Venerdì scorso, fuori dal supermercato, mi ha fermato una signora che avrà avuto 35 anni. Madre di due gemelli di pochi mesi, è stata mollata dal fidanzato alla notizia della gravidanza che ha voluto portare a termine. Le servivano omogeneizzati e latte in polvere ani rigurgito.
Una giovane mamma le ha preso gli omogeneizzati, io ho scoperto che quel tipo di latte in polvere è quasi introvabile e costa tanto. Dopo averlo cercato insieme in tre o quattro negozi, ho insistito per darle il corrispettivo in contanti, sperando che ne trovasse vicino a casa della madre con cui vive.
La signora ha un telefono a tasti, senza internet. Le abbiamo chiesto un recapito, ci ha dato direttamente quello dell’oratorio: gli unici ad aiutarla da quando ha perso il lavoro come colf. Ora fa qualche lavoretto in nero, ma poca roba. Ci ha tenuto a ribadire che non voleva l’elemosina, ma solo trovare un modo per far campare i figli fintantoché non inizia il nuovo lavoro tra due mesi. Era a disagio nel chiedere aiuto, aveva la paura disegnata negli occhi.
Un welfare enorme, inefficiente e iniquo: altro che giustizia sociale
La signora, a cui auguro il meglio, appartiene a una categoria ben precisa: “i dimenticati”. Persone che, pur essendo poverissime o vivendo situazioni davvero difficili, sfuggono anche alla rete immensa ma fallata di sussidi. Spesso si tratta di persone con un livello di istruzione minimo e di formazione professionale nulla, disinteressate alla politica che quindi li ha trascurati e ha imbastito un welfare iniquo e discriminatorio.
C’è chi, da sinistra, ma non solo, prova a rivendicare che la giustizia sociale si concretizzi nel posto fisso, negli scioperi del venerdì, nell’indignazione di fronte alla richiesta che i dipendenti pubblici siano valutabili e licenziabili come il resto degli esser umani sulla terra, nel divieto di mettere in discussione l’efficienza delle partecipate, nel rifiuto riformulare il reddito di cittadinanza che, secondo tutti gli studi fatti negli anni, ha delle lacune clamorose.
La sinistra ha scambiato la giustizia sociale con il parassitismo. Nessuno sobbalzerà dalla sedia, questo fraintendimento è insito nelle radici culturali di chi rivendica di essere dalla parte degli ultimi e, invece, è da sempre solo dalla propria parte. C’è una parte di sinistra che si è buttata sullo wokism, anche questa opzione è da evitare ad ogni costo.
Lo Stato Italiano media il 54% del PIL, la burocrazia soffoca le imprese e gli enti locali, i governi di ogni colore elargiscono bonus a pioggia e fanno esplodere la spesa corrente. Le tasse sono alte, se vengono tagliate è per mezzo dell’ennesimo aumento del debito pubblico. Statalizzazioni e zoombienomics sono state all’ordine del giorno per anni con la scusa della giustizia sociale, ma hanno avuto l’effetto di cristallizzare l’economia impedendo la crescita, quindi il benessere di tutti, lavoratori inclusi. Lo Stato italiano non fa poco, fa troppo e male.
Lo Stato è ovunque, ma non con gli ultimi
Il Terzo Polo è in lieve, ma costante, crescita da mesi a livello nazionale. Uno degli errori che ha fatto e continua a fare è la scelta del target elettorale. Rebus sic stantibus, è impossibile porsi come un partito (o una coalizione) pigliatutto. Ci sono almeno tre nicchie che oggi sono rappresentate da PD, M5S e FDI in modo altamente inefficace: studenti, poveri e partite IVA. Concentriamoci ora sui secondi, anche perché proporre qualcosa di più efficace della propaganda pauperista è più pertinente.
Le persone che hanno davvero voglia di lavorare vanno aiutate, ma con strumenti diversi dal reddito di cittadinanza. O meglio, con strumenti più vari e non imperniati sugli inefficientissimi centri per l’impiego. La politica, inoltre, ha deciso di delegare l’assistenza agli ultimi ad associazioni di volontariato e alla Chiesa. Meglio di niente, ma troppo poco. Soprattutto è poco per chi sa quanti miliardi di euro spreca lo Stato ogni anno. I bonus che il M5S ha voluto per drogare il settore edilizio sono costati ai contribuenti 110 miliardi di euro, quanti poveri nullatenenti o quasi si sarebbero potuti aiutare? E, badate bene, questo discorso si potrebbe fare per tantissime altre voci di bilancio, dai pensionati che percepiscono più di quanto hanno versato, ai duemila rivoli con nome e cognome che si disperdono a ogni legge di Bilancio.
Una provocazione pro-vita
Le mamme che si trovano in situazioni come quella descritta inizialmente meritano dei sostegni aggiuntivi. Chi scrive, pur non essendo contrario all’aborto, è scettico sull’etica progressista che tende a definirlo come una scelta qualsiasi. La scelta individuale deve venire sempre prima di ogni altro discorso, sia chiaro. Qualora una madre decida di portare a termine una gravidanza pur essendo stata abbandonata dal marito (o compagno o fidanzato che sia) dev’essere sostenuta.
Dare alle donne la possibilità economica, se lo desiderano, di crescere il proprio figlio è la strada dove etica conservatrice e libertà di scelta si incontrano. Questa è un’impostazione davvero pro-vita, ben diversa dalle fandonie pro-nascita di Adinolfi e Coghe. Anche perché un Paese che non fa figli è un Paese morto, sarebbe ora di capirlo.
Liberalismo e giustizia sociale
Spesso, troppo spesso, i liberali hanno deciso di trascurare temi come povertà e giustizia sociale. Il risultato? Essere descritti come avidi affamatori di poveri. Altri, vedi Alesina e Giavazzi, non l’hanno fatto e, per questo motivo, ha traslato il liberalismo a sinistra, dimenticando che, quantomeno in Europa, questi concetti sono sempre stati appannaggio del social-comunismo. Il risultato? L’assistenzialismo ha avuto la meglio.
In termini elettorali, oltre che di proposta politica, entrambe le scelte si sono rivelate profondamente fallimentari. Allora, forse, è il momento di rispolverare il liberalismo classico che non escludeva sostegni per gli ultimi o, forse più pragmaticamente, riscoprire il liberalismo sociale che è uno dei pilastri dell’Europa, anche grazie alla cultura popolare e a quella social-liberale.
Una volta introdotta questa strada, tuttavia, bisognerà essere chiari: il perimetro dello Stato non va allargato nemmeno di un millimetro. Il liberismo, sì, proprio quello brutto e cattivo, non deve essere sacrificato. Lo Stato deve fare il meno possibile e molto meno di adesso, questo è un caposaldo che deve restare irrinunciabile.