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Ucraina in UE: possibilità o utopia?

Lo scorso 28 febbraio, a seguito della drammatica invasione da parte della Russia, l’Ucraina ha chiesto di accedere all’Unione europea. I Trattati, tuttavia, prevedono un’estesa e complessa procedura ai fini dell’ingresso di un nuovo Stato. È davvero possibile, dunque, un accesso immediato?

La procedura di adesione all’UE

L’articolo di riferimento per l’accesso di un nuovo Stato membro è l’articolo 49 del Trattato sull’Unione europea (TUE). Tale disposizione prevede che qualunque Stato europeo (che si trovi, dunque, geograficamente in Europa) che rispetti e si impegni a promuovere i valori indicati all’articolo 2 TUE [1] possa presentare una domanda di adesione all’Unione europea. Ma che cosa prevede la procedura di allargamento? E quali sono i criteri da rispettare?

Uno Stato candidato deve soddisfare i c.d. criteri di Copenaghen, i quali possono essere classificati in tre macro-requisiti. In primo luogo, il criterio politico condiziona l’ingresso di un Paese alla presenza di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo stato di diritto, i diritti fondamentali e la tutela delle minoranze. Il criterio economico, invece, richiede l’esistenza di un’economia di mercato affidabile e la capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale all’interno dell’Unione. Il criterio dell’acquis communautaire [2], infine, riguarda la capacità di assumere e attuare efficacemente gli obblighi inerenti all’adesione, compresi gli obiettivi dell’unione politica, economica e monetaria.

I criteri di Copenaghen sono stati elaborati dal Consiglio europeo nel 1993, in occasione del quinto processo di allargamento [3] dell’Unione a favore dei Paesi dell’Europa centro-orientale, culminato nel 2004 con l’ingresso di dieci nuovi Stati membri. Tuttavia, questi criteri dimostrano tutt’oggi la loro debolezza. A distanza di anni, infatti, sono note le situazioni di regressione di alcuni Stati membri circa il rispetto dello Stato di Diritto e la tutela dei diritti fondamentali. Di fronte a tale evoluzione (o meglio, involuzione), ci chiediamo se tale allargamento non sia stato troppo affrettato, senza aver atteso una piena maturazione democratica di diversi Paesi appartenuti all’ex blocco sovietico. Quanto agli aspetti procedurali, lo Stato interessato presenta la propria candidatura al Consiglio, il quale decide all’unanimità sulla richiesta, dopo aver consultato la Commissione e ottenuto l’approvazione del Parlamento europeo. Una volta acquisito lo status di Paese candidato, iniziano le concrete negoziazioni allo scopo di vagliare il rispetto dei requisiti e di indicare le eventuali riforme interne necessarie. Nell’ipotesi in cui queste vadano a buon fine, l’ adesione si formalizza con un accordo internazionale (il c.d. Trattato di adesione) tra Unione europea e (nuovo) Stato membro, il quale per entrare in vigore deve essere ratificato da tutti gli Stati membri.

La questione Ucraina

A seguito dei recenti (e drammatici) avvenimenti, lo scorso 28 febbraio il Presidente Zelenskiy ha ufficializzato la domanda di adesione dell’Ucraina all’UE chiedendo una “nuova procedura speciale”. Tale iniziativa è subito stata seguita, seppur simbolicamente, da Georgia e Moldavia. Il giorno successivo, il Parlamento europeo ha adottato una Risoluzione per sollecitare le istituzioni competenti ad attivarsi al fine di concedere, quantomeno, lo status di Paese candidato all’Ucraina.

Ma un’adesione immediata dell’Ucraina è davvero possibile? Secondo noi no. 

Innanzitutto, la richiesta di un accesso privilegiato appare problematica da un punto di vista giuridico. Come menzionato, il Trattato delinea un rigido ordine di regole e procedure da seguire. È proprio il principio dello Stato di Diritto, su cui l’UE si fonda, ad esigere che la “carta costituzionale di base” [4] sia rispettata non soltanto dagli Stati membri, ma dalle stesse istituzioni europee. Per tali ragioni, accordare una procedura speciale per l’Ucraina significherebbe agire arbitrariamente e al di fuori di tutte quelle regole, procedure e garanzie previste dai Trattati. 

