L’Agenzia delle Entrate rappresenta un incubo per gran parte degli italiani, in particolare per le imprenditrici e per gli imprenditori. Ciò è normale? No. O almeno, non lo è per chiunque abbia la coscienza a posto. Sarebbe come farsi venire il panico per l’alcol test sapendo di non aver bevuto niente prima di mettersi alla guida di un veicolo. Perché invece gli italiani hanno paura?
L’Agenzia non è una macchina ben funzionante. Peter D’Angelo e Fabio Valle, nel libro “Gli Abusi del Fisco” trattano l’argomento con estrema precisione. Partiamo dall’organo interno che controlla l’operato dell’Agenzia: l’Audit. Questo organo si occupa di verificare che l’Agenzia svolga i suoi compiti correttamente e, ad esempio, che non vi siano abusi nei confronti dei contribuenti. La cosa strana è che l’Audit è presieduto da membri dell’Agenzia stessa, e chi volesse denunciare comportamenti scorretti, rischierebbe di attaccare il proprio superiore: non un’ottima mossa per un avanzamento di carriera. È come se la Corte Costituzionale fosse composta da membri del Governo.
COME VENGONO DECISI GLI OBIETTIVI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE?
L’Agenzia delle Entrate fa parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che si limita a stabilirne degli obiettivi. È a dir poco clamoroso che per il triennio 2018-2020, l’obiettivo da perseguire da parte dell’Agenzia fosse quello di trovare un’evasione nel 94% degli accertamenti che venivano effettuati. Ciò significa che una volta avviata la procedura d’accertamento, l’Agenzia deve trovare un’evasione (anche dove non c’è): insomma, l’importante è fare cassa.
Qui si sviluppa il nocciolo della questione: l’impresa accertata può provare a fare “pace” con il fisco (attraverso un contraddittorio), andando così ad ottenere (quasi sempre) un grande sconto sulla cifra di evasione prestabilita: ad esempio, si può passare da € 100’000 a € 20’000 in poco tempo. Il problema è che, se non si ha torto, pagare € 20’000 rimane una cifra elevata. Andare in tribunale è costosissimo, e talvolta potrebbe essere più indolore ingoiare il boccone amaro e pagare la somma di denaro contestata anziché imbattersi in un ricorso.
Le conseguenze sono che aziende sane e con i conti in regola dovrebbero sostenere costi ingiusti per evitare procedure lunghe e sanguinose. Molti accertamenti vengono svolti con metodi non accurati e molto approssimativi (stimando valori di immobili da Google Maps), con l’obiettivo di sovrastimare una presunta evasione.
LE INEFFICIENZE IMPATTANO ANCHE SULLA GIUSTIZIA ITALIANA
Visto la scarsa accuratezza degli accertamenti, le conseguenze le paga anche la Giustizia visto che i ricorsi fiscali, prevalentemente a cura dell’Agenzia delle Entrate, raggiungono il 49% del totale: la Corte di Cassazione è otturata da faccende tributarie quando in realtà dovrebbe occuparsi dei mali e delle ingiustizie di un Paese [Dati Corte di Cassazione]. Questa elevata percentuale non fa altro che incrementare i tempi della giustizia italiana, già a livelli inaccettabili.
Ovviamente la questione è molto complessa e meriterebbe maggiori approfondimenti. Rimane comunque possibile sottolineare come l’Agenzia delle Entrate sia una macchina inefficiente, che costa di più di quanto ricava e che mette a rischio la vita di alcune imprese italiane senza aver prima svolto accurate indagini sulla legalità dell’operato delle imprese stesse.