Roma Pride 2022 - foto di Alessandro Mancini

Il Pride nasce per essere sopra le righe e così deve restare

14 Giugno 2022

Sabato 11 giugno circa 900mila persone, a detta degli organizzatori, hanno sfilato per le strade della capitale in occasione del Roma Pride 2022, la manifestazione per i diritti Lgbtq+ che si svolge ogni anno nel mese di giugno.

Centinaia di migliaia di persone hanno sfidato l’afa estiva e i pregiudizi (duri a morire) per reclamare quei diritti che vengono sistematicamente negati e dire basta alle violenze e alle discriminazioni legate all’identità di genere e all’orientamento sessuale.

Mentre il ddl Zan è ormai naufragato al Senato fra gli applausi e i fischi da stadio dei senatori della Repubblica italiana che hanno fatto il giro del mondo, le minoranze (se così si può definire quasi 1 milione di persone, solo a Roma) scendono ancora in piazza per chiedere maggiori tutele e il riconoscimento dei diritti civili.

I dati sui reati a sfondo omotransfobico e sul mancato riconoscimento dei diritti nel nostro Paese sono impietosi: siamo al trentacinquesimo posto su 49 Paesi europei per rispetto e tutela della comunità Lgbtq+, secondo Ilga-Europe, e il punteggio che abbiamo raggiunto nel contrasto ai crimini d’odio nei confronti delle persone Lgbtq+ è pari a zero, lo stesso di Polonia e Turchia.

Ma non finisce qui: le terapie di conversione dell’orientamento sessuale sono ancora legali (mentre sono state da poco bandite in Grecia, Francia, Canada e Nuova Zelanda), nonostante l’Onu le consideri una forma di tortura e non siano riconosciute dalla comunità medico-scientifica. A questi vanno aggiunti i dati del 2022 della Gay Helpline e Speakly.org, rispettivamente numero verde e chat contro l’omotransfobia, diffusi dal Gay Center, che parlano di un pericoloso aumento delle segnalazioni contro l’omobitransfobia e degli episodi di violenza in famiglia, soprattutto nella fascia 13-29 anni, che sono passati dal 35% dello scorso anno al 42%. Oltre il 40% delle richieste arrivate al numero verde proviene invece da under35 e più del 10% da persone trans.

Nonostante la drammaticità di questi numeri, come ogni anno non sono mancate le polemiche e le critiche rivolte al Pride.

Per molti è una scelta essere gay”, “Bello schifo”, “Il mondo va verso la fine” si legge in alcuni commenti social sotto i post relativi al Roma Pride. Anche se sono ormai quasi 40 anni che la città eterna ospita il Pride, e nonostante il mondo occidentale, europeo in particolare, abbia compiuto innumerevoli passi avanti sul tema dei diritti civili, c’è ancora una parte di Paese che rema contro, è scettica o, peggio, schifata da queste manifestazioni. Una paura quasi sempre irrazionale, dettata da falsi convincimenti, pregiudizi, ignoranza ma soprattutto tanta ipocrisia.

Non è un mistero, per esempio, che tra le fila dei partiti più tradizionalisti e conservatori si nascondono diverse persone Lgbtq+.

Di giorno integerrimi padri di famiglia (o meglio, capofamiglia), uomini ufficialmente eterosessuali e tutti d’un pezzo; di notte, lontano da occhi indiscreti, si trasformano in maschi fragili e ambigui, che non disdegnano la compagnia di quegli stessi fr*ci o persone trans che tanto criticano o attaccano alla luce del sole.

Il caso più eclatante è stato forse quello di Luca Morisi, il deus ex machina dietro alla famosa “bestia social” di Matteo Salvini, che lo scorso anno è stato trovato a consumare rapporti sessuali con altri uomini (anche stranieri) e a fare uso di droghe. Un boomerang incredibile che ha contribuito a smascherare l’ipocrisia della propaganda portata avanti negli ultimi anni dalla Lega.

Forse è proprio per questo che ancora oggi il Pride dà così fastidio e va di traverso a tanti esponenti politici e mediatici: perché è scomodo e terribilmente onesto. Nato come un atto di ribellione allo status quo e di critica a un certo modello di società, il Pride nel corso degli anni è rimasto, soprattutto in un Paese ancora fortemente bigotto e tradizionalista come il nostro, una manifestazione esuberante, vivace e spregiudicata. Il suo scopo non è, e non sarà mai, quello di rassicurare, di piacere a tutti, ma piuttosto di sconvolgere, turbare le coscienze e rompere schemi e tabù della società in cui viviamo.

Finché le persone non saranno libere di essere chi sono, vivere a pieno e amare chi vogliono senza rischiare la vita, doversi nascondere o fingersi diverse, il Pride avrà senso di esistere. E se anche fosse una “carnevalata”, come sostengono tanti detrattori, non ci sarebbe nulla di strano: ogni giorno siamo circondati da maschere, attori bravissimi a ingannare sé stessi e gli altri perché incapaci di amarsi e di accettarsi, o per pura e semplice convenienza.

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