governo Conte II), può godere ora di una rinnovata fiducia da parte del popolo italiano, sicuramente più alta di quella ottenuta dai suoi predecessori più recenti.

In Germania, anche la Cancelliera federale Angela Merkel ha potuto giovarsi di una ritrovata popolarità. Vari sondaggi mostrano come abbia visto nelle prime settimane di marzo 2020 un’impennata nel suo tasso di gradimento, che soffriva da alcuni mesi di un certo declino. In Francia, anche l’approvazione nei confronti di Emmanuel Macron, Presidente della Repubblica francese, ha subito un buon incremento, salendo di circa sette punti percentuali nei mesi di febbraio e di marzo (anche se ora sembra che la curva per lui si stia appiattendo).

Tuttavia è oltre Manica che troviamo uno dei risultati più eclatanti. Il Primo Ministro del Regno Unito Boris Johnson, nonostante le infelici dichiarazioni riguardo alla così detta immunità di gregge, e nonostante molti cittadini britannici (ma anche molti osservatori internazionali) abbiano ritenuto assai tardive le precauzioni da lui prese per arginare il virus, ha riscontrato nei sondaggi un innalzamento del suo gradimento assolutamente inaudito.

Tornando però negli Stati Uniti, anche Donald Trump ha potuto godere positivamente dell’effetto rally ‘round the flag. Egli è tuttavia tra i leader delle democrazie occidentali che ha visto il proprio tasso di gradimento salire nella maniera più esigua. Anzi, secondo vari sondaggi, ad inizio aprile la curva del suo successo politico ha subito una pericolosa flessione verso il basso, e per ora non sembra risollevarsi. Il caso del Presidente Trump è alquanto curioso in quanto è uno dei leader mondiali che ha ottenuto il minor picco di popolarità e per il minor tempo. Anche considerando i presidenti statunitensi che lo hanno preceduto, la sua performance non è stata delle più brillanti da questo punto di vista.

Questo aspetto non è tuttavia del tutto incomprensibile. Se osserviamo l’andamento delle curve di apprezzamento riferite all’operato dei capi di governo, notiamo una differenza lampante rispetto alle caratteristiche della crisi che la nazione viene ad affrontare. Come abbiamo visto precedentemente, in caso di conflitti armati, attentati terroristici o altri eventi bellici, come nel caso degli attentati dell’11 settembre 2001, tali curve raggiungono dei picchi estremamente elevati. Anche Tony Blair ad esempio poté godere di una rinnovata fiducia quando mandò in Iraq i soldati britannici al fianco degli alleati americani.

Tuttavia, quando la situazione drammatica è dovuta a una catastrofe ambientale, o comunque non relativa ad un conflitto, il gradimento sale in maniera sensibilmente minore, e dura per una quantità di tempo ridotta. Questo è probabilmente dovuto alla facilità e alla rapidità con cui la popolazione può valutare l’operato del proprio leader, giudicandolo in maniera meno tardiva. La situazione di Donald Trump potrebbe rientrare facilmente in questa casistica. Egli inoltre potrebbe aver aggravato la sua posizione a causa degli effetti nefasti che ha portato la sua politica America First, baluardo di una campagna elettorale mai conclusa. I tagli all’assistenza verso i paesi esteri e i risvolti economici della guerra commerciale contro la Cina hanno avuto gravi ripercussioni sulla capacità americana di reperire il materiale sanitario necessario per il contenimento del virus. La popolazione statunitense potrebbe aver punito il suo presidente per questi motivi.

Per concludere, l’effetto rally ‘round the flag che oggi osserviamo potrebbe non essere poi così duraturo, ed i leader occidentali presto dovranno tornare a fare i conti con le problematiche che tenevano i loro livelli di gradimento su percentuali molto inferiori a quelle che stiamo osservando in queste settimane. Tuttavia, nonostante il gradimento dei capi di stato e di governo sia solo una contingenza del momento, non mancano certo possibilità di risvolti negativi in ambito democratico a causa di questo fenomeno.

Un maggiore apprezzamento dei leader in alcuni paesi rischia di lasciare campo libero a mosse autoritarie che sicuramente in condizioni di normalità non sarebbero minimamente concesse. Si sono già riscontrati dei cambiamenti di politics e policy in vari paesi del mondo, che adducono come causa la situazione di particolare difficoltà dovuta alla pandemia. Certo è che tali virate dal sapore pericolosamente antidemocratico e autoritario sono per ora avvenute in paesi in cui il potere era già in mano ad amministrazioni problematiche, quantomeno da un punto di vista internazionale, come il Brasile di Bolsonaro o l’Ungheria di Orbán. Ciò nonostante alcune dichiarazioni o proposte piuttosto azzardate sono apparse anche nei paesi che consideriamo democratici (USA), e questo certamente ha rinnovato l’attenzione degli osservatori internazionali.

In ogni caso, essendo questi processi che si strutturano in tempi certamente non brevi, ad oggi non resta altro che continuare ad osservare l’andamento della pandemia, confidando nel fatto che chi governa le nazioni affette dal COVID-19 sfrutti nel migliore dei modi il proprio influsso sulla popolazione e le spinte verso l’alto che esso può subire grazie al rally ‘round the flag effect. I controlli democratici devono resistere a slanci di accentramento del potere che aggiungerebbero certamente altri pericoli a quello dell’odierna crisi sanitaria.

Leonardo Marchesini

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