Inoltre, va presa in considerazione l’attuale debolezza strutturale dell’Unione. Se l’idea iniziale era un’unione a sei Stati, il processo di integrazione si è sviluppato sino a comprenderne oggi 27. Va sottolineato, tuttavia, che a tale allargamento non è specularmente corrisposto un avanzamento dei meccanismi che governano il funzionamento dell’Unione. Basti pensare alla regola dell’unanimità: va da sé che una decisione unanime a sei è radicalmente diversa dal raggiungere un consenso a 27. La preoccupazione che sorge, dunque, è che un’eventuale membership Ucraina possa accentuare il divario, già esistente, tra Paesi fondatori (a ovest) e giovani Stati membri (a est).

Non di meno, va evidenziata l’inidoneità della proposta anche sotto un profilo politico. In altre parole, sebbene tale gesto costituirebbe senz’altro uno straordinario esempio di solidarietà europea, il risultato concreto rischierebbe di limitarsi al mero simbolismo. Se il più tragico (ma improbabile) degli scenari vedrebbe un’entrata in guerra dell’UE contro la Russia [5], l’ipotesi più verosimile si tradurrebbe nell’equazione membership affrettata = membership di facciata, lasciando di fatto immutata la situazione attuale.

Le geometrie variabili sovranazionali

Infine, la questione rende doverose due ulteriori riflessioni.

In primo luogo, va evidenziato come gli scambi che intercorrono tra l’Unione e un Paese terzo sino alla firma del Trattato di adesione, siano governati dal diritto internazionale (e non dal diritto UE), all’interno del quale il precedente riveste una rilevanza particolare. Si è parlato spesso di come la risposta della “comunità internazionale” all’invasione russa avrebbe costituito un importante precedente per eventuali situazioni simili che potrebbero verificarsi in futuro. Se ciò è vero, lo stesso principio dovrebbe applicarsi, seppur in modo differente, alla procedura di allargamento.

La struttura ibrida dell’Unione europea [6], in secondo luogo, è causa di geometrie idonee a variare continuamente in seno ai diversi attori che la compongono. Come è noto, fino a poco tempo fa i riflettori sono stati puntati sul (non) rispetto dello Stato di Diritto da parte di  Ungheria e Polonia. Questi stessi Paesi si trovano ora, anche per la loro posizione geografica, in prima linea ad accogliere e assistere migliaia di rifugiati ucraini. Tale protagonismo, secondo noi, potrebbe ribaltare gli equilibri di potere visti finora tra Ungheria, Polonia e UE. In questo senso, l’acerbità della democrazia ucraina, nonché l’insicurezza circa i futuri sviluppi interni al Paese, non ci garantiscono uno stabile alleato nella tutela dei principi e dei valori sui quali l’Unione si fonda.

In conclusione, ciò che ci preme sottolineare è la pericolosità del sensazionalismo quando si tratta di situazioni complesse e tragiche quali gli eventi di questi giorni in Ucraina. Umanamente, ci stringiamo ai cittadini ucraini ai quali sono stati negati i diritti alla libertà e all’autodeterminazione. Loro tutti sono, nei nostri cuori, concittadini europei e rappresentano il futuro ideale di chiunque creda nel progetto di integrazione europea. Tuttavia, un’adesione immediata, oltre a non mutare l’attuale stato della situazione, rischierebbe di indebolire quanto ereditato in questi 71 anni di integrazione europea. 

Note:

[1] L’articolo 2 TUE sancisce che “l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’ugua­ glianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appar­ tenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.

[2] Per acquis communautaire si intende quell’insieme del corpo legislativo, dei principi e degli obiettivi politici che compongono e caratterizzano l’ordinamento giuridico UE, elaborati lungo tutto il processo di integrazione.

[3] Il quinto allargamento, che costituisce anche il più grande ampliamento dell’Unione, ha visto l’ingresso di dieci nuovi Stati membri: Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia.

[4] La Corte di Giustizia UE ha definito i Trattati come “la carta costituzionale di base” nella storica sentenzaLes Verts – Sentenza 23 aprile 1986, Parti écologiste “Les Verts” c. Parlamento europeo, causa C-294/83, ECLI:EU:C:1986:166.

[5] L’articolo 42 TUE prevede l’obbligo di “aiuto e assistenza con ogni mezzo” se un altro Stato membro è vittima di un’aggressione armata.

[6] Con l’espressione “struttura ibrida” si intende che l’Unione europea ha una struttura molto più elaborata di un’organizzazione internazionale classica, ma non abbastanza integrata da costituire o poter essere considerata uno Stato federale.

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