government.ru, CC BY 4.0, attraverso Wikimedia Commons

Xi Jinping e il riscatto per un nuovo ordine mondiale

14 Luglio 2023

Segretario generale del Partito Comunista Cinese, chairman della commissione centrale militare e presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping compie settant’anni. Definito da alcuni come l’uomo più potente del mondo – specialmente quando nel 2018 decise di abolire il vincolo dei due mandati per la presidenza del paese – proviene dalla mini-casta dei principini rossi, i rampolli dei gerarchi comunisti che con Mao Zedong vinsero sui nazionalisti di Chiang Kai-shek nel 1949. Capire la storia di Xi è capire la missione della Cina di oggi. Terzo di quattro figli, ha passato l’infanzia nella gabbia dorata del quartier generale del partito a Zhongnanhai. Il padre, Xi Zhongxun, compagno d’armi di Mao, era molto vicino al Grande Timoniere. Divenne anche Vicepremier, ma poi cadde in disgrazia. Spedito in fabbrica e poi in carcere, era – al pari di Zhou Enlai e Deng Xiaoping – un moderato.

Tredicenne, Xi Jinping venne mandato a farsi le ossa nelle campagne. Pecore al pascolo, notte nelle grotte, povertà. Fratelli e sorelle emigrarono in Canada e a Hong Kong. Lui, invece, decise di entrare nel partito a ventuno anni. Carriera nell’esercito, un matrimonio con Ke Lingling, figlia dell’ambasciatore cinese a Londra, ma subito dopo il divorzio. Segretario della Prefettura di Zhengding, a metà degli anni Ottanta si spostò in una delle zone più economicamente floride, ma anche più corrotte del paese: il Fujian. Ospite in incognito negli Stati Uniti presso due contadini dell’Iowa per compiere studi di agronomia e allevamento di bestiame, in seguito conobbe Peng Liyuan, nota soprano cinese, che sposò. Nei primi Duemila Xi Jinping divenne segretario della provincia dello Zhejiang. Ma il salto di qualità fu nel 2007, quando scoppiarono nel partito gli scandali legati alla Shanghai clique dell’ex Presidente Jiang Zemin.

Vicepresidente della Repubblica dal marzo 2008, accedette alla presidenza cinque anni dopo. Oggi è l’autocrate incontrastato del paese. Conosce bene le tecniche di manipolazione di massa. Censura, capitalismo di Stato, autoritarismo, dirigismo occulto: le sue armi vincenti. Decide (quasi) tutto Xi. La scusa dell’anticorruzione ha offerto negli anni al leader uno straordinario braccio armato non solo per eliminare le inefficienze nel partito, ma anche per allontanare gli avversari e sostituire noduli della burocrazia con persone fidate. Da anni ha portato la Cina su posizioni geopolitiche più aggressive. Si fa interprete di un modello presentato come più efficace rispetto alla democrazia liberale. Lo ha definito Federico Rampini (Fermare Pechino): «un misto di comunismo (nel senso del primato del partito comunista), di paternalismo confuciano (il rispetto delle gerarchie, dell’autorità, l’imperatore come un padre di famiglia), di meritocrazia e di tecnocrazia (fiducia negli esperti al governo)».

Dopo le celebrazioni del centenario del partito nel 2021, oggi più che mai «Xi rivendica alla sua visione autoritaria non solo la performance economica, ma anche l’ordine e la stabilità, la pacificazione della coesione […]. Pensa che la politica estera sia prima di tutto politica interna» (ibid.). Il Covid-19, scoppiato nella sua Cina, che continua a non fornire informazioni chiave sulla nascita e comparsa del virus, ha fornito l’ennesima scusa a Xi per incrementare il controllo su economia e cittadinanza. Inglobata Hong Kong, l’obiettivo è ora Taiwan. L’isola di Formosa, dove si rifugiarono i nazionalisti a seguito della guerra civile, è oggi una florida democrazia. L’unica democrazia cinese. Xi vuole “normalizzarla”. E l’attaccherà nei prossimi anni. Un obiettivo volto all’incremento del prestigio nazionale e dell’immagine di un paese (e di un leader) risoluto. Lo spirito di rivalsa personale e storica del leader comporta il populismo socialista e nazionalismo autoritario.

Xi Jinping ha imposto la chimera del “Sogno cinese” a intere generazioni. Si tratta di una bandiera ad ampio orizzonte la cui ombra deve estendersi ben oltre la vita di Xi per riportare la Cina ad essere quello che il nome stesso “Cina” indica: paese di centro. Centro geopolitico mondiale – la famosa Via della Seta rientra in questa missione politica. Il pensiero di Xi è stato inserito nella carta costituzionale, il che lo mette allo stesso livello di Mao. Questo ha permesso ad alcuni di sostenere paragoni azzardati con il rivoluzionario. I due hanno promosso il culto della personalità, accentrando il potere, azzerando le critiche, epurando gli avversari politici. Tuttavia, Mao era a capo di un paese povero e agricolo. Xi, invece, è alla guida della seconda economia del pianeta che non fa mistero di voler assumere la leadership di un nuovo ordine mondiale.

Amedeo Gasparini
www.amedeogasparini.com

LASCIA UN COMMENTO

Your email address will not be published.

Il Triangolo USA-UE-Cina: tra decoupling e derisking

Pedro Sanchez at the Finnish Government, 2023

Elezioni in Spagna, Pedro Sanchez alla prova delle urne