In data 19 marzo 2021 è uscita “Speravo de morì prima”, la serie che ripercorre l’ultimo periodo della carriera di Francesco Totti. Vista la faziosità il titolo della serie sarebbe potuto comodamente essere “Come Spalletti ha rovinato tutto”.

Chiunque respiri calcio in Italia ha vissuto la telenovela Totti- Spalletti fra il gennaio 2016 ed il giugno 2017. L’allenatore di Certaldo a livello di campo fa 18 mesi di alto livello, recuperando nei primi 6 mesi il disastro fatto dalla Roma di Rudi Garcia (miglior media punti nel ritorno con 2.42 punti a partita). Nella stagione 2016/2017 nonostante un percorso europeo poco esaltante riesce a portare la squadra capitolina al secondo posto in Serie A.
Questi dati passano in secondo piano e quell’anno e mezzo viene ricordato da tutti come la durata dello scontro Spalletti- Totti, finito con le dimissioni del tecnico toscano e con il ritiro della bandiera giallorossa.
Partiamo dal fatto che lo storytelling su questo scontro andrebbe anche superato: non si tratta di schierarsi con Spalletti o con Totti, non si sarebbe dovuto fare nemmeno ai tempi. Allenatore e giocatore hanno due ruoli, compiti e responsabilità diversi.
La serie mandata in onda su Sky merita però una riflessione. L’impressione già dai trailer di “Speravo de morì prima” era quella di epicizzare uno scontro tra il Bene (Totti) ed il Male (Spalletti). Le prime due puntate hanno solo confermato il presagio.
Totti a Roma è un’istituzione, l’ottavo Re di Roma ed in quanto tale risulta intoccabile. La serie tv vuole proprio dimostrare questo e come Spalletti abbia voluto affrontare una Leggenda come lui solo per una ripicca personale dovuta ad antichi dissapori.

Cercherò di limitare in questo paragrafo i pareri personali: Spalletti è un allenatore molto permaloso e testardo, se subisce un torto difficilmente lo dimentica. Detto ciò ha dimostrato in ogni squadra che il suo agire è sempre nell’interesse della squadra e della società. La dipendenza da Totti era una cosa da cui l’ambiente romano doveva in qualche modo liberarsi. La serie presenta come la tifoseria giallorossa vivesse Totti in maniera morbosa, letteralmente come un Dio aspettandolo sotto casa, seguendolo ovunque egli andasse. Spalletti questo lo aveva capito e a modo suo ha accettato di inimicarsi una piazza per liberarla dalla sua “dolce” dipendenza. Poteva essere fatto meglio? Sì. Poteva essere fatto peggio? Anche.
Ma questo posso dirlo io che sono tifoso. Non della Roma, ma in generale. Totti in quanto professionista e dipendente ai tempi della Società A.S. Roma vista la lunga carriera avrebbe dovuto comprendere come il ruolo suo e del Mister non erano paritari. “Facciamo la guerra, vediamo da che parte sta Roma.” Queste sono le parole riportate nella serie (e confermate da Francesco) dopo la non convocazione avvenuta contro il Palermo.
Tolto il fatto che una frase simile giustifica appieno la scelta del mister nell’escludere il Capitano, già da quel punto si capisce come l’obiettivo nemmeno troppo velato della serie sia illuminare la figura di Totti attraverso l’ombra su Luciano, presentandolo come il Nemico di Roma.
A tal proposito mi prendo un piccolo ex cursus per fare i complimenti ad un attore che a mio modo di vedere risalta rispetto al resto del cast: la maniacalità e la dovizia di particolari con cui Tognazzi porta in scena Spalletti fa sì che effettivamente lui possa inimicarsi il pubblico. Ruolo portato in scena alla perfezione. Conseguenza? Basta farsi un giro sul profilo instagram, dove orde di romanisti si sono rigettati vomitando offese verso l’ex tecnico.
Serie tv volta esclusivamente a denigrare la figura di un Uomo prima ancora che di un Professionista. Tra l’altro con un mezzo (la serie tv) che non permette alla vittima di controbattere. Il punto di vista è esclusivamente unidirezionale e una persona appassionata di serie tv ma non di calcio finirà inevitabilmente per schierarsi col Capitano, non conoscendo la vicenda sportiva dietro.
Spalletti ha ancora 61 anni, verosimilmente la sua carriera da allenatore è ancora in corso. La sua immagine dopo questa propaganda contro di lui ne esce estremamente rivista ed oscurata. Si rischia che in sedi di lavoro future questo possa influenzare il giudizio del pubblico e delle società su di lui per fattori esterni a quelli di campo, dove lui ha sempre fatto il suo ed a volte qualcosa di più (ecco, qui esce il tifoso interista).
Senza dubbio nel rapporto fra Totti e Spalletti ci sono state delle incomprensioni da parte di entrambi, non si vuole far passare il mister come “uno stinco di santo”. Ma c’è modo e modo per affrontare le vicende ed in questo caso si dice che i panni sporchi si lavano in famiglia. Si poteva comodamente evitare di fare una serie su antichi veleni verso una persona che (i risultati parlano, per fortuna) ha sempre lavorato per il bene della Roma come pochi altri.
Totti inoltre ha dimostrato anche in altri sedi come dirigente come il suo carattere fumantino spesso influenzi troppo l’ambiente giallorosso. Totti a Roma è un’icona, volenti o nolenti spesso questi rapporti è meglio tagliarli in maniera netta piuttosto che cercare di rimanere legati facendo male ad entrambi.
Chiudo dicendo anche che Totti a livello calcistico avrebbe avuto materiale a sufficienza per farne due di serie, per tutto ciò che ha significato per Roma e più in generale per il calcio italiano. C’era proprio bisogno di questa “bambinata” per far parlare di sè?